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Sanità: il buco non c’è, ma serve una sterzata per far quadrare i conti

Il buco di bilancio, nella sanità umbra, tecnicamente non c’è. Pur con l’incognita della partita, ancora aperta tra le Regioni e il Governo, sui fondi per l’emergenza Covid. Ma questa è un’altra storia. Serve però una sterzata nella gestione degli ospedali e delle strutture sanitarie umbre. Perché ormai da anni, strutturalmente, non riescono a ottenere la parità di bilancio, raggiunta solo ricorrendo a partite finanziarie straordinarie.


Fuga di pazienti e spesa farmaceutica record:
così gli ospedali umbri
si sono ritrovati tutti in perdita strutturale


E’ quanto ha ribadito Massimo Braganti, direttore regionale della sanità, nell’audizione congiunta delle Commissioni regionali Bilancio e Sanità. ” Ad oggi, in conseguenza della pandemia, ci sono risorse
disponibili – ha specificato Braganti – ma dobbiamo rivedere anche
l’organizzazione delle nostre strutture per risolvere problematiche che
vengono da più lontano. Già nel 2014, anno in cui il saldo della mobilità
era in attivo di 21 milioni di euro, era iniziata una flessione nella
capacità di attrazione del nostro sistema sanitario che ha portato, nel
2019, a un dato in perdita di 3,3 milioni. Altra criticità è quella della
spesa farmaceutica, con un netto peggioramento dei costi di spesa pro-capite”.

Il nodo personale

Poi c’è il nodo personale, emerso nella sua drammaticità anche durante l’emergenza Covid. “Prima del Covid – le parole di Braganti – avevamo una ragionevole possibilità di coprire i posti ma con la pandemia lo scenario è mutato, con una maggiore richiesta di professionisti in tutte le regioni. L’obiettivo è invertire questa tendenza, far tornare appetibili le nostre aziende e procedere alla riorganizzazione su tutto il territorio. Serve una organizzazione diversa, anche l’Università deve giocare un ruolo importante. Di certo il numero chiuso non ci aiuta, non dico di eliminarlo ma quantomeno di riuscire ad ampliare l’offerta, non solo di medici ma anche di infermieri. Nel 2020 abbiamo fatto 1100 assunzioni e ci sono state altrettante cessazioni, la criticità nelle assunzioni perdura da anni e la sua soluzione rappresenta una priorità. Stiamo facendo una analisi per guardare al futuro”.

Ospedale di Perugia

Marcello Giannico, direttore dell’Azienda ospedaliera di Perugia, ha detto
che l’ospedale del capoluogo di regione negli ultimi anni ha conseguito il
pareggio anche con un reddito straordinario, attraverso svincoli di fondi
accantonati negli esercizi precedenti. Anni critici sono il 2018 e il 2019,
mentre per 2017 e 2016 il pareggio è stato ottenuto non solo con componenti straordinarie ma anche con accantonamenti per investimenti nella struttura.
Dal 2018 non c’è un equilibrio di gestione e bisogna porvi rimedio. Sul
2020 c’è la delibera di Giunta per finanziare maggiormente sia i costi
Covid che non Covid, l’anno si chiude con 12 milioni e 700 mila euro di
perdita, di cui 11 milioni e 600mila dovuti alla partita covid ma anche una
parte importante di perdite strutturali. Perugia produce per attività
ospedaliera e specialistica ambulatoriale molto più di quello che viene
riconosciuto, per un accordo (global budget) secondo cui l’ospedale di
Perugia ogni anno deve produrre non più di 195 milioni di euro di
produzione. L’azienda ospedaliera di Perugia in realtà produce molto di
più, ma la parte eccedente questo tetto, immodificato da anni, non viene
riconosciuta per via delle scelte finanziarie messe in atto, che hanno
ricadute sulla politica sanitaria. Allora: o Perugia produce 12 milioni in
più, che non servono, o li produce ma gli vanno riconosciuti e questo
significa riconoscerli in meno alle strutture territoriali, cioè rimodulare
l’offerta sanitaria. Molte cose fatte in ospedale devono essere svolte sul
territorio.

Rispetto alla rete ospedaliera, Giannico ha evidenziato che la produzione dell’ospedale di Perugia è solo in parte di alta complessità, ma molto di medio e bassa complessità. Se la medio bassa complessità viene erogata per pazienti residenti nel distretto di Perugia ha un senso, perché risponde alla mission della nostra azienda, riferimento regionale per l’alta specialità e ospedale di base per i residenti, ma da anni c’è un accesso al pronto soccorso molto elevato di codici bianchi e verdi da parte di persone che arrivano da altri distretti, quindi nelle altre parti del territorio bisogna riorganizzarsi per dare questo genere di risposte. “Ci stiamo concentrando quindi molto sulla media e bassa complessità anziché sulla alta – ha proseguito Giannico – cui saremmo designati”.

