Occorrerà un nuovo processo d'appello per rideterminare le pene dei sei imputati per l'incendio scoppiato nello stabilimento ThyssenKrupp di Torino nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 costato la vita a 7 operai.
Lo ha stabilito la corte di Cassazione, a sezioni unite penali, che ha deciso di rinviare gli atti alla corte d'assise d'appello di Torino.
Non è ravvisabile il reato di “omicidio volontario con dolo eventuale”, ma quello di “omicidio colposo”, Questo il pronunciamento della Corte poco prima della mezzanotte di ieri (24 aprile ndr.).
6 dicembre 2007, scoppia l'inferno allo stabilimento ThyssenKrupp di Torino alle 1.30 di notte sulla linea 5 di produzione, trattamento termico dei prodotti di laminazione. Olio bollente trabocca e gli operai che si trovavano sul posto hanno cercato di spegnere le fiamme con estintori e acqua. Proprio l'acqua, a contatto con l'idrogeno liquido e l'olio refrigerante, provoca una fiammata che avvolge gli operai. Moriranno in sette: Antonio Schiavone, Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodinò e Giuseppe Demasi.
Nel processo di primo grado l'allora ad, Herald Espehnhan, era stato condannato a 16 anni e mezzo di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale. Tra gli imputati figurano anche Cosimo Cafueri, responsabile sicurezza, Giuseppe Salerno, responsabile stabilimento, Gerald Priegnitz, membro del comitato esecutivo dell'azienda, i dirigenti Marco Pucci (attuale ad della Thyssen di Terni) e Daniele Moroni, tutti condannati 13 anni e 6 mesi, tranne Moroni per il quale l'accusa aveva chiesto 10 anni e 10 mesi.
Nel processo di appello, l'accusa di omicidio volontario è stata derubricata in omicidio colposo e tutte le pene vengono ridotte. Per l'attuale amministratore delegato di Ast-Thyssen di Terni, l'ing. Marco Pucci, 55 anni, che era stato condannato a 13 anni e mezzo di reclusione in primo grado, in appello la pena si è ridotta a 7 anni.
Per Herald Espehnhan la condanna venne invece ridotta a 10 anni perchè “sapeva che la linea di ricottura e decapaggio fosse a rischio incendio” – si legge nella sentenza d'appello – ma “non può avere agito in modo tanto irrazionale”. Il collegio, presieduto da Giangiacomo Sandrelli, aggiunge alle motivazioni: “per un imputato come Espenhahn, imprenditore esperto, abituato a ponderare le proprie decisioni nel tempo, anche confrontandosi con altri collaboratori specializzati, è impensabile che egli abbia agito in maniera tanto irrazionale”
Per il processo di Cassazione il Sostituto Procuratore Generale aveva chiesto la conferma delle pene stabilite in appello: “I manager e i dirigenti chiamati a vario titolo a rispondere della morte dei sette operai – ha detto Destro – facevano affidamento sulla capacità dei lavoratori di bloccare gli incendi che quasi quotidianamente si verificavano nell’acciaieria: chi agisce nella speranza di evitare un evento evidentemente, se l’evento si verifica, non può averlo voluto”. Il pg aveva comunque evidenziato la “grandissima sconsideratezza” che caratterizzò gli ultimi mesi di vita dello stabilimento di Torino, in quel dicembre del 2007 ormai sul punto di chiudere in vista del trasloco a Terni: “Si è voluto continuare a produrre senza adeguate misure di sicurezza ma risparmiando quanto più possibile in vista dello smantellamento dell’impianto che sarebbe dovuto avvenire nel febbraio 2008, due mesi dopo il tragico rogo”.