In 80 pagine, l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari Valerio d’Andria ricostruisce il presunto “sistema che andava avanti da sempre” con cui la politica umbra pilotava i concorsi per le assunzioni all’Azienda ospedaliera di Perugia.
Trentacinque per ora gli indagati, che a vario titolo facevano parte, secondo la Procura perugina, di questo meccanismo per far trovare un posto ai “raccomandati“, segnalati, oltre che dalla politica, dalla Chiesa, da massoni, dall’Università, dal sindacato e dalla “Calabria unita“, secondo l’espressione utilizzata da uno degli indagati. Eccoli, in ordine alfabetico, come riportati nell’ordinanza del gip: Roberto Ambrogi, Giampiero Antonelli, Luca Barberini, Domenico Barzotti, Gianpiero Bocci, Lorenzina Bolli, Riccardo Brugnetta, Eleonora Capini, Amato Carloni, Gabriella Carnio, Maria Cristina Conte, Moreno Conti, Pasquale Coreno, Marco Cotone, Potito D’Errico, Maurizio Dottorini, Emilio Duca, Giuseppina Fontana, Rosa Maria Franconi, Fabio Gori, Paolo Leonardi, Catiuscia Marini, Patrizia Mecocci, Domenico Oristanio, Walter Orlandi, Diamante Pacchiarini, Vito Aldo Peduto, Mario Pierotti, Domenico Francesco Oreste Riocci, Alessandro Sdoga, Antonio Tamagnini, Simonetta Tesoro, MIlena Tomassini, Maurizio Valorosi, Serena Zenzeri.
Agli arresti domiciliari si trova Emilio Duca, direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Perugia. In ragione del suo ufficio, è considerato dall’accusa “il promotore e coordinatore dell’attività degli altri associati“. In pratica era lui a ricevere le richieste sulle persone da favorire ai concorsi, facendo avere le domande d’esame e comunicando ai membri delle commissioni i desiderata che arrivavano dalle alte sfere. Era messo a giro dalle richieste dei potenti di turno. Non solo politici. “… non riesco a togliermi – si sfoga in una intercettazione – le sollecitazioni dei massimi vertici di questa regione a tutti livelli… ecclesiastici (omissis), ecumenici, politici, tecnici… tra la massoneria, la Curia e la giunta (omissis) non mi danno tregua. E la Calabria unita“.
Agli arresti domiciliari anche il direttore amministrativo della stessa Azienda ospedaliera, Maurizio Valorosi, “quale organizzatore dell’associazione“. In pratica, secondo l’accusa, era lui uno dei bracci operativi del sistema. A cui partecipava, ma con un ruolo un gradino sotto, anche il direttore sanitario, Diamante Pacchiarini, per il quale non è scattato l’arresto come richiesto dai pm, ma la sospensione dal suo incarico per sei mesi.
Secondo l’accusa, Duca, Valorosi e Pacchiarini “operavano con continuità allo scopo di eseguire le direttive impartite dalla classe politica locale (nella specie l’assessore regionale alla Salute Luca Barberini, la presidente della Regione Catiuscia Marini e Gianpiero Bocci) manipolando i concorsi a favore dei candidati ‘raccomandati’ o indicati dalla stessa“. In pratica, “Duca e Valorosi si interfacciavano con i loro referenti politici acquisendo dagli stessi i nominativi dei candidati segnalati ed indicandoli di volta in volta ai componenti delle Commissioni esaminatrici, in modo da consentirne la vittoria o utile in graduatoria nell’ambito dei concorsi pubblici indetti dall’Azienda ospedaliera“. Pacchiarini, come direttore sanitario, “appoggiava e affiancava Duca e Valorosi nell’illecita gestione dei concorsi pubblici“.
Duca, quindi, faceva arrivare in anticipo le domande d’esame ai “politici di riferimento“, che secondo l’accusa erano l’assessore Luca Barberini (da venerdì dimissionario), Gianpiero Bocci (all’epoca ancora sottosegretario agli Interni, poi divenuto segretario del Pd umbro fino al commissariamento) e la governatrice Catiuscia Marini. Barberini e Bocci sono agli arresti domiciliari. Diverse le intercettazioni ambientali, nell’indagine avviata alla fine del 2017 e proseguita sino alla metà dello scorso anno. Il 13 febbraio, secondo i magistrati, Barberini riceve da Duca rassicurazioni “in ordine al fatto che i candidati sponsorizzati sarebbero stati ben valutati“.
“Messaggio da Bocci… vuole gli orali, le domande degli orali” dice Valorosi a Duca. Che si reca in Consiglio regionale per incontrare, per vicende legate ai concorsi secondo i magistrati, Barberini e la presidente Marini. “Qui ce so le domande, tra quelle lì… sta tranquilla” dice Duca a Marini in un passaggio, cinque giorni prima di un esame, consegnando un foglio al segretario della presidente incaricato di portarlo “ad una donna” (c’è anche il nome, ndr). A cui Duca manda poi a dire, attraverso il segretario, di prepararsi per le prove scritte.
