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Scandalo PopSpoleto/3, Bankitalia “Troppi poteri, antiriciclaggio svilito” / Ecco la Relazione / Tuttoggi tempestato di telefonate

Carlo Ceraso
Siamo l’unica banca al mondo che fa così…”. Viene quasi da prenderla per buona la battuta con cui Giovannino Antonini si compiaceva con l’imprenditore Cosimo De Rosa per la riuscita di una delle tante operazioni sospette finite agli atti della maxi inchiesta della procura della Repubblica di Spoleto.

Intercettazioni/1: Antonini fra soldi, casinò e politica / “Gli spicci e i crostini”
Intercettazioni/2: “le teste di cazzo e gli ometti rompicoglioni” / Antonini “se a pio a strozzo”

Le notizie pubblicate nell'edizione di ieri hanno avuto un gran clamore con diverse telefonate alla redazione da parte di esponenti politici (specie del centro destra) come di imprenditori spoletini e umbri. C'è chi chiede se nelle intercettazioni è finito il tal “onorevole…?” o “l'industriale…?”, chi vorrebbe sapere se “è stato pubblicato tutto o devo attendermi altro?”. Insomma un terremoto nella regione verde d'Italia a conferma della fama e del potere detenuto per più di un decennio da Giovannino Antonini che ha sempre respinto le accuse mossegli dagli investigatori dichiarandosi pronto “a dare battaglia nelle aule”.

Ma torniamo all'inchiesta. In effetti di banche che ‘fanno così’ non sembrano essercene molte e meno male che da febbraio scorso palazzo Koch ha messo al sicuro piazza Pianciani commissariando la Spoleto e la holding assegnando la gestione ai 3 Commissari che stanno pian piano rimettendo in porto la nave.

Ed è proprio leggendo la Relazione di Bankitalia, che compone le quasi 6mila pagine dell’inchiesta che Tuttoggi.info ha potuto visionare, che si può avere un quadro più preciso dei macro-errori compiuti da manager e consiglieri di amministrazione (non tutti) che hanno gestito l’istituto negli ultimi due anni. A cominciare da quelli del d.g. Francesco Tuccari, licenziato in tronco dai Commissari all’indomani del loro arrivo nella città del festival.

PIANO INDUSTRIALE KO – Leggiamo quanto scrivono gli ispettori inviati nell’estate 2012 alla Popolare a meno di due anni dalla precedente ispezione che si era già rivelata devastante per l’ex dominus Antonini (clicca qui).
“Il Piano industriale 2011-2014” scrive palazzo Koch “che prevedeva un’equilibrata crescita dei volumi e un rafforzamento patrimoniale basato solo sull’autofinanziamento, risulta completamente disatteso per l’incontrollata espansione dei crediti promossa dal nuovo direttore (Francesco Tuccari, n.d.r.) soprattutto a partire dal terzo trimestre 2011, e dall’emergere di rilevanti flussi di partite anomale. La ricerca di una rapida crescita ha orientato la banca, in assenza di un coerente adeguamento delle strutture, verso uno sviluppo basato anche sull’acquisizione di clientela corporate estranea all’originario territorio di elezione e con interessi focalizzati anche sul settore edilizio immobiliare. Assente una revisione del Piano coerente con i negativi risultati che nel frattempo andavano emergendo…la revisione del Piano industriale non è avvenuta nonostante fosse stata sollecitata dalla filiale di Perugia di Bankit (il 16 dicembre 2011)”. Ancora una stoccata per l’ex d.g. “l’incompleta informativa resa al Consiglio in merito al progressivo indebolimento dei margini patrimoniali ha contribuito a ritardare l’attivazione d’idonee misure di contrasto, condizionate anche dallo scarso coinvolgimento di figure chiave quali il Risk manager e il Cfo”

103 MILIONI A MPS – C’è anche l’ammontare del ‘dovuto’ al Mps che la scorsa estate, dopo i 15 avvisi di garanzia spiccati dalla procura di Spoleto (che diventeranno 34 con l’avviso di conclusione indagini), aveva rotto i patti parasociali: 103milioni di euro, cifra che Tuttoggi.info aveva quantificato a dispetto dei 70 indicati da certa stampa locale. “La disdetta dei patti parasociali tra Scs e Mps – recita la Relazione – comporta l’obbligo per Scs di riacquisto dell’interessenza detenuta dalla banca senese (26%) e di rimborsare le quote di Scs sottoscritte da Mps, con un impegno complessivo di 103 milioni di euro”

