Carlo Ceraso
Sono racchiuse in più di 600 pagine le accuse che il pm Mara Pucci ha notificato oggi a nove persone nell’ambito dell’inchiesta su quella che è stata ribattezzata come l’assemblea della vergogna, l’adunanza dei soci di Scs (cooperativa che controlla Banca Popolare Spoleto) che il 17 dicembre 2011, con un colpo di spugna, rimise in sella l’ex dominus Giovannino Antonini. I carabinieri di Spoleto infatti, a quanto può anticipare Tuttoggi.info, hanno notificato agli indagati l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, atto propedeutico alla richiesta di rinvio a giudizio. Pesanti le ipotesi di reato contestate a vario titolo: dalla ingiuria alla minaccia, al falso ideologico a comportamenti fraudolenti che determinarono la maggioranza in assemblea (grazie ai quali Antonini sfuggi alla sfiducia votata dalla maggioranza del board dell’epoca). Inutile ricordare che da tre mesi Holding e Bps sono finite commissariate da Bankitalia che ha così decapitato i 10 anni di gestione antoniniana sulla quale la scure si era abbattuta, per la verità in modo meno ‘cruento’, già nel gennaio 2011 quando l’ex dominus e il vicario Marco Bellingacci vennero defenestrati da Bps. Nel giro di una notte i due uscirono dalla finestra per rientrare dalla porta, alla guida addirittura della controllante Scs. Con il passare dei mesi però gli equilibri all’interno del board si modificarono fino a portare i consiglieri Francesco Cucchetto, Fausto Protasi, Fabrizio Raggi e Danilo Solfaroli a presentare una mozione di sfiducia, sventata da Antonini a colpi di ricorsi in Tribunale e con la ormai tristemente nota assemblea del dicembre 2011. Quella inspiegabilmente voluta da due membri del collegio sindacale (Roberto Mallardo e Dante Cerbella) nonostante il voto contrario del presidente, il dottor Roberto Rossi. Ma ciò che ai più sembrava inspiegabile nascondeva in realtà una precisa strategia nel far fuori i ‘dissidenti’ e lasciare al proprio posto l’ex padre padrone e i suoi sodali. Il vicario Solfaroli tentò per una ventina di minuti di ‘tenere’ la situazione che presto divenne insostenibile in un clima a dir poco pesante, fatto di minacce e ingiurie. Basta rileggere le cronache del tempo e rivedere il video esclusivo di cui Tuttoggi.info entrò in possesso
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Gli indagati – Fu lo stesso Solfaroli a presentare una dettagliata denuncia che, stando alle risultanze degli inquirenti, ha portato nel registro degli indagati nove persone: Giovannino Antonini con la moglie Nadia Tiberi, l’ex presidente Scs l’avvocato Claudio Caparvi, due soci (l’editore di Perugia Gigi Piccolo e l’ex consigliere missino di Terni Elio Panbianco), il notaio Marco Pirone che verbalizzò i lavori dell’assemblea e i revisori dei conti. Anche se l’avviso di garanzia al dottor Rossi sembra un atto dovuto, alla luce non solo dei voti contrari espressi durante i lavori del collegio sindacale (che volle invece a tutti i costi convocare l’assemblea) ma anche della riluttanza manifestata durante i lavori dell’adunanza sia nei confronti di Mallardo che di coloro che portarono a compimento il blitz.
Minacce e ingiurie – I primi cinque (Antonini, Caparvi, Panbianco, Piccolo e Tiberi) sono accusati di aver insultato e intimidito Solfaroli “istigando la folla dei numerosi soci ad analoghi insulti ed intimidazioni” al punto di impedirgli “attraverso continue interruzioni, di espletare le sue funzioni” tanto da costringerlo “a dichiarare chiusa l’assemblea (convocata per le 10, n.d.r.) alle 10.47”. A leggere gli atti dell’inchiesta si ha la conferma, non bastassero le immagini del video, che più che una assemblea di soci di una banca si fosse davanti ad una riunione di scaricatori di porto (con tutto il rispetto per la categoria portuale): “traditore…pezzo di merda, vattene a fanculo….bastardo….hai rotto i coglioni…” sono solo alcuni degli epiteti rivolti al malcapitato Solfaroli che invano chiese la verbalizzazione di quanto stava avvenendo nella sala riunioni dell’Albornoz Hotel. Fra gli indagati è finito quindi anche Elio Panbianco che, con un tempismo non proprio svizzero, appena tre giorni fa ha costituito presso lo studio del notaio Di Russo l’associazione “Le Torri” per la difesa e la tutela dei soci Scs, associazione ritenuta dai più vicinissima ad Antonini.
Il colpo di spugna –L’ex dominus, Caparvi, il notaio e i revisori dei conti sono indagati anche ai sensi dell’articolo 2636 del codice civile: “chiunque con atti simulati o fraudolenti determina la maggioranza in assemblea, allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, è punti con la reclusione da 6 mesi a tre anni”. Per il magistrato inquirente l’assemblea fu piena di irregolarità dapprima nel “rappresentare artificiosamente ai soci la mancanza di legitimazione di Solfaroli a presiedere l’assemblea, poi un’apparente regolarità dell’adunanza protrattasi dopo la chiusura formale da parte del presidente vicario del Cda Solfaroli” esercitando “un’illecita influenza nella formazione della maggioranza assembleare, con ciò inducendola a deliberare la nomina del presidente dell’assemblea nella persona dell’avvocato Caparvi e di un un nuovo Cda in violazione delle regole codicistiche e statutarie”. A leggere le carte si ha la conferma che era talmente tanta la smania di far presto che la stessa nomina di Caparvi a presidente dell’assemblea e quella del notaio avvennero irregolarmente perché “ufficializzate prima ancora di aver designato gli scrutatori” e quella di Caparvi senza neanche aver verificato “il voto in una delle due sale in cui i soci erano riuniti”.
Falso ideologico – sotto la lente d’ingrandimento del pm è finito anche il verbale steso dal notaio Pirone dopo l’assemblea. Insieme a lui sono indagati anche Antonini, Caparvi e Mallardo (“quali istigatori”) mentre agli altri due revisori è contestato di non aver “esercitato il proprio dovere di controllo”. Gli inquirenti non solo contestano la mancata verbalizzazione dei “gravi fatti di ingiuria e violenza privata” ai danni di Solfaroli ma che quest’ultimo aveva “dichiarato di non potersi procedere ai lavori…laddove invece invece Solfaroli aveva espressamente dichiarato chiusa l’assemblea”. “Condotte” conclude il pubblico ministero che hanno contribuito “ad occultare fatti da cui derivavano sia responsabilità penali, sia la formazione di una illecita delibera assembleare di nomina del nuovo consiglio di amministrazione”.
Cda illegittimo – il board che ha guidato Scs fino allo scorso mese di gennaio, ovvero fino al commissariamento da parte di palazzo Koch, sarebbe dunque illegittimo. Almeno questa è la convinzione del magistrato inquirente, visto che il Tribunale di Spoleto deve ancora esprimersi sul ricorso che ha proseguito solo il ‘dissidente’ Solfaroli, dopo l’accordo economico che Cucchetto e Raggi avevano raggiunto lo scorso autunno con la holding in cambio anche di un passo indietro in questa vertenza.
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