Macchinari da sostituire

Quello del 2020 è il primo bilancio dove non viene accantonato niente per l’investimento tecnologico, queste le conseguenze della erosione di risorse. Nel 2021 dovremo colmare questa carenza perché ci sono macchine da sostituire. “E ospedali limitrofi ne hanno di migliori” ha ammesso Giannico. Che ha proseguito: “Sul riordino della rete occorre razionalizzare quello che si dà ai piccoli ospedali se si vuole investire nell’alta complessità,
l’amministrazione regionale dovrà prendere decisioni coraggiose. A Perugia
dovremo rafforzare le specialità, concentrarci sull’alta complessità e
migliorare le tecnologie, e solo in questo caso si può parlare di
rafforzamento del personale, altrimenti quello che abbiamo basta”.

Ospedale di Terni

Una situazione che per molti aspetti si ripete a Terni, ha ricordato il direttore dell’Azienda ospedaliera Pasquale Chiarelli. A Terni, per
quanto riguarda il personale, lavorano 150 persone in più nell’area
clinica, mentre gli amministrativi sono calati di due unità. Il saldo è
positivo per quanto concerne il personale, i numeri sono incontrovertibili,
sono persone in più. Con i concorsi che ci sono aumenteranno i
professionisti a tempo indeterminato. La percentuale di casi da fuori regione è diminuita, ma preoccupa molto che gli umbri vanno a curarsi altrove. Terni, eccellenza in ortopedia, ha visto i casi programmati cercare risposta altrove.

Chiarelli ha anche auspicato accordi con le Asl di Viterbo e Rieti.

Asl 1

Gilberto Gentili, direttore della Asl Umbria 1, è stato categorico nel suo giudizio: “L’azienda ospedaliera, se lasciata libera, senza budget di spesa iperproduce cose non sempre utili. Va riscritto il ruolo. Serve maggiore attenzione per il territorio, per la psichiatria infantile, i Sert, i distretti. Occorre acquisire risorse: vanno in pensione molti medici di medicina generale, non si riesce a coprire i servizi di guardia medica, non troviamo medici, non è problema solo di risorse ma anche di strategie. Ci sono anche medici che vegetano in guardia medica con poche chiamate al mese: è forza lavoro da ricondurre al sistema dell’emergenza e per la presa in carico dei distretti, dove ci vuole un’equipe multidisciplinari variabile. Si può convergere su questo, bisogna sviluppare politiche utili per i cittadini”.

Asl 2

Massimo De Fino, direttore della Asl Umbria 2, ha detto che “finalmente è
chiaro che non c’è un buco di bilancio, i bilanci chiudono in pareggio o
leggermente in attivo. Tutte le norme dicono che il bilancio chiude in
pareggio e se c’è da spendere le risorse vanno ai Lea, se invece ci sono
sofferenze occorre ragionare su fondi straordinari per migliorare le
sofferenze. Chi sta soffrendo è l’assistenza territoriale, vengono a
mancare medici di medicina generale ma criticità vi sono anche per il 118 e
persino per la medicina penitenziaria. È colpa dei direttori o di chi
amministra la Regione? Sapevamo che ci sarebbe stata una grossa criticità in coincidenza con il 2026 a causa della curva dei pensionamenti, con un netto calo dei medici per coprire l’assistenza primaria. Nella Asl 2 abbiamo 2 aziende ospedaliere e 3 Dea di primo livello, ci sono Spoleto e Foligno a una distanza di 20 minuti, due aziende ospedaliere e due dea di primo livello, servirebbe un riordino delle aziende ospedaliere che consenta di liberare risorse per il territorio, per le Residenze, le strutture intermedie, si
parla tanto di ospedale di comunità, bisognerebbe rifletterci. I dati stessi
ci fanno capire dove andiamo e che cosa dovremmo fare: abbiamo i pronto
soccorso dove si deve fare un doppio triage, uno per il covid e l’altro per
stabilire il codice da bianco a rosso a seconda della gravità: nel 2019 su
120mila utenti abbiamo avuto 11mila 800 codici bianchi, 89mila codici verdi, il 75 per cento dei casi di persone che vanno in Pronto soccorso sono
riconducibili a situazioni di non urgenza, non vengono ricoverati o vengono
ricoverati per patologie minori, sono ricoveri inappropriati. I codici gialli
sono 17mila, quelli rossi 1.151.

Per De Fino è necessario rivedere l’assetto ospedaliero: “Nessuno vuole togliere niente a nessuno ma è importante garantire il miglior
livello di assistenza a tutti, e con questo andazzo occorre una
riorganizzazione che parta già dal piano sanitario nazionale e poi sul piano
regionale. Una situazione che non è di oggi, la sofferenza emerge già dal
2015, poi acuita nel 2018 e 2019 per un quadro che si è fatto più complesso
per le aziende ospedaliere.

