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Sanitopoli: così la Marini è stata spinta a dimettersi IL VIDEO

Al quinto giorno dalla perquisizione subita da parte della guardia di finanza che indaga per conto della Procura di Perugia sulla Sanitopoli umbra, la presidente Catiuscia Marini si è dimessa. Dimissioni però tecnicamente non irrevocabili, in base allo Statuto della Regione, perché presentate alla presidente dell’Assemblea legislativa, Donatella Porzi, ai sensi dell’art. 64 comma 3, in base al quale entro 15 giorni la governatrice dimissionaria dovrà darne motivazione ai consiglieri che, a maggioranza assoluta, potrebbero chiederle di revocarle e quindi di restare a Palazzo Donini.

Le dimissioni sono fatte ai sensi di una legge regionale e quindi sono ovviamente per me definitive” chiarisce poi la stessa Marini ai giornalisti mentre, circondata dai giornalisti, raggiunge l’auto (quella privata e non quella blu davanti ai quali sono appostati da ore) che è venuta a prenderla.


La presidente Marini si è dimessa: “Doloroso ma giusto”


Anche perché è difficile che in sole due settimane, magari dagli interrogatori di garanzia delle persone sottoposte agli arresti domiciliari (Gianpiero Bocci, Luca Barberini, Emilio Duca e Maurizio Valorosi), da quelli delle altre persone indagate (tra cui la stessa Catiuscia Marini) o dalle audizioni dei tanti che la guardia di finanza sta ascoltando come persone informate sui fatti, possano emergere elementi tali da far cambiare il giudizio politico, al di là delle accuse ipotizzate dagli inquirenti, di fronte alle quali la governatrice continua a dirsi estranea. “Credetemi, io non ho niente a che fare con pratiche di esercizio del potere che non siano rispettose delle regole e della trasparenza, rifuggendo sempre da consorterie e gruppi di potere” ripete. Parole scritte insieme al suo avvocato, Nicola Pepe, nel documento che il portavoce Franco Arcuti trasmette ai tanti giornalisti assiepati fuori da Palazzo Donini, di fronte all’uscita dell’auto di servizio dell’ente. Parole che la governatrice ripete ai microfoni dei giornalisti, uscendo invece dall’ingresso principale accompagnata dal suo legale.

Il ruolo di Zingaretti

Ed è ancora più difficile che in due settimane cambi il clima politico intorno a lei, soprattutto tra i compagni di partito. Specialmente dopo che il segretario nazionale Nicola Zingaretti l’ha buttata a mare pur di cercare di salvare un Pd che rischia di affondare ad un mese e mezzo dalle elezioni.

Zingaretti non mi ha chiesto nulla” risponde Marini a chi le chiede se sia stato il segretario nazionale a pretendere le sue dimissioni. Un concetto che un’ora prima era stato espresso da Walter Verini, reggente del partito commissariato, uscendo da Palazzo Donini. Verini, dopo la Direzione del Pd regionale di lunedì sera, in mattinata si è recato a Roma per parlare proprio con il segretario nazionale. Che nel frattempo ha usato parole inequivocabili: “Marini deve fare ciò che è utile per l’Umbria“. E per il Pd. Cioè dimettersi. Perché la politica “non può aspettare le sentenze“.

Il confronto con Verini

Valutazioni, quelle del segretario nazionale, che Verini riporta alla governatrice Marini nelle quasi tre ore di confronto a Palazzo Donini. Quando Verini entra nella sede della Giunta regionale, diversi esponenti del Pd comunicano che la lettera di dimissioni è già pronta. E’ solo questione di tempo, dunque.

Verini esce intorno alle 18. Dice che Marini deciderà in autonomia cosa fare ed i tempi. “E’ una persona responsabile” aggiunge. Dunque: farà ciò che il partito si aspetta che faccia, cioè dimettersi. “Una opzione che sta meditando da giorni” dice Verini. Non vuole mettere in diretta correlazione le parole di Zingaretti con la scelta di rassegnare le dimissioni da parte della governatrice umbra. Una tesi un po’ difficile da sostenere, visto il precipitare degli eventi…

La settimana di Passione della governatrice

La settimana di Passione di Catiuscia Marini è iniziata venerdì 12 aprile. Giusto sette giorni prima del venerdì di Pasqua. Cinque giorni che sembrano comunque una via crucis. Iniziata appunto venerdì con la visita inaspettata degli uomini della guardia di finanza che perquisiscono il suo ufficio e l’abitazione. Intanto, altre perquisizioni sono in atto tra alcuni degli indagati nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica di Perugia per presunti concorsi truccati all’Azienda ospedaliera di Perugia.

