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Segreteria PD, intervista a Stefano Fancelli / “Sono il Renzi di sinistra” / “Leonelli? L’uomo dell’apparato”

Alessia Chiriatti

Il 16 febbraio sarà il giorno del voto: gli umbri saranno chiamati a sciegliere per l’elezione del nuovo segretario regionale del Partito Democratico. Parole d’ordine: cambiamento, innovazione, futuro. Gli slogan dei candidati si rincorrono, viaggiano sui social network, prendono la forma di nuovi tipi di comunicazione, come sembra volere la stessa, a sua volta nuova, dirigenza nazionale del partito. Sono candidati giovani quelli umbri: Stefano Fancelli, Giacomo Leonelli e Juri Cerasini hanno tutti voglia di cambiare da dentro il partito, di schierarsi contro l’apparato. Parlano di barriere da eliminare, società civile da ricostruire, di merito, competenze e trasparenze, provando in questo modo a intercettare i bisogni degli elettori di un centro-sinistra che sembrerebbe eroso da una grossa fetta di indecisi. Stefano Fancelli, ai microfoni di Tuttoggi.info, ha parlato della sua candidatura e del suo programma, rispondendo anche ai mal di pancia e alle critiche di altri esponenti del partito e, in particolare, di Leonelli.
Qual è la ricetta giusta per l’Umbria di fronte a temi caldi come la sicurezza e il welfare?
La mia candidatura pone una sfida di radicale cambiamento e innovazione. Sia come partito, con una forte autonomia dalle istituzioni, il che non significa essere pregiudizialmente contro di esse, ma avere un proprio ruolo autonomo di guida del cambiamento per incalzarle e sostenerle; sia nel merito dell’agenda politica dell’Umbria. Dobbiamo guidare una nuova stagione: è questo ciò che chiedono gli elettori, e non certo di essere una forza di conservazione. A noi affidano le loro speranze e il loro desiderio di futuro: ciò significa sapere che bisogna dare risposte ai nuovi bisogni, all’invecchiamento della popolazione, a un presidio più puntuale e più diffuso sul territorio, alle esigenze avvertite dai cittadini. Bisogna saper dare risposte nuove ai bisogni emergenti della società, alle nuove difficoltà, alle nuove povertà che colpiscono questa regione. Soprattutto in alcune realtà, dove storicamente è più forte il segmento e la struttura produttiva, oggi ci sono tanti cassintegrati giovani, ma anche 50enni: dobbiamo cogliere la sfida del job act, ed essere protagonisti del rinnovamento, del welfare, inteso come formazione e servizi per l’impiego. La sicurezza poi è un tema di grandissimo interesse. Condivido quanti, ad esempio il Sottosegretario Bocci, ma anche il sindaco Boccali, e tanti altri sindaci e governanti di centro-sinistra di questo governo Letta, si sono spesi con orgoglio riportando a casa risultati veri. Però aggiungerei una dimensione di sicurezza partecipata, con meno militarizzazione del territorio, più presidio intelligente ed un nucleo di sicurezza democratica e partecipata. Se vogliamo rendere di nuovo sicure le nostre strade, dobbiamo renderle vive, luoghi di partecipazione di una comunità che non si difende solo chiudendosi in casa mettendo una telecamera ad ogni angolo di strada. L’integrazione dell’intervento è oggi la chiave dell’efficacia.
A proposito di sicurezza, cosa ti senti di dire al futuro candidato sindaco di Perugia?
Credo sia giusto dire che in questa città non partiamo da zero, ma da una stagione di buona amministrazione e buon governo. Certo ci sono sfide nuove e difficili che hanno colpito questa comunità. La crisi economica si è fatta sentire anche a Perugia, così come le difficoltà e i nuovi bisogni. Però io credo che qui, come in altre città dell’Umbria, si parta da una base solida. Credo che il partito regionale debba avere la forza, l’autorevolezza e la credibilità per sostenere e accompagnare il Pd perugino, e di tutte le altre città che vanno al voto, e il candidato che sceglieremo in una battaglia che parli con la domanda di rinnovamento che viene dalla società umbra. Questo è l’impegno che io assicurerò come segretario regionale, rispettoso dei percorsi e dell’autonomia dei livelli comunali, ma presente per affrontare i problemi, per individuare insieme nuove strategie e nuovi percorsi utili a dare risposte ai cittadini e a vincere le elezioni di primavera.
Ti definisci un “Renzi di sinistra”. Perché Renzi non è di sinistra?
Renzi si è candidato sfidando tutto il gruppo dirigente attraverso una battaglia di innovazione. Io sono il Renzi di sinistra dell’Umbria perché mi sono candidato sfidando tutto il gruppo dirigente su una battaglia di innovazione. So che questo fa sorridere molti sostenitori di Renzi però facciano attenzione: sorridevano tanti anche di Renzi quando decise di sfidare l’apparato. Poi in molti hanno smesso di sorridere, rendendosi conto che Renzi aveva dato una risposta e interpretava una domanda di cambiamento e di innovazione. Io ho sempre in questi anni dato il mio contributo nelle battaglie del cambiamento e dell’innovazione. Spesso sfidando il gruppo dirigente e questa volta constato che anche alcuni renziani si sono uniti in una alleanza innaturale, con quello che loro chiamavano l’apparato.
