Nelle quasi 489 pagine delle carte della Procura di Perugia sull’inchiesta relativa alla Sanitopoli umbra compare anche la registrazione di una chat Whatsapp tra l’ex direttore generale dell’Azienda ospedaliera, Emilio Duca (agli arresti domiciliari), e la governatrice dimissionaria dell’Umbria, Catiuscia Marini.
Il virus Trojan con cui gli uomini della guardia di finanza hanno “infettato” il telefono cellulare del manager lo rende uno strumento a disposizione della Procura per leggerne il contenuto, ma anche come cimice ambientale. Un “captatore“, lo chiamano gli inquirenti.
Che nelle carte inseriscono anche uno screenshot della chat tra Duca e la Marini, registrata nei contatti del manager con il nome “Marini PGR” (presidente giunta regionale). Nulla di compromettente, nei messaggi scambiati via chat tra i due. Gli inquirenti la usano però per ricostruire gli spostamenti di Duca la mattina del 24 maggio 2018 e per avere conferma del loro incontro a Palazzo Cesaroni. Quel giorno, secondo i pm, Duca si sarebbe recato in Regione proprio per consegnare le tracce delle domande di un concorso (per 4 posti di assistente amministrativo cat. C riservato alle categoria protette) ad una persona che sarebbe stata a cuore alla presidente Marini.
Il giorno 23 Duca, secondo gli inquirenti, rappresenta a Valorosi la necessità di far avere alla presidente Marini anche le tracce della prova pratica. “Adesso ho da anda’ da la Marini (ndr Catiuscia“) è la trascrizione delle intercettazioni. Duca e Valorosi sembrano parlare, a bassa voce, del modo in cui far avere quelle tracce. E spunta il nome del segretario della governatrice.
Poi Duca prende contatti con la responsabile della segreteria di gabinetto della Marini (il nome indicato nelle carte è errato) per far sapere che il giorno successivo sarebbe passata da lei per la candidata. “Ti ricordi quel nome che ti feci quell’altra volta? E allora… sì, sì… no, ma emo fatto ogni cosa… però, adesso… semo al secondo round (omissis) tu gli accenni che io, domattina, appunto, per lo stesso argomento… capito… io trenta secondi e me ne vo’...”.
E il giorno successivo, ricostruiscono i pm, Duca avvisa tramite Whatsapp la Marini, impegnata in Consiglio regionale, che si sarebbe rivolta al suo segretario, per poi tornare in ospedale. “No aspettami passa in consiglio” gli scrive Marini, come si vede nella chat whattsapp.
Ma il captatore nel cellulare di Duca consente ai finanzieri di ascoltare la conversazione tra i due. “… ce l’hai tutte?” chiede Marini a Duca. Per gli inquirenti quel “tutte” è riferito alle domande.
La parente del dirigente della Lega Coop che secondo la Procura Marini ha voluto favorire ha partecipato a due esami, come le ricorda Duca. E poi: “Qui ce so le domande, tra quelle lì… sta tranquilla…” assicura Duca. Marini chiede, ricostruiscono i pm, se può mandare una persona a prendere le domande da consegnare alla candidata. Duca tentenna. E così si incarica il segretario della presidente di consegnare le domande ad una parente della candidata. Che ha 5 giorni di tempo per prepararsi alla prova.
La conferma dell’avvenuto incontro si ha in una conversazione che poco dopo Duca ha con Valorosi. “Le sistemamo tutte e tre così abbiamo fatti contenti tutti“. Nel frattempo, secondo i pm, Gianpiero Bocci si incontra alla pasticceria Etruscan per prendere da Moreno Conti le domande che gli sarebbero state date da Duca e Valorosi. E alla fine, sempre parlando con Valorosi, dice, imprecando: “... tanto bene è venuta un bijoux, dopo m’ha fatto perdere un’ora perché appunto m’ha fermato Barberini, la presidente“.
Per la Procura, gli indagati avevano un’attenzione “maniacale” nell’uso degli strumenti di comunicazione, temendo di essere intercettati. Ed a questo proposito evidenziano un passaggio di un incontro avvenuto il 10 maggio tra Duca e la Marini, in cui il manager si lamenta di non riuscire a cancellare dal proprio telefono un messaggio ricevuto. E la governatrice cerca di aiutarlo ad eliminare quel messaggio, mettendo Duca in guardia sulle modalità di intercettazione delle chat da remoto tramite captatore. Non sapendo, evidentemente, che quel captatore era stato inserito proprio sul telefonino davanti al quale i due stavano parlando. Dice la Marini: “sennò squilla e sul telefono… se la fanno… il telefono possono… (inc) le note non le possono… o remoto leggono… leggono il whatsapp leggono tutto dal remoto, teoricamente con degli hacker leggono anche...”. Conversazione la cui registrazione è finita nelle carte della Procura.