E poi un altro passaggio; è sempre Duca che parla: “ah, anche Bocci è a Roma, me lo ha detto lui, ora gli mando un messaggio e domani pomeriggio quando tornava su… gli porto le domande“. Le domande d’esame, secondo gli inquirenti.
Bocci, secondo gli inquirenti, in virtù delle informazioni ricevute grazie al ruolo allora ricoperto di sottosegretario agli Interni, avrebbe anche avvertito Duca della presenza di microspie per intercettazioni ambientali. Con una bonifica dell’ufficio fatta effettuare da Duca ad una ditta specializzata: costo poco più di 1.300 euro, messi sul conto dell’Azienda ospedaliera. Ma Duca non poteva sapere che attraverso il Trojan il suo cellulare era diventato una microspia che lo seguiva sempre, anche nelle stanze della politica.
L’elenco delle persone per ora iscritte nel registrato degli indagati (ma l’inchiesta è destinata ad allargarsi, trapela dalla guardia di finanza) è ancora lungo. Tra chi ordinava le assunzioni dei raccomandati, chi consegnava loro le domande, i commissari d’esame, gli stessi candidati raccomandati ed i loro familiari, in acluni casi.
C’è Roberto Ambrogi, che avrebbe fatto parte del sistema in quanto responsabile dell’Ufficio contabilità e bilancio e dell’Ufficio economato dell’Azienda ospedaliera. Gabriella Carnio, dirigente responsabile delle professioni sanitarie; Maria Cristina Conte, che partecipava nella veste di responsabile dell’Ufficio personale; Potito D’Errico, professore universitario e primario di Odontoiatria fino al 2013; Rosa Maria Franconi dirigente coordinatore Ufficio acquisti e appalti, che “costituiva il verbale n. 4 del 4.6.2018 asserendo falsamente di aver concluso le operazioni di attribuzione dei punteggi dei colloqui e delle valutazioni globali dei candidati, quando invece gli stessi venivano definiti in epoca successiva“; Antonio Tamagnini responsabile Ufficio coordinamento attività amministrativa e dell’Ufficio sperimentazioni cliniche. Ci sono anche Domenico Barzotti, Maurizio Dottorini, Patrizia Mecocci.
Per l’accusa, inseriti in Commissione, a vario titolo “contribuivano all’alterazione delle procedure concorsuali, attuando le disposizioni impartite dai direttori apicali dell’Azienda sanitaria“. Anche dopo che in ospedale era circolata la notizia di indagini in corso. Era il D’Errico, secondo l’accusa, a fornire costantemente “informazioni coperte dal segreto presso gli uffici di P.G.“.
Tra gli indagati considerati dalla Procura “estranei determinatori ed istigatori” c’è anche il segretario della Uil Funzione pubblica, Marco Cotone, che avrebbe agito per favorire nei concorsi una persona da lui segnalata. Anche Moreno Conti viene informato prima delle tracce d’esame. Le riceve da Duca, che lo avverte, scrivono gli inquirenti, “della necessità di fare una selezione in quanto i candidati sono molti“. E lo informa che sanno tutto anche “Luca” e “Giampiero“, con il quale avrebbe avuto un incontro il pomeriggio (la data è quella dell’11 maggio).
Un altro nome eccellente che compare nel registro degli indagati è quello del super dirigente regionale della Sanità ed ex dg della stessa Azienda ospedaliera di Perugia, Walter Orlandi, il quale avrebbe segnalato a Duca una sua “raccomandata“. Le domande d’esame sarebbe state poi passate al padre della candidata protetta, Mario Pierotti, che risulta quindi indagato.
Lorenzina Bolli e Antonio Tamagnini erano presidente e segretario nella commissione di un altro esame finito nel mirino degli inquirenti, quello per 8 posti da dirigente della Rianimazione. Esame per il quale sono nei guai anche Fabio Gori (direttore Anestesia e rianimazione I), Vito Aldo Peduto (direttore di Anestesia e rianimazione II), Simonetta Tesoro (responsabile di Anestesia e rianimazione II), che secondo la Procura agivano per alterare gli esiti di un altro esame. Tra gli indagati, relativamente a questo concorso, c’è anche Eleonora Capini, che in qualità di concorrente “si rivolgeva direttamente al direttore generale Duca affinché quest’ultimo intercedesse in suo favore presso i componenti della commissione esaminatrice“.
Indagato anche l’esponente del Pd perugino Alessandro Sdoga, che aveva chiesto al dg Duca di intercedere presso la commissione d’esame a favore della moglie, “candidata sponsorizzata – si legge nell’ordinanza – dall’assessore Barberini“. Vicenda per la quale è indagata anche la professoressa universitaria Patrizia Mecocci, direttore della Scuola di specializzazione in geriatria, che aveva elaborato le tracce della prova scritta del concorso.
Riccardo Brugnetta, Amato Carloni e Giuseppina Fontana erano in un’altra commissione di un esame “sospetto”, quello per un posto da dirigente economico. Per l’accusa eseguivano le direttive impartite da Duca attraverso Giampiero Antonelli: far vincere Milena Tomassini. Cosa poi puntualmente avvenuta. Per questo, anche Milena Tomassini, le cui sorti stavano personalmente a cuore a Duca, è tra gli indagati.