Cos’è per te l’apparato? Leonelli ha scritto su Facebook che “la candidatura di Fancelli è partorita da Bottini, Locchi, Riommi”. Cosa rispondi?
A me piace che in questa stagione molte ipocrisie del nostro linguaggio e molti giochi di parole che servivano a nascondere la verità del nostro confronto siano state spazzate via da una discussione più aperta, più franca. E in questo devo ringraziare molto anche Renzi, che ha introdotto una stagione di grande chiarezza e semplificazione. Non esistono autocandidature solitarie: Leonelli è circondato dall’affetto di troppi sostenitori. Ogni corrente che lo sostiene è convinto di farlo mantenendo integralmente il proprio punto di vista, che è in radicale contraddizione con le altre correnti che lo sostengono. Leonelli quindi è il segretario che dovrebbe seguire tre, o quattro o cinque linee politiche fra loro inconciliabili, ognuna delle quali lo sostiene convinto che Leonelli gli darà ragione. Questo è l’apparato, ed è così che il modo di fare politica viene messo da parte. Ciò che sembra prevalere è una logica autoreferenziale, di una classe dirigente che anziché confrontarsi con i cittadini delle primarie, preferisce chiudersi in una stanza e decidere a tavolino il candidato segretario regionale. Io non ho fatto e non sto facendo una corsa solitaria, non mi vergogno di essere appoggiato da una parte significativa ma largamente minoritaria del gruppo dirigente. Mi rivolgo non alle correnti organizzate, ma agli elettori che lottano e che a dicembre ci hanno detto di volere cambiamento e innovazione. Leonelli si rassegni: è il candidato dell’apparato, o quantomeno, dato che si offende se glielo dico, di gran parte dell’apparato.
E a Guasticchi cosa rispondi? Anche lui ha criticato il tuo esserti definito il Renzi di sinistra.
Quando un partito si riduce a un franchising ed è convinto di avere acquistato, schierandosi con una classe dirigente, il diritto di proprietà del voto degli elettori, generalmente ha imboccato la strada che porta al fallimento politico. Io non credo che il voto degli umbri appartenga a qualcuno: il voto dell’8 di dicembre appartiene agli umbri, non c’è nessun fiduciario regionale che può parlare a nome degli elettori liberi ed adulti che in Umbria hanno chiesto cambiamento. La credibilità si conquista sulle proposte, con le proprie idee. Togliamoci ogni tanto queste magliette da tifosi. Torniamo comuni cittadini e dirigenti politici con la propria faccia. Io ho messo la mia, lo facciano tutti. Tolgano la mascherina del dirigente nazionale. Così si vede anche quanto è credibile il singolo dirigente.
Il Pd a livello nazionale sta provando a cambiare qualcosa? E’ giusto eliminare le preferenze? E cosa pendi della ridefinizione dei collegi elettorali?
Per dare un vero sostegno alla vera sfida del nuovo Pd servono 20 segretari regionali veri. Nel merito della riforma elettorale, credo sia stata una giusta urgenza quella di aprire questa discussione, ed è giusto farlo affrontando tutti i percorsi. L’Umbria deve essere riconosciuta anche per la storia politica che ha, non inventando dei collegi, ma sapendo che esiste un minimo di attinenza con i percorsi politici culturali, o addirittura con la sua accidentata rete viaria, dove forse è bene seguire alcuni assi stradali. Io non credo che le preferenze siano la panacea di tutti i mali. Però credo che noi dobbiamo ridare il diritto ai cittadini di scegliere i propri eletti: questo lo si fa o con dei collegi sufficientemente stretti, o meglio ancora dando la possibilità di decidere. Forse sarebbe opportuno chiedere una regolamentazione di legge delle primarie, non per imporla agli altri partiti, ma per dare un segnale come PD.
Al Congresso hai citato il libro Il Gattopardo: come si concilia con la voglia di cambiamento uno delle sue frasi principe, che recita “tutto cambia perché tutto resti come prima”?
Io voglio liberare gli umbri dalla sgradevole prospettiva di entrare nella storia de Il Gattopardo, e di essere andati a dormire la sera dell’8 dicembre convinti di aver dato un grande e chiaro segnale alla sinistra di questa regione. Se dovessero svegliarsi la mattina del 17 di febbraio con la sgradevole sensazione che tutto è cambiato ma in realtà tutto è rimasto così com’è in molti sarebbero giustamente molto delusi. Io non voglio deludere le aspettative di cambiamento e di innovazione, per questo gli dico votate per me. Io sono il candidato del cambiamento e dell’innovazione.

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