FULGENZIO: Ma non credete che la verità – se verità è – si farà strada anche senza di noi? – GALILEO: No, no, no! La verità riesce ad imporsi solo nella misura in cui noi la imponiamo; la vittoria della ragione non può essere che la vittoria di coloro che ragionano. Tu parli dei contadini dell’Agro come se fossero il muschio che alligna sulle loro capanne! A chi mai può passare per la mente che ciò che a loro interessa, non vada d’accordo con la somma degli angoli di un triangolo? Certo che, se non si agitano, se non imparano a pensare, poco può aiutarli anche il più efficace sistema d’irrigazione. Per tutti i diavoli, vedo bene che sono ricchi di divina pazienza; ma la loro divina furia, dov’è? [Vita di Galileo, Bertold Brecht – Scena VIII]
Un appassionato Massimo Popolizio nelle vesti di Galileo Galilei, accompagnato nel dialogo da Alberto Onofrietti (Fulgenzio), ha aperto l’ormai tradizionale evento che inaugura la mostra che la Fondazione Carla Fendi che si tiene durante il Festival di Spoleto. Quest’anno però con diverse novità: l’evento è stato un prologo alle mostre e non semplicemente una visità guidata, le mostre sono due sotto lo stesso nome “Il Mistero dell’Origine”, una all’Ex-museo civico e uno alla Chiesa della Manna d’oro e infine il tema che per la prima volta nella storia della Fondazione si apre alla scienza.
Uno spettacolo di apertura dunque di alto livello e prologo non solo dell’apertura delle mostre ma anche di riflessione sul sapere e sulla necessità di comprendere insito nel genere umano.
Ad aprire lo spettacolo curato da Quirino Conti, in un Caio Melisso gremito – in prima file le sorelle Fendi – è stato il Coro di voci bianche che si è esibito in un mottetto su musica di Kurt Weil.
A seguire uno dopo l’altro quattro ‘quadri’ che si sono susseguiti, uno più interessante dell’altro. Quattro modi di ragionare scienza e coscienza, nella dualità tra questi due saperi che divide e unisce l’uomo, a partire proprio dalla lettura di un passo tratto da ‘La vita di Galileo’ scritto da Bertold Brecht e dell’originale della sua abiura, firmata manu propria nel 1633.
Poi la tanto attesa proiezione del “Sense of Wonder”, il tributo a Stephen Hawking che attraverso la sua voce, immagini e testimonianze ha portato in teatro il punto di vista di una delle più eminenti figure scientifiche contemporanee. Pensiero ribadito dalla presenza sul palcoscenico della figlia Lucy, in questo giorni a Spoleto con il fratello Tim.
Prima della chiusura della pièce, lasciata alla voce della illustre antichista Silvia Ronchey – a lei il compito di entrare nel senso delle due istallazioni de “Il Mistero dell’Origine – Miti, trasfigurazioni, scienza” – un avveniristico momento musicale, suonato su strumenti di nuova creatività dal duo Ensemble Hope.