Scompenso cardiaco per 1 mln di italiani, Oliva (Anmco): "Nuove cure poco usate" - Tuttoggi.info

Scompenso cardiaco per 1 mln di italiani, Oliva (Anmco): “Nuove cure poco usate”

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Scompenso cardiaco per 1 mln di italiani, Oliva (Anmco): “Nuove cure poco usate”

Ven, 25/10/2024 - 17:03

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(Adnkronos) –
Lo scompenso cardiaco è una patologia cronica in forte aumento che colpisce oltre 1 milione di persone nel nostro Paese. Rappresenta a livello mondiale la principale causa di ospedalizzazione nelle persone di età superiore ai 65 anni e ha una mortalità ospedaliera stimata intorno al 3-5%, che aumenta al 25% a un anno per arrivare fino al 50% a 3 anni. Tra le varie cause, la cardiopatia ischemica rappresenta la principale, seguita dalle malattie del muscolo cardiaco. Si riconoscono principalmente due forme di scompenso, una a funzione ridotta e un’altra a funzione preservata. Questa ultima fino a pochi anni fa era orfana di trattamenti efficaci nel ridurre la sua alta mortalità e il numero di ospedalizzazioni. 

Si stima che un anziano su 4 svilupperà insufficienza cardiaca, ma cambiare la traiettoria della malattia è possibile. Nel corso degli ultimi anni, nell’ambito della terapia per l’insufficienza cardiaca si sono resi disponibili una serie di nuovi trattamenti farmacologici e non. Nel contesto del trial alcune di queste terapie hanno dimostrato di essere in grado di migliorare significativamente la prognosi dei pazienti, ma nel mondo reale permangono difficoltà nella loro implementazione. Altri trattamenti risultano estremamente promettenti, ma ancora di nicchia o con dati non consolidati. 

Lo scompenso cardiaco sarà al centro – oggi e domani a Milano – della convention nazionale Centri scompenso cardiaco Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri Anmco 2024, che si pone l’obiettivo di coinvolgere tutti coloro che si occupano d’insufficienza cardiaca sul territorio nazionale per focalizzare l’attenzione sulle innovazioni più rilevanti e sulle modalità più efficaci, sia cliniche che organizzative, per ottimizzare le cure di una sindrome con ancora forte impatto negativo in termini prognostici ed economici. 

“Il rischio di sviluppare uno scompenso cardiaco negli ultimi decenni è aumentato in maniera esponenziale, anche a causa dell’allungamento della vita, e nella popolazione anziana si stima che una persona su 4 manifesterà segni e sintomi di questa insidiosa sindrome – afferma Fabrizio Oliva, presidente Anmco e direttore Cardiologia 1 dell’ospedale Niguarda di Milano – Nonostante i numeri dimostrino un aumento dell’epidemiologia e un’alta mortalità, nuove linee di trattamento hanno permesso di aumentare significativamente la sopravvivenza dei pazienti con scompenso cardiaco”.  

Negli ultimi anni “la ricerca scientifica ha prodotto nuovi studi – sottolinea Oliva – che hanno testato l’uso di nuove molecole che hanno dimostrato per la prima volta la loro efficacia nel modificare la storia naturale di questa insidiosa e particolare sindrome. In particolare, è stato più volte rilevato come l’efficacia del loro trattamento sia molto precoce, modificando entro 2 settimane di trattamento gli outcome di sopravvivenza e di ospedalizzazione. Malgrado questa loro indiscussa efficacia, non vengono utilizzate quanto si dovrebbero nella pratica clinica. Questo è riconducibile ad alcune barriere prescrittive, ma soprattutto allo strisciante e poco considerato problema dell’inerzia terapeutica”. 

Lo scompenso cardiaco è una patologia cronica, “dobbiamo quindi pensare – conclude Oliva – oltre all’ottimizzazione della terapia, anche all’ottimizzazione organizzativa per l’inserimento dei pazienti in percorsi assistenziali innovativi attraverso una gestione integrata territoriale e ospedaliera sulla base delle necessità del singolo paziente. Siamo in una condizione in cui possiamo garantire ai pazienti affetti da scompenso cardiaco un’assistenza in termini di terapia farmacologica e non farmacologica che può cambiare la traiettoria di malattia, garantendo migliore sopravvivenza, riduzione delle ospedalizzazioni e migliore qualità di vita. Tutto questo deve essere supportato da modelli di cura innovativi in cui il paziente possa essere preso incarico in modo multidisciplinare e personalizzato”.  


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