Car. Cer. – “Riteniamo gravissimo lo scandalo al Tar del Lazio, dove, secondo l’accusa, in questi anni sono state emesse sentenze pilotate dietro il versamento di fiumi di denaro. Ipotesi che configurerebbero una vera e propria giustizia amministrativa a misura di potenti”. Lo dichiarano Elio Lannutti e Rosario Trefiletti, presidenti Adusbef e Federconsumatori. “Una vicenda che ha portato a numerosi arresti (tra cui quello del giudice del Tar del Lazio Franco Angelo Maria De Bernardi, e dell’avvocato amministrativista Matilde De Paola), di fronte alla quale non si può continuare a fare finta di niente. Oltre a un maggiore controllo da parte del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa sui giudici in oggetto, occorre una retrospettiva puntuale sulle sentenze emesse dal Tar del Lazio, con la revoca urgente di quelle oggetto di corruzione, emesse dal giudice Franco Angelo Maria De Bernardi negli ultimi cinque anni”. Adusbef e Federconsumatori si costituiranno parte civile nel processo penale e vigileranno attentamente sul riesame di tutte le sentenze pilotate attraverso meccanismi di corruzione. “Inoltre, se le accuse saranno confermate – concludono Lannutti e Trefiletti -, valuteremo tutte le conseguenze e i possibili risarcimenti per i cittadini danneggiati dalle decisioni assunte da giudici troppo facilmente influenzabili”.
Cgil rompe il silenzio – a più di 96 ore dagli arresti cui è seguito il silenzio più assoluto della politica umbra (unica eccezione Paolo Brutti dell’Idv), sul fronte sindacale è la Fisac/Cgil a rompere il ‘muro’ con un comunicato in cui rivendica le battaglie portate avanti negli anni dall’ex n. 1 di piazza Pianciani, Giovannino Antonini, finito agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta condotta dal pm Pesci. Se ‘battaglia’ c’è stata, la Cgil finora lo aveva reso noto solo ai propri iscritti, evitando accuratamente di darne conto alla pubblica opinione. Leggiamo comunque il documento che reca la firma di Isabella Caporaletti (Rsa), Massimo Giulietti (segretario Fisac Umbria) e Mario Bravi (segretario generale Cgil Umbria): Sarebbe troppo facile, e non è nel nostro stile, dire che noi avevamo richiesto un cambio deciso di gestione aziendale in tempi quasi insospettabili. Certamente non avremmo mai potuto nemmeno immaginare una girandola di favori e corruzione come ipotizzato nelle accuse gravissime che hanno colpito l’ex Presidente della Banca Popolare di Spoleto SpA, ma in più occasioni abbiamo avuto modo di esternare la nostra posizione, a partire dalle note vicende dal marzo 2011. All’epoca prendemmo decisamente le distanze dall’interpellanza di un parlamentare del PDL che parlava “d’imposizioni (da parte della Banca d’Italia ndr) di politica aziendale distruttiva nei confronti delle banche vigilate. … rivolta in riferimento ad accertamenti ispettivi nei confronti della Banca Popolare di Spoleto, con conseguente valutazione sfavorevole delle strategie di politica aziendale adottate, e richiesta di dimissioni del Presidente del Consiglio di Amministrazione. L’interpellanza conteneva anche la richiesta al ministro Tremonti di “adottare, in sinergia con il Governo, provvedimenti per impedire che operazioni poco trasparenti possano portare la Banca Popolare di Spoleto a subire provvedimenti da parte della Vigilanza, dando avvio alla revisione della governance aziendale e alla ristrutturazione dell’impresa bancaria”.
Una specie di intreccio di poteri che avevano lo stesso preciso obiettivo: mantenere al timone di una azienda oggi commissariata, lo stesso capitano che l'ha portata in un mare in tempesta.
Oggi sembra che non sia solo una semplice supposizione ma una certezza, ricorrendo, se vero quanto riportano i giornali, alla corruzione vera e propria di chi avrebbe potuto decidere.
In quell’occasione (marzo 2011) ci accusarono di essere una rappresentanza minoritaria per poterci permettere di biasimare la governance accusata di scarsa trasparenza e per richiedere che venissero rispettate le indicazioni della Banca d’Italia, che fino a prova contraria è e resta, l'organo di vigilanza del sistema del credito in Italia. Altri soggetti nostri naturali referenti aziendali si schierarono a fianco dell’ex Presidente in modo più o meno esplicito, per poi oggi smarcarsi come se non esistesse un passato, conclamato nei fatti e nella sostanza, che oggi presenta il conto alle lavoratrici e ai lavoratori della BPS.
La Fisac e la CGIL regionale e provinciale hanno invece tenuto un comportamento sempre lineare. Ci siamo dissociati da qualsiasi schieramento pro o contro, prendendone attentamente le distanze con il solo obiettivo di perseguire in questa fase una correttezza ed una trasparenza che faccia emergere una legalità senza se e senza ma. È una istanza non solo della CGIL ma di tutti i lavoratori e delle lavoratrici che oggi vogliono certezza del loro diritto al lavoro. Ed è proprio la legalità che vorremmo veder trionfare, a tutti i livelli, per questo chiediamo alla magistratura di far luce in tempi rapidissimi sull’intricata vicenda ed evitare che, a farne le spese, siano appunto i dipendenti della Banca Popolare di Spoleto SpA i quali vivono oggi la vicenda della loro azienda attraverso i comunicati on-line e quanto la stampa copiosamente ogni mattina riporta sulla questione. Legalità e trasparenza, le richieste della CGIL dell’Umbria e della FISAC regionale anche nell'interesse di tutta la collettività e del territorio in cui la BPS svolge la sua importante attività di raccolta di risorse ed i conseguenti impieghi in attività produttive su un contesto di corpo sociale ed economico della nostra regione che ha assoluto bisogno di certezze”.
Accertamenti in Bps – intanto dall’istituto di credito trapela la notizia, che attende conferme ufficiali, di un nuovo accertamento. D almeno 48 ore, infatti, sarebbe all’opera quello che per alcuni sarebbe un consulente della procura di Roma, per altri (leggasi sindacato) un ispettore di Bankitalia. Intanto l’arresto del giudice del Tar Lazio De Bernardi dovrebbe arrivare nelle prossime ore all’attenzione del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa presieduto da Giorgio Giovannini e che vanta fra i suoi membri il professore Learco Saporito (nominato dalla Camera dei deputati in quota Pdl) già senatore umbro e da sempre molto vicino alla città di Spoleto. Nessuna novità invece sul fronte dell'inchiesta, o meglio sugli interrogatori di garanzia nei confronti dei sei arrestati dali carabinieri del Noe di Roma. Unica eccezione proprio Antonini il cui legale, Manlio Morcella, ieri ha rilasciato alcune dichiarazioni che hanno fatto un qualche clamore per aver chiamato in qualche modo in causa il resto del board Scs presieduto da Antonini che presentò con questo il ricorso al Tar avverso il provvedimento di commissariamento della holding da parte di Bankit e Ministero dell'economia (clicca qui).
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