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Scoperto villaggio etrusco a Col di Marzo di Montelabate: al lavoro gli atenei di Perugia, Roma e Cambridge

Un progetto di collaborazione tra enti e istituzioni, condotto dalle Università di Cambridge e Queen's Belfast, in concessione della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Umbria, con la collaborazione degli atenei di Perugia e Roma, Tor Vergata, e il patrocinio di: Provincia di Perugia, Comuni di Gubbio e Perugia, British Academy, Browning Foundation, Thriplow Trust, McDonald Institute di Cambridge, Humanities Grant dell'Università di Cambridge, Commissione Europea e Fondazione Gaslini, ha dato vita alla terza campagna di scavi condotta nella valle dominata dall'abbazia di Montelabate, mettendo in luce la lunga storia dell'occupazione del territorio a partire dall'età del Bronzo (XII-X sec a.C.), passando attraverso il periodo etrusco (VI-III sec. a.C.), fino alla piena romanizzazione. L'area di scavo sul Col di Marzo, una collina a 645m s.l.m. offriva la posizione ideale per un insediamento di altura che, a partire da VI secolo fino al III secolo a.C., era sede di una comunità autosufficiente, che produceva anche a fini commerciali con lavorazione di metallo e allevamento intensivo di animali, pecore in particolare. Le favorevoli condizioni dell'ambiente circostante per l'allevamento sono attestate ancora oggi dalla presenza di un gregge sulla collina.
L'allevamento di pecore, in antichità come oggi, rappresenta una risorsa fondamentale per la produzione casearia, economia integrata anche dall' allevamento di suini e bovini. La produzione di cereali, verdure e viticultura integrava la dieta degli Etruschi che abitavano Col di Marzo, molto similmente a quanto avviene anche oggi nella Tenuta della Fondazione Gaslini. Questi dati precisi sull'alimentazione e l'economia del sito sono stati prodotti da accurati studi archeobotanici e paleozoologici sui resti rinvenuti durante gli scavi, che hanno restituito anche prove tangibili di tale economia: colini in ceramica per produrre formaggio, pesi da telaio che indicano la lavorazione della lana. Infine la produzione metallurgica era funzionale sia alle necessità quotidiane, abbiamo infatti scoperto un altissimo numero di chiodi in ferro per uso di carpenteria, sia agli scambi commerciali. Le strutture scavate a Col di Marzo, con diverse fasi tra VI e V secolo a.C. ed IV-III secolo a.C., mostrano l'elevato grado di economia di sussistenza di un insediamento lontano dalla città. Una serie di edifici rettangolari, dotati di sofisticati sistemi di canalizzazione dell'acqua, si sviluppavano intorno ad un cortile centrale dove si svolgevano molte delle attività produttive.
In particolare, edifici a nord-ovest e sud est del cortile erano dedicati alle attività tipicamente femminili della filatura della lana, con telai testimoniati dalla presenza di molti pesi per mantenere in tiro l'ordito durante la filatura. Fra le altre attività testimoniate si annovera la produzione del formaggio, tramite l'utilizzo di colini e in generale la dieta prevedeva anche il consumo di carne come dimostra la presenza di ossa di ovini, bovini e suini. Ulteriori dati sono forniti dall'analisi del terreno che ha rivelato la presenza di orzo e farro, oltre a noccioli di olive ed acini d'uva. Interessanti scoperte della campagna di scavo 2013 sono rappresentate dai resti di una casa, dotata di una copertura a tegole e coppi con un camino (un'apertura apribile e chiudibile sul tetto) e da nuovi dati sulla antica dieta degli Etruschi a Col di Marzo, che includeva il consumo alimentare di uccelli, molluschi e piante sia coltivate che spontanee. Inoltre, la presenza di beni di lusso, quali coppe decorate a figure rosse e vasi per il banchetto, suggeriscono uno stile di vita non di mera sussistenza ma in qualche modo simile a quello urbano di Perugia, città che controllava il territorio in questione.

Foto Ansa

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