Un’onta per la presidente (anche se la cui posizione non è tra le più gravi) che si dice comunque estranea ai fatti che le vengono contestati e pronta a chiarire. Va peggio ad altri compagni di partito, finiti agli arresti domiciliari. Gianpiero Bocci, diventato segretario del Pd solo lo scorso dicembre, grazie anche ad una tregua sancita con la governatrice con cui ha avuto aspri confronti, in particolare proprio sulla sanità. E l’assessore regionale alla Salute Luca Barberini, bocciano di ferro, che nel 2016 si era momentaneamente sospeso dalla Giunta proprio per contrasti sui manager della sanità umbra. Agli arresti domiciliari sono finiti anche il direttore generale dell’Azienda ospedaliera, Emilio Duca, e il direttore amministrativo, Maurizio Valorosi. Secondo le accuse della Procura, in gran parte confermate dal gip che ha firmato l’ordinanza con le misure cautelari, pilotavano i concorsi in modo da far assumere le persone indicate da politici ed altri potenti.  Trentacinque, in tutto, gli indagati. Con i vertici amministrativi dell’Azienda ospedaliera azzerati, tra arresti e sospensioni. E il Pd colpito ai massimi livelli.

Nelle 80 pagine dell’ordinanza firmata dal gip Valerio d’Andria sono presenti per lo più intercettazioni di Duca e degli altri manager ospedalieri. Non della governatrice, che però secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti si sarebbe fatta consegnare dal dg le domande di un concorso da far recapitare, tramite il suo segretario, ad una concorrente.

“Sono stata tradita”

Il giorno dopo Marini, con voce visibilmente turbata, legge una nota alla stampa con cui ribadisce la propria estraneità ai fatti contestati. Si dice tradita – come persona, governatrice degli umbri ed esponente del Pd – ed assicura che avrà un ruolo “proattivo” nell’accertamento della verità. Insomma, collaborerà pienamente, e non solo perché è indagata.

La presidente comunica anche che saranno avviate indagini, al di là dell’inchiesta giudiziaria in corso, per capire cosa non abbia funzionato nei controlli. E annuncia che già il lunedì successivo saranno avviate le procedure per individuare il commissario dell’Azienda ospedaliera. Parole di fronte alle quali qualcuno storce la bocca: in fondo, nella materia “sanità” la presidente della Giunta regionale è pur sempre indagata…

L’Umbria diventa da prima pagina nazionale. Le opposizioni sono scatenate. Salvini chiede le dimissioni della Marini: si torni al voto. Lo stesso vogliono anche i pentastellati, ma solo in Umbria. Perché a livello nazionale sono, almeno all’inizio, un po’ più cauti. “Via le mele marce” dice però la ministra della Sanità, Giulia Grillo. Che convoca l’Unità di crisi al Ministero e decide l’invio di una task force di ispettori per capire cosa sta avvenendo negli ospedali umbri.

L’ospedale di Perugia rischia insomma di ritrovarsi con più ispettori che dirigenti, tra quelli inviati dal Ministero e quelli che vorrebbe mandare la Regione. Ma le inchieste interne in qualche modo annunciate dalla presidente probabilmente risultano un errore, fatale.

Le deleghe a Bartolini

Marini intanto, preso atto delle dimissioni di Barberini, ne ridistribuisce le deleghe agli assessori. La sanità va ad Antonio Bartolini. Il cui nome compare, pur di striscio (non è indagato), nelle carte del gip.

Escono le carte “pesanti”

Nel fine settimana, magicamente, escono le carte della Procura: 498 pagine fitte di intercettazioni, fotografie, filmati. Che finiscono sulla stampa locale e nazionale e sui telegiornali. E diverse sono le intercettazioni in cui Duca parla con la Marini o delle indicazioni che la governatrice avrebbe dato al direttore generale dell’Azienda ospedaliera. Sono state catturate con il Trojan, il virus che gli esperti della guardia di finanza hanno inserito nel cellulare di Duca, che è diventato così l’orecchio indiscreto della Procura nelle stanze del potere. Anche in Regione.

L’avvocato Pepe lamenta la fuga di notizie e l’uso che ne viene fatto. Pur ribadendo l’estraneità della sua assistita ai reati che al momento le sono contestati. Ma quelle intercettazioni sono una bomba, le leggono tutti. Anche nella sede del Pd a Roma, dove si contesta a Zingaretti l’aver affidato il partito umbro, commissariato, a Walter Verini. “A me che sono la vice presidente nemmeno una telefonata” lamenta Anna Ascani. Per la quale la scelta di Verini (avversario di Bocci alle primarie) significa dividere in qualche modo il partito in buoni e cattivi. Con i sostenitori di Verini nella parte dei buoni. Altri, forse più opportunamente, ritengono che sarebbe stato meglio mandare un commissario da fuori regione, anziché pescarlo nell’Umbria segnata dagli scandali. Anche se Verini, soprattutto dopo l’inchiesta-imboscata delle Iene, è la faccia onesta del partito.

