Tutti uniti, insieme come lavoratori e con le sigle sindacali e le Rsu al loro fianco per cercare una soluzione. Una pagina importante è stata scritta in queste ore dai dipendenti dei Servizi per l’impiego e delle Politiche per il lavoro delle province di Perugia e Terni, che si sono ritrovati, nella Sala della Partecipazione di Palazzo Cesaroni del capoluogo umbro per discutere del loro futuro occupazionale. L’incontro, avvenuto venerdì 24 febbraio, dalle 11 alle 14, ha visto uscire dalla Sala i 176 dipendenti concordi su una piattaforma condivisa a tutti i livelli, dopo un dibattito “utile e proficuo“, come definito dagli stessi sindacati: si gioca la partita contro il precariato per 46 di loro, che vedranno scadere il proprio contratto a dicembre 2017, e per gli altri 130 lavoratori a tempo indeterminato, che invece aspettano di sapere che fine faranno i Centri per l’impiego alla fine dell’anno.
C’è da dire comunque che gli stessi lavoratori hanno ribadito come, se non ci sarà a breve convergenza sui punti della piattaforma sindacale con le istituzioni in ballo, passeranno allo stato di agitazione, in particolare se le loro proposte non verrano accettate. Un incontro, quello di venerdì, che ha visto una partecipazione importante da parte dei lavoratori, ma al quale nessuna parte politica ha assistito o partecipato. “Non era stato richiesto“, ci spiegano dai sindacati, “anche se la scelta di Palazzo Cesaroni come sede dell’assemblea aveva un significato simbolico“. Al centro c’è anche un problema di competenze.
Un dualismo interlocutorio, per meglio dire, che vede i dipendenti dei Centri per l’Impiego impegnati a interloquire, per avere risposte sul proprio futuro, di volta in volta, con due assessori della Regione Umbria: con Fabio Paparelli, che ha la delega alle Politiche attive del lavoro, e con Antonio Bartolini, a cui spetta invece la gestione delle Riforme della Pubblica Amministrazione. Ecco perché i lavoratori chiedono ancora più chiarezza: un tavolo unico, per riuscire ad avere risposte. Il loro volantino, distribuito e sventolato in assemblea, parla chiaro: “le amministrazioni – c’è scritto – al fine di superare il precariato, ridurre il ricorso ai contratti a termine e valorizzare la professionalità acquisita dal personale con rapporto di lavoro a tempo determinato, nel triennio 2018-2020 possono assumere a tempo indeterminato personale già selezionato con procedure concorsuali e che abbia maturato almeno tre anni di servizio. Noi i requisiti li abbiamo tutti. Dopo troppi anni di contratti a termine basta precariato nei centri per l’impiego”.
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