Importanti risultati per l’Università degli Studi di Perugia, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria e con il Comune di Trevi, nella VIII campagna di scavo archeologico presso il sito di Pietrarossa, nel territorio comunale di Trevi.
Le indagini, su concessione del Ministero della Cultura (Decreto MIC- DGABAP del 31/05/2023), si sono svolte grazie alla virtuosa collaborazione tra Istituzioni ed Enti pubblici sotto la Direzione scientifica della Prof.ssa Donatella Scortecci, docente di archeologia medievale e archeologia e storia dell’arte bizantina dell’Università degli Studi di Perugia, con la direzione sul campo del dott. Alessio Pascolini. Oltre alla collaborazione della Soprintendenza nella figura della dott.ssa Gabriella Sabatini, anche il Comune di Trevi, proprietario dell’area di scavo, sin dall’inizio ha mostrato grande sensibilità e disponibilità, dapprima grazie al sindaco Bernardino Sperandio e in seguito con l’attuale primo cittadino Ferdinando Gemma.
Lo scavo, con finalità anche didattiche, ha visto la partecipazione di numerosi studenti provenienti in massima parte dall’Ateneo perugino, i quali hanno potuto sperimentare sul campo le più avanzate tecnologie della ricerca archeologica. Anche quest’ultima campagna ha restituito importanti tasselli per la ricostruzione della topografia e dello sviluppo del municipium romano di Trebiae, che i dati di scavo testimoniano già a partire dal III secolo a.C. fino al suo definitivo abbandono risalente all’VIII secolo d.C.
Lo scavo si è concentrato sull’area di una grande domus di elevato livello sociale, già parzialmente indagata nelle precedenti campagne archeologiche, la cui ultima fase costruttiva risulta compresa tra la metà del II secolo e l’inizio del III secolo d.C. Sono stati riportati alla luce nuovi ambienti, quali un vestibolo, tabernae, un grande atrio dotato di una pavimentazione musiva e piccoli cubicola, pavimentati in cocciopesto in perfetto stato di conservazione, i quali mostrano un interessante processo di riconversione d’uso, quando la domus, in età tardoantica, perse la sua funzione originaria. Infatti, a questo periodo risalgono alcune sepolture che sono state rinvenute all’interno degli ambienti della domus e che dimostrano come il sito non subì un definitivo abbandono ma un “nuovo modo” di abitare in risposta alla crisi dell’impero e a mutate esigenze economiche e funzionali.
Ancora una volta le indagini archeologiche condotte presso il sito di Pietrarossa hanno regalato rinvenimenti dalla straordinaria rilevanza scientifica. “È indubbio – fa sapere l’Università – che il sito si rivela come eccezionale “modello” per la comprensione delle dinamiche insediative che interessarono la Valle Umbra nel corso dei secoli. La stessa modalità di abbandono del sito, sigillato nella sua ultima fase di vita da importanti esondazioni del fiume Clitunno, ne ha garantito un elevatissimo livello di conservazione. Le strutture, giunte sino a noi con alzati che raggiungono in alcuni casi uno sviluppo in altezza superiore al metro, fanno dell’area archeologica di Pietrarossa un vero e proprio unicum nella Regione“.