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Scontri Roma, esponente Indignati di Perugia: “Occasione persa” – Foto, guarda

Francesco de Augustinis
“Il concetto di pratiche violente in un modo o in un altro è una semplificazione che non definisce la complessità di un evento”. A commentare così gli scontri di sabato a Roma è Antonio Pierancellotti, giovane ricercatore perugino, esponente della rete politico-universitaria Unicommon e attivista del centro sociale di Ponte San Giovanni Csoa Ex Mattatoio. Mentre l'intero Paese si interroga su chi siano e da dove vengano i violenti di sabato scorso, il suo racconto, dal punto di vista di chi ha vissuto la protesta da protagonista “trasversale”, fa un po' di luce sulle diverse anime degli Indignati di Perugia. Pierancellotti ha comunque voluto precisare che le dichiarazioni sono frutto di una sua visione personale, in quanto il Csoa Ex Mattatoio non ha ancora fatto una discussione collettiva sugli eventi di sabato.

Nuova piazza Tahrir – Partito con uno dei due pullman organizzati dal Centro Sociale di Ponte San Giovanni, Pierancellotti ha preso parte alla manifestazione nello “spezzone” dedicato agli universitari, con il movimento di cui è esponente Unicommon. Secondo il ricercatore, l'obiettivo della componente universitaria alla manifestazione di sabato era stato deciso in un'assemblea nell'ateneo di Perugia circa una settimana prima: creare a Roma una nuova piazza Tahrir, la piazza del Cairo cuore della rivolta egiziana del 2011, considerata un modello di “fase costituente” dal basso dal movimento Unicommon e da molti movimenti pacifici di indignati in tutto il mondo. Un'ipotesi, in altre parole, di fare di piazza San Giovanni la piazza italiana dove far nascere un'occupazione permanente, sulla scia di Puerta del Sol a Madrid e di Zuccotti Park a New York.

Depotenziamento della protesta – “Sabato innanzitutto va ricordata la questione dei numeri”, ha detto il ricercatore. “Una cosa sensazionale. Io sono stato nello spezzone degli universitari e saremo stati 200 mila. Ma tutto il corteo è stato espressione di un senso comune, che si è riversato a Roma nella forma di almeno 600 mila persone, con svariate milioni di persone in tutto il mondo”.

Alla luce di questo, secondo Pierancellotti gli scontri sono stati prima di tutto un “depotenziamento della protesta”: “Alle nostre pratiche, che tentavano di costruire consenso, si sono sostituite pratiche che cercavano rotture. La situazione folle che ha preso il corteo ha depotenziato tutta la piazza, permettendo alla polizia di entrare all'interno del corteo, tagliando fuori uno spezzone di 200mila persone”.

La violenza – Sebbene l'attivista di Perugia si schieri tra gli universitari partiti per Roma con l'idea di una via di protesta radicale ma sostanzialmente non violenta, allo stesso tempo rifiuta con insistenza il termine “violenza” per descrivere quanto accaduto sabato tra le vie di Roma, dando in qualche modo il polso del clima di dibattito che ha preceduto i giorni della manifestazione tra le varie “anime” degli indignati “organizzati”, a Perugia come nel resto del paese.

“Ognuno ha il suo stile di andare in piazza. Non dobbiamo neanche ricercare questa dicotomia del buono e del cattivo. Penso che c'era una complessità in piazza, espressa non proprio con una forma condivisibile”, ha detto. “Non è che ci fosse questa contrapposizione tra la 'violenza pacifica' e la 'protesta violenta'”, ha detto ancora il ricercatore, parlando di “diverse radicalità” per esprimere lo stesso sintomo di indignazione.

“Era velleitario pensare che tutto si risolvesse in una sfilata come le altre”, ha detto ancora il ricercatore. “In altre piazze del mondo hanno occupato delle piazze ad oltranza: una protesta altrettanto radicale, solo più diffusa”.

Secondo Pierancellotti, “il concetto di 'pratiche violente' in un modo o in un altro è una semplificazione che non definisce la complessità di un evento: parlo di un modo di agire che è stato delirante per quanto mi riguarda, fuori dalle dinamiche che la piazza voleva produrre. Ma chi lo ha messo in atto è un prodotto della piazza stessa”.

I movimenti domani – Pierancellotti commenta la manifestazione di sabato come un'occasione persa, una protesta “depotenziata , marginale rispetto a quello che poteva essere, controporducente”, in quanto ha fatto fare al movimento un passo indietro, “con tutta l'Italia disseminata da blitz della polizia alla ricerca di persone”.

Sebbene ammetta che sia necessaria una riflessione “su come i movimenti si pongano il problema delle pratiche” con cui manifestare, il ricercatore spera però che da quanto successo sabato si possa ripartire con il dibattito sui temi, come la precarietà, che hanno creato il consenso della piazza: “Altrimenti continueremo a parlare solo del 15 ottobre e dei suoi scontri, il che significa tornare indietro a dieci anni fa”.

Foto: Stefano Dottori

(aggiornato ore 11 e 50)