Dieci anni per una sentenza (di primo grado) che non mancherà di suscitare commenti e considerazioni per quella che era stata ribattezzata dai più come la “Assemblea della vergogna”, quando gli ex vertici della locale Popolare, già finiti nel mirino di Banca d’Italia e con buona parte del board della ex controllante Scs pronto a sfiduciarli definitivamente, riuscirono a riprendere il timone di Piazza Pianciani con una ‘manovra’ che per la verità si sarebbe rilevata come l’inizio della fine.
Appena un anno dopo, infatti, Palazzo Koch decretò il definitivo commissariamento dei due istituti e la successiva cessione al Banco di Desio e della Brianza. Il video di quella Assemblea, che era stato invano cercato per settimane dalle forze dell’ordine che già indagavano sui vertici, dimostrò il modus operandi.
Censurabile moralmente ma, per il momento almeno (in attesa che gli uffici del Procuratore Capo Alessandro Cannevale decidano se impugnare la sentenza), privo di condotte penali.
Sul banco degli imputati erano finiti l’ex dominus (copyright di Bankit) Giovannino Antonini, la moglie Nadia Tiberi, l’editore Gigi Piccolo, il collegio sindacale (Mallardo, Cerbella, Rissi) e il notaio Marco Pirone, accusati dal PM a vario titolo di ingiuria, minaccia, condotta fraudolenta e falso ideologico. Stralciate le posizioni di altri due imputati nel frattempo deceduti (Caparvi e Panebianco).
Prescritti i reati di ingiuria e minaccia, restavano in piedi la condotta fraudolenta e il falso ideologico. Temi sui quali aveva sporto denuncia l’ex vice presidente della Scs, Danilo Solfaroli, assistito dall’avvocato Giuseppe La Spina, tra i fautori del cambio di passo che forse avrebbe potuto salvare l’istituto.
Alla fine del dibattimento il PM dottoressa Mattei ha chiesto l’assoluzione per tutti e la condanna a tre anni e mezzo per il solo Pirone. Ma il collegio giudicante, presieduto dal giudice Alunno Magrini, è stato di opinione diversa mandando assolto anche quest’ultimo per non aver commesso il fatto. Una sentenza che, stando almeno alla lettura, in attesa quindi di conoscere le motivazioni, non lascia spazio a dubbi.
Non è dello stesso avviso l’avvocato La Spina che, raggiunto telefonicamente, ha annunciato di essere al lavoro “per impugnare il dispositivo del Tribunale di Spoleto, quanto meno agli effetti civili”. Resta quindi di capire se anche la Procura della Repubblica impugnerà il provvedimento.
Per il momento una delle pagine più desolanti della economia cittadina (che ha avuto non pochi effetti anche sulla politica locale) può considerarsi definitivamente conclusa.