Jacopo Brugalossi
Non si può di certo considerare il terzo incomodo: Juri Cerasini, spoletino, candidato alla segreteria regionale del PD alle elezioni del 16 febbraio, lo dice a gran voce, e lo manifesta da quando ha cominciato la sua campagna elettorale contro le “barriere” del PD. Delle barriere che a suo avviso non sono solo fisiche, ma anche strutturali, e interne alla stesa macchina del partito. Certo, il dibattito, anche sui social network, almeno all'inizio si era concentrato sulle candidature degli sfidanti, Leonelli e Fancelli, eppure Cerasini ha proseguito per la sua strada, rivedicando la sua visione “civatiana” dell'anima del PD. I suoi punti programmatici riguardano le emergenze dell'Umbria (il welfare, il lavoro, lo sviluppo). Ecco l'intervista intergrale di Tuttoggi.info al candidato Cerasini.
Cosa ti ha spinto a presentare la candidatura?
Inizialmente non avremmo voluto presentare la candidatura. Abbiamo cercato di porre problematiche importanti all’interno del dibattito del Pd confrontandoci con le altre candidature. In nessuna delle due però abbiamo riscontrato una attenzione reale nei confronti delle problematiche che affligono i cittadini, e per questo abbiamo deciso di farci portavoce di queste istanze presentando la nostra.
Chi ti senti di rappresentare come esponente dell’area “civatiana”?
Non credo che essere civatiano significhi rappresentare solo una parte della società. Quello che ci sta a cuore è costruire una società più giusta attraverso l’opera politica quotidiana, facendoci carico delle istanze di cambiamento che arrivano da tutti i settori della società civile, senza nessun tipo di pregiudizio verso l’uno o l’altra categoria sociale.
Quale sarebbe il tuo primo provvedimento in caso di vittoria?
Chiamerei tutti i sindaci del Pd in regione e i presidenti di Regione e Provincia per iniziare a capire insieme come riorganizzare le società che gestiscono i servizi alla cittadinanza, con l’obiettivo di razionalizzare e ottimizzare i servizi che i cittadini ricevono dalle istituzioni.
Quali secondo te le ricette contro la crisi, specialmente per i giovani?
Vorremmo che si aprisse una nuova concezione dell’approccio al lavoro, iniziando col far funzionare meglio a livello regionale i centri per l’impiego. Questa nuova concezione però non può essere decisa a livello regionale. Ecco perché la politica sociale dovrebbe mettere in atto un pressing costante sul governo centrale per indurlo a rivedere le politiche sul lavoro, a partire da quelle che permettono alle grandi multinazionali di chiudere senza conseguenze stabilimenti in Italia, con ricadute pesantissime sul tessuto sociale.
Altro punto secondo noi fondamentale nella nostra regione è il turismo. E’ impensabile che l‘Umbria non abbia ancora un “brand”. E’ giusto che i singoli enti territoriali siano i punti di riferimento per l’offerta turistica, ma ci dovrebbe essere un maggior coordinamento da parte della Regione, che dovrebbe agevolare l’ingresso nel mercato dei privati.
Tornando alla campagna elettorale, in cosa ti senti diverso rispetto a Fancelli e Leonelli?
A parte l’approccio alla candidatura, con tre percorsi completamente diversi, credo che i nostri punti programmatici siano più chiari rispetto a quelli degli altri due candidati. Noi stiamo chiaramente prendendo di petto tematiche spinose come il piano regionale dei rifiuti o la riforma sanitaria, che pensiamo abbia bisogno di alcuni miglioramenti. Ecco, non mi sembra di aver ancora sentito i miei avversari parlare e confrontarsi su argomenti così importanti e delicati.
Come vivi questo ruolo da “outsider”? Credi che ti stia penalizzando molto?
Quando abbiamo deciso di farci avanti sapevano chiaramente che saremmo stati considerati il “terzo incomodo”. Quello che speravamo e che ci fosse un pari accesso alle possibilità di spiegare le nostre idee ai cittadini. Questo purtroppo non c’è stato dappertutto.
Ci spieghi il tuo slogan “Un PD senza barriere”?
Nel PD ci sono tante barriere da abbattere. Non parlo solo di quelle architettoniche che mi hanno impedito di salire nella sede regionale di Perugia. Sono barriere principalmente politiche, create da chi ha avuto il timone di comando del partito. Barriere che hanno fatto del PD un partito autoreferenziale, impedendo di far entrare nel dibattito le istanze dei cittadini. Noi vorremmo che il partito fosse in primis il luogo privilegiato dell’analisi politica, più aperto alle istanze della società civile, delle associazioni culturali e delle forze sane che guardano con interesse alle prospettive politiche del centrosinistra. Qualcuno doveva dirlo che “il Re è nudo”. O lo dicevamo noi o in qualche modo rischiavamo di essere complici di questo modo di fare politica.
Una campagna elettorale molto “social” la tua, quanto conta secondo te?
I social network sono importanti non solo durante la campagna elettorale. Servono sempre per veicolare il proprio pensiero alle persone. Ma funzionano anche al contrario, come modo diretto per i cittadini di porre domane o istanze. Una comunicazione biunivoca insomma. Io nella mia vita di amministratore ho sempre cercato di rispondere a chi mi interpella sui social network, lo trovo un importante segno di attenzione e rispetto.
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