CdA BOCCIATO – Gli ispettori hanno analizzato la situazione del board presieduto, fino al commissariamento (ad eccezione di quella manciata di giorni in cui la presidenza fu assegnata ad Alberto Brandani), da Nazzareno D’Atanasio del quale è stata stigmatizzata la “lunga assenza” (tre mesi, che l’ex presidente ha giustificato per motivi di salute). La Vigilanza ha passato al setaccio ogni singolo membro. Così ad esempio dell’avvocato Zuccari: “Vice presidente è l’avvocato Michelangelo Zuccari il quale non disponendo di specifica esperienza bancaria ha finito per allinearsi alle iniziative di forte crescita degli impieghi propugnate dal d.g.”. Bocciato l’operato del Cda “anche in passato connotato di conflittualità interne, che non è stato in grado di assicurare la governabilità della banca”. Quanto ai conflitti interni gli ispettori ricostruiscono come questi siano scoppiati alla vigilia della sospensione dell’ex dg Alfredo Pallini e proseguiti poi per le “problematiche connesse al trattamento economico del nuovo Capo dell’esecutivo (Tuccari, n.d.r.)” e ancora per la “concessione di nuovi affidamenti soprattutto di maggior ammontare, le modalità di interventi sul capitale e le proposte di modifiche statutarie”. Una stoccatina c’è anche per i membri in quota a Rocca Salimbeni: “pur non avendo condiviso alcune rilevanti scelte aziendali, non hanno tuttavia svolto un ruolo attivo nei confronti del Monte al fine di rivedere le linee strategiche aziendali e stimolare l’attività di controllo su Bps, prerogative pur previste dai patti parasociali”.
La mannaia degli ispettori si abbatte però principalmente sulla figura di Tuccari autore di una “strategia di incontrollata crescita dei prestiti, favorita dall’ingresso di gestori di provenienza Ubi e Banco Desio….”. E ancora “in materia creditizia, l’azione del dirigente è risultata non improntata a prudenza e non bilanciata con l’introduzione di meccanismi premianti di performance corretti per il rischio…insufficiente, infine, l’attenzione al rafforzamento delle funzioni di controllo”. Una ‘strategia’ che per la Vigilanza è stata “sostanzialmente condivisa dal vice direttore rag. Mauro Conticini” in quota Mps fino allo scorso dicembre, quando venne definitivamente assunto da Bps.

I DANNI ALLA CLIENTELA – La carenza dei controlli, a quanto pare di capire, ha procurato qualche danno alla stessa clientela con “l’addebito di oneri non dovuti….da rilevare anche l’addebito ai clienti, all’inizio del 2012, di oneri per alcune comunicazioni non inviate, l’assenza nel documento di sintesi dei c/c di alcune condizioni e la mancanza nelle comunicazioni annuali relative ai mutui fondiari dei previsti riferimenti all’estinzione anticipata”. L’arrivo degli ispettori per fortuna produce gli effetti sperati dal momento che Bps “ha avviato la regolarizzazione di tali anomali in corso d’ispezione”.

ANTIRICICLAGGIO SVILITO – facile immaginare come anche sul fronte dei controlli il giudizio sia tutt’altro che positivo. Nonostante l’aumento del carico di lavoro, la struttura C.R.O. (che riunisce risk management, compliance, legale e antiriciclaggio) ha “insufficienti risorse umane e tecniche, con effetti sulla tempestiva intercettazione delle significative inosservanze che hanno connotato i profili di conformità”. C’è poi la denuncia di come il ruolo dell’antiriciclaggio “risulti svilito dall’assenza di un piano organico degli interventi, talvolta richiesti estemporaneamente da altre strutture interne; a tale situazione ha pure contribuito il ricorso a consulenze esterne”. Su questo fronte i funzionari di Bankit hanno rilevato che “pur in presenza di normativa aziendale formalmente aggiornata e dell’uso di apposito applicativo (Gianos3D)” sono emerse “rilevanti disfunzioni riconducibili a carenze del sistema informativo, reiterate anomali nelle registrazioni e ritardi nell’attività di verifica risultata spesso priva dell’individuazione dei titolari effettivi dei rapporti, riflesso di una scelta aziendale volta a privilegiare lo sviluppo del business….inadeguata la formazione del personale “. E non è finita: “inefficace nel complesso l’attività di revisione interna sotto la responsabilità di un dirigente distaccato da Mps, in quanto ispirata a criteri propri di un ispettorato tradizionale, con verifiche in prevalenza rivolte alla rete che hanno trascurato gli uffici centrali e i processi operativi. Scarso l’enforcement sulle irregolarità riscontrate, di norma limitato, anche in casi rilevanti, a mere lettere di richiamo e proposte di riallocazione presso altri uffici del personale ritenuto responsabile”.

