Aumentano gli umbri che si curano fuori regione. E’ una fotografia per niente rosea della sanità umbra quella che emerge dai dati Agenas (agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) e che mostra un trend ancora in aumento per l’anno che deve ancora concludersi. L’agenzia ha infatti analizzato la situazione della mobilità passiva (gli umbri cioè che si vanno a curare fuori regione) e della mobilità attiva (le persone che da fuori regione si vengono a curare in Umbria).
La forbice cresce sempre più: per quanto riguarda la specialistica ambulatoriale, il saldo, in termini economici, nel 2019 era di un deficit di 843mila euro, salito a circa 1,5 milioni di passivo nel 2020 e poi “esploso” nei due anni successivi. Il saldo negativo nel 2021 è stato infatti di 3.146.810 euro, mentre nel 2022 di 3.225.597. Nel 2023 la situazione sembra destinata ad essere ancora peggiore: il disavanzo nel primo semestre 2023 è infatti di 2.128.049 euro.
Non è solo l’Umbria ad avere un saldo negativo per quanto riguarda la mobilità sanitaria: in Italia solo 7 regioni vedono un valore economico della mobilità attiva maggiore di quella attiva. Vale a dire Lombardia (quasi 103 milioni di euro), Veneto (48,4 milioni), Toscana (26,4 milioni), Molise (26,3 milioni), Emilia Romagna (9,1 milioni), Lazio (8,6 milioni), Friuli (3,8 milioni). Il passivo dell’Umbria – sempre per quanto riguarda la specialistica ambulatoriale – è più o meno pari (relativamente al 2022) a quello della Basilicata e non è drammatico come quello di altre regioni. L’indice di soddisfazione della domanda interna (Isdi) vede l’Umbria in una situazione intermedia, con un indice 1 al pari di Trentino Alto Adige, Piemonte e Marche.
Ancora più negativo il confronto tra mobilità attiva e passiva per quanto riguarda i ricoveri. Da un saldo attivo fino al 2019, si passati ad un trend negativo dal periodo del Covid in poi, fino ad un passivo di circa 11 milioni di euro nel 2022.