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Servizi all’infanzia, Umbria “a macchia di leopardo” | Crisi colpisce emancipazione madri

Criticità e punti di eccellenza, tanto che la mappa dell’Umbria si colora a macchia di leopardo: a disegnarne i confini è la situazione del sistema integrato ai servizi all’infanzia, per i quali la Cgil ha manifestato, in riunione ieri nel pomeriggio, la necessità di chiedere alla giunta regionale di avviare un confronto, esteso anche alla legge regionale sulla materia (la 30 del 2005), considerata dallo stesso sindacato come ormai superata.

Così se in alcune realtà come San Giustino e Città di Castelloi servizi vengono tutelati“, e in certi casi, come quello di Foligno, “l’offerta viene aumentata“, non si può dire lo stesso di Spoleto, Terni, Marsciano e Perugia, dove “registriamo un depotenziamento dell’attività pubblica e l’adozione di politiche che sembrano favorire le strutture private“. La voce è quella di Patrizia Mancini, presente ieri al tavolo. Se dunque i servizi educativi per l’infanzia in Umbria rappresentavano un fiore all’occhiello delle attività di pubblica amministrazione, ad oggi “petalo dopo petalo questo fiore sta sfiorendo“. La crisi economica rallenta dunque anche l’emancipazione di madri e donne: “l’asilo nido – ha detto Mancini – nasce come sostegno delle donne lavoratrici, con un chiaro intento di dare la possibilità alle donne di emanciparsi e percepire un salario per potersi mantenere, e quindi di essere libere”. A tutelarne l’istituzione ci aveva pensato già la legge 1044 del 1971: poi nel tempo il servizio si è evoluto, facendo emergere e prevalere la componente didattica ed educativa.

I casi – Come detto, a macchia di leopardo dunque: così Terni, sull’ esempio di quanto realizzato già dal comune di Perugia anni fa, si sta consumando la chiusura di quattro mense con la conseguente esternalizzazione del servizio di fornitura pasti. “Un taglio finanziario di circa euro 400.000”, dicono dalla Cgil. È inoltre di questi giorni la decisione di statizzare o chiudere 6 scuole dell’infanzia e forse riconvertirle in un nido, seppur senza aggravio di costi: “la motivazione – spiega il sindacato – è ancora più surreale siccome le 28 scuole dell’infanzia coprono di fatto quasi tutto il fabbisogno allora o passano allo stato o si chiudono”. Timori ci sono anche per Amelia dove a causa delle difficoltà finanziare il servizio mensa viene sì garantito, ma l’amministrazione “minaccia da tempo la possibilità di esternalizzarlo“.

A Spoleto invece, da settembre scorso ci sono 12 bambini in meno nella struttura pubblica a gestione diretta con personale con contratto degli enti locali. Tre in più invece le educatrici, segno di “una cattiva gestione delle risorse umane, e con l’esternalizzazione programmata per settembre prossimo di una struttura  delle due strutture totalmente pubbliche“. A Marsciano il problema riguarda l’articolo 31 del contratto nazionale, che deve ancora essere riconosciuto alle lavoratrici. “Ci sembra paradossale – dicono i sindacati – che un Comune non rispetti il contratto di lavoro e che dica che 5 strutture private in gestione diretta costano come una pubblica. Ci domandiamo in che modo si determina questo risparmio? Solo sulla diversità di ccnl delle lavoratrici o c’è dell’altro?”.

A Castiglione del Lago il sindaco avrebbe invece deciso di esternalizzare totalmente il servizio. A Magione, Bastia Umbra, Corciano, Deruta e Bettona, “il personale di cooperativa lavora fianco a fianco con il personale pubblico creando situazioni di dumping contrattuale evidenti, persone che fanno lo stesso lavoro hanno stipendi diversi diritti diversi“. Ben altri scenari si profilano invece a Foligno o Città di Castello: nella prima i posti sono stati aumentati (altre tre sezioni per gli asili nido e quattro assunzioni), mentre nella seconda “l’offerta è inalterata e c’è l’intenzione di dare stabilità al personale, fino a ora con un contratto part time all’80 per cento”.

La ricetta – Non manca, da parte dei sindacati, la soluzione ai problemi snocciolati: il tavolo con l’assessore Bartolini ne è un preludio. Per la Cgil è dunque necessario ripristinare pieni trasferimenti di risorse economiche agli enti locali; chiedere lo sblocco del turnover imposto da Brunetta, e riconfermato dal governo attuale, almeno per quanto riguarda i servizi educativi e scolastici; preventivare la spesa per il personale educativo e scolastico inserendolo nel piano per i patti di stabilità interna delle autonomie locali e da ogni vincolo ad esse imposte in materia di finanza generale; stabilire, entro i sistemi misti o integrati, una percentuale minima garantita di servizi a gestione diretta pubblica; riprendere i processi di stabilizzazione del personale precario, per fare in modo che l’Italia si adegui agli standard europei. Non dovrebbero più verificarsi, insomma, quanto starebbe accadendo a Massa Martana, dove con il cambio dell’appalto per il servizio asilo nido, “il Comune ha bandito una gara al massimo risparmiando circa il 40% e senza preoccuparsi minimamente di quale effetti avrebbe avuto sulle lavoratrici, che oggi si trovano in condizioni peggiori sia dal punto di vista salariale, con 200 euro di meno sullo stipendio, che dal punto di vista dei diritti e delle tutele”. Per la Cgil, inoltre deve essere ben chiaro lo standard di servizio rispetto al quale tutte le tipologie di offerta e di gestione devono tendere in termini di qualità e trattamento dei lavoratori, rispettando anche le norme in materia di sicurezza sul lavoro e prevenzione del burn-out.

Diventa così quasi necessario rivisitare la legge 30 e verificare dopo 10 anni dalla sua approvazione quali sono gli obbiettivi raggiunti e quali quelli su cui lavorare. Il tavolo regionale per la costruzione di un programma strutturato resta, per sindacati e lavoratori, di fondamentale importanza. La proiezione è naturalmente anche a livello nazionale, puntando allo sblocco del turnover nella pubblica amministrazione, al raggiungimento di livelli di finanziamenti adeguati per i servizi all’infanzia, alla parità di trattamento e di prestazioni per i lavoratori del settore privato rispetto a quelli degli enti locali.

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