TROPPI POTERI – anche sul fronte dei rischi del credito “il giudizio è sfavorevole in ragione dei valori assunti dagli indicatori quantitativi che collocano la banca negli ultimi percentili della distribuzione rispetto ai competitors…. Allo sviluppo del comparto credito, realizzato principalmente (60%) da sportelli extra-regionali, ha contribuito l’acquisizione o l’incremento dell’esposizione di clientela corporate, anche pluriaffidata e talvolta connotata da segnali di anomalia, in taluni casi ‘referenziata’ da mediatori e/o altri intermediari”. Nel mirino anche i maggiori poteri decisionali concessi tanto a livello centrale che periferico (il Comitato crediti, coordinato dal d.g., era titolare di poteri di concessione fino a 10 mln e 5mln per linee a “rischio pieno” – in precedenza erano pari a 6 mln. e 1,8 mln)”. Un aspetto quest’ultimo che fa ipotizzare, ma di sola ipotesi si tratta, che aumentando i poteri al Comitato di credito si sarebbero evitati eventuali voti-contro dei consiglieri più ‘attenti’, specie di quelli in quota a Mps.
Gli ispettori hanno quindi esaminato 75 posizioni instaurate dalla metà del 2011 per un ammontare di 287milioni di euro concessi: ebbene solo 9 pratiche (per 80 milioni) sono state portate all’approvazione del Cda.

L’ESERCITO DI AVVOCATI – Leggiamo ancora: “l’attività di recupero risente del forte incremento del contenzioso (al 30 settembre scorso circa 5mila posizioni a sofferenza, il 30% in più rispetto a fine 2010) a fronte di una struttura sottodimensionata ma potenzialmente valida. In assenza di valutazioni circa l’efficacia delle azioni svolte dai numerosi legali esterni (circa 80) il d.g. ha da ultimo avviato un progetto di esternalizzazione dell’attività a uno staff di legali milanesi, peraltro sin qui non condiviso dal Consiglio”.

IL MEGASTIPENDIO SFUMATO – Nonostante il Piano industriale venisse disatteso, dentro Bps c’era chi voleva aumentare lo stipendio del dg Tuccari, fissato il 5 aprile 2011 (data del suo ingresso a piazza Pianciani) a 350mila euro quale ‘compenso fisso incrementabile al massimo di 100mila per la componente variabile’. L’accordo riportava anche l’impegno a definire entro la fine dell’anno un “piano di stock option” a suo favore e di altri 5 manager indicati dallo stesso dirigente “senza peraltro fissarne i parametri di calcolo”.
Nell’ottobre successivo è il vicepresidente Zuccari a proporre l’adeguamento a 450mila euro del compenso fisso e di quello variabile pari al 50% della retribuzione lorda (superiore rispetto al 30% riservato al top management secondo la proposta di policy portata in Consiglio nello stesso giorno). Anche in questo caso non se ne farà niente, grazie alle eccezioni poste da “alcuni consiglieri e dal collegio sindacale”. Ma non è finita.
Si arriva infatti al 2 luglio 2012 – poco prima della raffica di avvisi di garanzia – in un clima che sembra confermare le ‘voci’ del tempo secondo le quali Tuccari avrebbe più volte alzato la voce sul mancato aumento retributivo minacciando di disertare alcuni appuntamenti istituzionali. Sul tavolo ora c’è la “proposta, in assenza di formale richiesta del d.g. (sigh, n.d.r.), di aumentare la parte fissa a 450mila euro, introducendo un compenso variabile pari allo 0,4% del ‘prodotto bancario’ (somma d’impieghi e raccolta diretta e indiretta) maturato dalla sua assunzione, in presenza di rating medi di portafoglio migliori di quelli in essere all’inizio dell’incarico con facoltà (per Tuccari, n.d.r.) di riconoscere parte di tale compenso a suo insindacabile giudizio al vice direttore (Conticini, n.d.r.)”. Un vero ‘colpaccio’, meglio del superenalotto, se si pensa che per il Comitato per le remunerazioni tale modalità avrebbe “condotto nell’ambito di un triennio al riconoscimento di un compenso variabile di 6,3 milioni di euro in caso di raggiungimento degli obiettivi fissati nel Piano strategico 2011-2014”. Fortuna però vuole per gli azionisti di Bps – grazie alle eccezioni sollevate dai consiglieri Antognoli, Bernardi Fabbrani, Lombardi e dal collegio sindacale – che l’argomento venga rinviato senza trovare più attuazione. Per la verità ad un nuovo tentativo di accordo si lavorerà ancora nel mese di dicembre 2012, ma l’arrivo dei Commissari di Bankit spazzerà via ogni velleità del dg di veder aumentare i propri emolumenti.
Continua/3 – domani, domenica, alle 22.30
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(in collaborazione con Massimo Sbardella del Giornale dell’Umbria, domani in edicola)