Sul personale, ha ricordato che la Asl 2 ha fatto un concorso che non veniva fatto da anni, chiuso con 9mila partecipanti di cui 1260 idonei, infermieri messi a disposizione di tutte le aziende. Annunciando l’assunzione a tempo indeterminato 534 infermieri per le tre aziende ospedaliere. Perugia ha detto non ha bisogno di infermieri.

Ma le difficoltà sono anche altre: in cardiologia 3 partecipanti, in
medicina 11 partecipanti, anestesisti 5 partecipanti, abbiamo tratto poco
beneficio, il problema è diverso.

Porzi: rimpallo di responsabilità

Dati sui quali si è poi aperto il dibattito tra i consiglieri. “C’è stato un rimpallo di responsabilità – ha Lamentato Donatella Porzi (Pd) – che non avrebbe dovuto neanche esistere in questo periodo. Abbiamo letto dichiarazioni gravi perché, come si è chiarito, si parla di partite straordinarie, di accantonamenti, e se tutto è avvenuto con partite del bilancio sanitario, non è un buco di bilancio della Regione, è una azione demagogica fatta a ridosso della presentazione del bilancio del 2020. Non parliamo di fatture non pagate o di sprechi ma di attenzione alle esigenze dei nostri cittadini, sono state garantite le spese per mobilità e farmaceutica, i bilanci sono in ordine e parificati con certificazione. Abbiamo ora la certezza che queste partite non afferivano al
bilancio della regione ma a quello del sistema sanitario, con accantonamento precauzionale per far fronte a situazioni di emergenza. Nei mesi della pandemia poteva essere gestito diversamente, approvando un bilancio diverso.

E sugli ospedali: “L’Assemblea ha avallato tutti gli
ospedali: Narni lo costruiamo, Terni pure, a Castiglion del lago un
potenziamento ma il bilancio degli ospedali? Dopo la pandemia, con ospedali ovunque ma tutti in perdita, l’Assemblea dice che gli ospedali non sono sufficienti. Un costo elevato ma un bilancio in perdita determina costi e partite straordinarie per non andare in rosso”.

Bettarelli: non diamo la colpa a quelli di prima

“I buchi ci sono dal 2020 ha detto Michele Bettarelli (Pd) non diamo la colpa a quelli di prima, casomai preoccupa se non sono stati fatti accantonamenti, se si parla di esternalizzazioni”.

De Luca: e il Recoveruy?

“Si parla di razionalizzazione dei servizi ma non una parola sul Recovery – lamenta Thomas De Luca (M5s) – partita fondamentale. Ci sono 15 miliardi per la sanità e 40 per la digitalizzazione, è stato previsto un impatto di queste risorse e come saranno utilizzate?”.

Pace: spendere tutto non è un vanto

“Spendere tutte le disponibilità non è un vanto” la replica di Eleonora Pace (FdI). Che ha aggiunto: “Si ravvisa un disavanzo strutturale perpetrato negli anni con nessun amministratore che abbia invertito la rotta. Mi dispiace che si metta in discussione la costruzione di nuovi ospedali decise da molti anni, da prima degli anni che oggi sono sotto la lente. Narni-Amelia serve anche a supporto dell’azienda ospedaliera di Terni.

“Abbiamo un Pnrr – ha aggiunto – che prevede investimenti per case della salute, medicina del territorio, sulle strutture come Narni Amelia la scelta è
necessaria perché sgrava Terni, il polo unico del Trasimeno era stato già
ipotizzato dalla precedente amministrazione. Sono scelte ragionate e
condivise da tutti. Spiace che qualcuno pensi non siano scelte giuste”.

Bori sul nodo personale

Tommaso Bori (Pd) ha evidenziato il nodo personale: “Non è composto solo da medici, non è un problema di numeri chiusi nelle facoltà, noi li abbiamo formati dal nostro ateneo, la convenzione è ancora bloccata e sono stati tutti assunti fuori regione. In Umbria sono state fatte scelte sbagliate non potenziando la pianta organica e poi chiamando medici con contratti libero professionali invece di concorsi e stabilizzazioni come fatto dalle altre regioni. Noi assumiamo a tre mesi o sei, gli altri per tre anni, sono scelte sbagliate, altre regioni hanno assunto i nostri. Solo quest’anno abbiamo formato 13 anestesisti e rianimatori ma a nessuno è stato offerto un contratto dignitoso e se ne sono andati. Si tratta di una scelta politica, non da scaricare sulla parte tecnica. L’assessore dovrà spiegare.