Indagata anche Serena Zenzeri, componente dell’Ufficio per i procedimenti disciplinari, perché insieme ai tre direttori dell’Azienda avrebbe agito per far adottare un provvedimento disciplinare nei confronti del direttore della Clinica pediatrica dell’ospedale, Susanna Maria Roberta Esposito, “procurando a quest’ultima un ingiusto danno patrimoniale e procurando agli altri direttori di struttura complessa dell’Azienda un ingiusto vantaggio patrimoniale“. Secondo alcuni, le denunce legate a questo caso avrebbero dato un’impulso all’inchiesta madre.
Pasquale Coreno, ex generale dei carabinieri e responsabile dei servizi segreti per l’Umbria è accusato di aver aiutato Duca, Valorosi e Pacchiarini “ad eludere le investigazioni dell’autorità” informandoli dell’esistenza di attività di intercettazione all’interno dell’ospedale, suggerendo loro di cambiare i cellulari. Segnalazioni che erano arrivate anche da Bocci, il quale sapeva che le cimici erano state messe il 17 novembre 2018 in occasione dell’intervento dei vigili del fuoco. In quel periodo Bocci era sottosegretario agli Interni con delega anche ai vigili del fuoco.
Anche Domenico Francesco Oreste Riocci, finanziere in congedo, si sarebbe proposto facendo delle “spiate” a Duca circa le indagini, “sfruttando le proprie conoscenze presso la Sezione di polizia giudiziaria della Procura della repubblica di Perugia – Aliquota Guardia di finanza“. In realtà, come ben chiarisce l’ordinanza del gip, Riocci non ottiene informazioni dal collega in servizio presso la Sezione P.g. della Procura. Che anzi – scrive sempre il gip – informa subito il proprio responsabile. Ed a conferma di ciò agli atti c’è la relazione in cui si riporta che il finanziere “aveva respinto le sollecitazioni dell’ex collega dicendogli di non saperne nulla e che, comunque, il brig. (in congedo, ndr) Riocci gli aveva anticipato un invito a cena con un professore“.
Sono altri a fornire, secondo chi indaga, le informazioni che tramite Potito D’Errico arrivarono a Duca. Così come quelle, nell’ordinanza definite “ugualmente importanti”, che sarebbero state acquisite “da Gianpiero Bocci, Coreno Pasquale, generale dei carabinieri in pensione e da carabinieri presso il Nas“.
Il pm titolare dell’indagine aveva fatto richiesta di applicazione della richiesta cautelare in carcere nei confronti degli indagati Duca, Valorosi, Pacchiarini e Barberini. Chiedeva inoltre l’applicazione della misura degli arresti domiciliari nei confronti degli indagati Bocci, Ambrogi, Carnio, Conte, Cotone, Fontana, Franconi, Mecocci, Tamagnini, Tesoro e Tomassini. Il rischio temuto da chi indaga è che vengano inquinate le prove e che i reati ipotizzati vengano reiterati. Anche in considerazione di come alcuni degli indagati abbiano tentato di intervenire sulla indagini in corso, “sfruttando relazioni con appartenenti alle forze dell’ordine e anche ai massimi livelli”. Il pm evidenzia anche “l’attivismo degli indagati e l’utilizzo spregiudicato delle relazioni di potere“.
Il gip evidenzia che “non v’è dubbio che tutto quanto sin qui esposto documenta inequivocabilmente l’esistenza di un sistema illecito che in assenza di interventi dell’autorità giudiziaria è destinato a proseguire con le medesime modalità” e ricorda i concorsi ancora da bandire. Tuttavia distingue le condotte che appaiono “isolate” da parte di alcuni indagati da quelli che “hanno avuto o mantengono una posizione di vertice” nell’ambito della pubblica amministrazione.
Una misura cautelare di natura interdittiva (con la sospensione di 6 mesi) si rende invece necessaria, per il gip, nei confronti di Ambrogi, Carnio, Conte, Franconi, Pacchiarini e Tamagnini.
Non si ritiene però proporzionata, per loro, la misura detentiva richiesta dal pm. Diverso il caso di Barberini, Bocci, Duca e Valorosi. L’ex assessore, secondo il gip, ha condizionato quattro concorsi; l’ex sottosegretario sarebbe intervenuto illecitamente in tre procedure. “L’abile sfruttamento di un efficiente e solido sistema clientelare e la stabile utilizzazione delle funzioni e del ruolo istituzionale rivestito per finalità illecite” convincono il gip della necessità degli arresti domiciliari. Per Bocci, in particolare, la misura viene motivata con la “capacità dimostrata di interferire con l’attività di indagine“, “sfruttando conoscenze acquisite nell’ambito istituzionale“.
Analogamente, gli arresti domiciliari nei confronti di Duca e Valorosi si rendono necessari per il ruolo di vertice ricoperto nell’Azienda ospedaliera e per le “capacità dimostrate di ostacolare l’attività di indagine“.
Ma l’indagine sulla Sanitopoli umbra è solo agli inizi.