Il rifugio al Ministero

Bartolini intanto visita l’ospedale. Cerca di tranquillizzare medici, pazienti ed utenti. Con lui il commissario pro tempore Ambrosio. Annuncia che i nuovi concorsi sono bloccati. Sulla correttezza di quelli effettuati si valuterà. Sarà una commissione di probiviri a farlo. Che si muoverà però di concerto con gli ispettori ministeriali. Così come il commissario dell’Azienda ospedaliera lo sceglierà, di fatto, il Ministero tra i suoi tecnici inseriti nell’elenco.

La Giunta regionale ha praticamente le mani legate, ora. Può però fare una parziale rotazione dei propri dirigenti, così da togliere Walter Orlandi (indagato) dalla Sanità.

Il ministro Grillo offre la sua collaborazione e si rende subito disponibile ad incontrare l’assessore Bartolini. Che insieme alla presidente Marini, nel pomeriggio di lunedì, si reca al Ministero per capire come muoversi per la gestione dell’Azienda ospedaliera.

Il Pd umbro si spacca ancora

Intanto nel pomeriggio (dopo che in mattinata si era tenuto una infuocata riunione di maggioranza in Regione, con tanto di lacrime) viene convocata la Direzione regionale del Pd. Bocci ha riconsegnato la tessera del partito. Ma questo non basta a placare i suoi avversari. I bocciani, ad essere considerati come gli uomini del malaffare, non ci stanno. Ma non viene risparmiata neanche la Marini. “Azzerare” è la parola ripetuta più volte.

Al termine della seduta, Verini, che continua a predicare “unità” dice: “Se qualcuno ha da dire qualcosa lo dica adesso…“. Prima di? La Procura ha detto che l’inchiesta è solo all’inizio.

Insulti social

Le pressioni, sulla presidente, non arrivano solo dalla politica, con la Lega che lancia l’hashtag #marinivattene. Sulle pagine social, della governatrice come di altri esponenti del Pd, e nei commenti agli articoli dei giornali online, è un fiorire di “vergogna“.

Il giorno più lungo

E si arriva alla giornata di oggi, martedì. Altri titoli di giornale sulla Marini. “La cui posizione si aggrava” commenta l’annunciatrice del Tg5 lanciando il servizio. E non è il solo servizio di questo tenore, ovviamente.

In Consiglio regionale tutti aspettano le comunicazioni della Marini sui gravi fatti avvenuti. Ma ci sono le tre mozioni di sfiducia presentate dalle opposizioni nei suoi confronti. Si riunisce l’Ufficio di presidenza: le mozioni saranno votate nella seduta del 23 aprile, ma sino ad allora l’Assemblea è congelata. Posizione spiegata ancora una volta con la lettura di una nota.

Da Roma non gradiscono. Sono impazienti. Ogni giorno in più in cui si rimane su queste posizioni, si presta il fianco agli attacchi degli avversari e soprattutto al biasimo dell’opinione pubblica. Calenda (il cui manifesto per le Europee era stato firmato con entusiasmo da Marini) chiede le dimissioni della presidente umbra. Zingaretti vede il sondaggio sul gradimento del Pd: la Sanitopoli della piccola Umbria costa altro sangue al partito, già anemico da un anno a questa parte. E allora lascia la linea garantista ed in conferenza stampa scarica Marini. “Mi rifaccio al senso di responsabilità e alle valutazioni che farà la presidente”, sono le sue parole. Tradotto: dimettiti.


Sanitopoli, Zingaretti scarica Marini


Nel frattempo i capigruppi consiliari umbri manifestano fiducia alla presidente Marini. “Certo, sanno che tra un anno ci sarà posto solo per tre di loro, al massimo…” commenta un noto frequentatore di Palazzo Cesaroni. E sono tanti i commenti di questo tenore che vengono scambiati tramite Whatsapp, di fronte a un possibile braccio di ferro tra il Pd nazionale, che chiede le dimissioni rapide per cercare di salvare il salvabile in vista del voto del 26 maggio, ed un gruppo consiliare che, con poche eccezioni, non vuole andare a casa.

Un dubbio che dura poco, perché appena Verini varca la soglia di Palazzo Donini si inizia a parlare con insistenza di dimissioni “a breve“. “Forse questa sera stessa“, informa un esponente del Pd. E la conferma che la lettera c’è veramente si ha quando nella sede della Giunta regionale arriva l’avvocato Pepe. La lettera alla presidente Porzi è pronta (come pure il comunicato della Lega ed il cartello con cui è comparso Mancini) ma c’è da redigere la comunicazione ai giornalisti. Con quel “saluto” mandato “a tutti gli umbri“.

C’è chi ipotizza, Statuto alla mano, che possa essere solo un “arrivederci”. In fondo, quella maggioranza dei consiglieri di fronte ai quali dovrà presentarsi entro 15 giorni per motivare la sua scelta politica di dimettersi le ha già manifestato, anche se attraverso i propri capigruppo, ancora fiducia. Un’ipotesi contro la quale riecheggiano le parole di Catiuscia Marini, presidente dimissionaria, mentre sale sull’utilitaria bianca: “Per me, ovviamente, sono definitive“.