Orvieto: sanità a rischio collasso Report dei sindacati su ospedale e territorio: nessuna pianificazione in vista della seconda ondata, drammatiche carenze di personale. Chi può permetterselo si rivolge al privato.
“A circa sette mesi dal decreto Cura Italia del 17 marzo, che dava mandato a tutte le Regioni di implementare il servizio sanitario pubblico anche con nuove assunzioni di personale, ad Orvieto non è cambiato praticamente nulla”.
Lo scrivono in una nota congiunta i sindacati di lavoratrici e lavoratori della sanità umbra, Fp Cgil, Fp Cisl e Uil Fpl, che hanno costruito, insieme al personale della sanità pubblica dell’Orvietano, un report dettagliato sulla situazione del nosocomio e del territorio.
L’ospedale di Orvieto “Dopo la prima ondata l’ospedale non ha mai ripreso veramente tutte le attività – scrivono i sindacati – ha solo rimodulato in maniera estremamente restrittiva le prestazioni ambulatoriali e così tutte le altre attività ospedaliere programmate e non. Sono stati diminuiti i posti letto della Cardiologia, dell’Ortopedia, della Chirurgia e della Riabilitazione, questi ultimi inseriti nella Medicina Generale.
Già da mesi – denunciano i sindacati – i cittadini del territorio si rivolgono per le visite specialistiche e le indagini strumentali a strutture private, anche extra regione, mettendo mano al portafoglio. Naturalmente chi se lo può permettere”.
Ma il vero nodo è “una carenza di personale drammatica”. “Non c’è stata nessuna pianificazione in previsione della seconda ondata della pandemia, che era stata data per certa da tutti gli organi scientifici – sottolineano ancora Fp Cgil, Fp Cisl e Uil Fpl – Il personale è carente anche in considerazione che il bacino di utenza dell’ospedale è più che raddoppiato dalla massiccia affluenza di pazienti dall’alto Lazio”.
Il livello di “disorganizzazione” è tale da richiedere immediatamente una serie di interventi urgenti: “È necessario riaprire il pre-triage per filtrare gli accessi in ospedale – sottolineano ancora i rappresentanti dei lavoratori – e sarebbe necessario poterlo far eseguire a professionisti (infermieri) formati ad hoc per questa funzione e non a volontari caricandoli di una responsabilità che non compete loro.
Inoltre, il punto drive through in ospedale va assolutamente dotato di una tensostruttura che offra una copertura agli operatori che eseguono tamponi all’aria aperta, visto che siamo alle porte dell’inverno”.
Altro intervento necessario, secondo Cgil, Cisl e Uil è quello di aumentare la disponibilità di tamponi rapidi per il presidio ospedaliero, in considerazione della distanza con Spoleto e Perugia, centri nei quali vengono letti i tamponi inviati da Orvieto.
“Inoltre – continuano le tre sigle sindacali – i tempi di attesa di risposta sono troppo lunghi, in considerazione anche della mole di lavoro troppo elevata per i due centri citati”.
A livello organizzativo e di governance i sindacati indicano poi come necessaria la nomina stabile di un direttore del presidio ospedaliero, “visto – dicono – che siamo già al quarto cambio nell’ultimo anno e mezzo”.
Infine, ci sono il problema dei trasporti secondari, che vengono ancora troppo spesso svolti dal 118, sottraendo risorse importanti all’emergenza territoriale, e c’è un punto di sanificazione ospedaliero (COSP) che funziona solo 12 ore al giorno (la notte è su chiamata in reperibilità con lunghi tempi di attesa). La situazione contingente ha reso necessaria la riapertura del Reparto Covid, per ora di 6 posti letto, nonostante la sofferenza dell’organico.
Quindi la creazione di una cosiddetta area grigia che, a detta del commissario straordinario, “avrà la funzione di gestire i pazienti della zona in caso di ulteriore necessità e fare da filtro prima di eventuali ricoveri negli ospedali Covid di Pantalla e Spoleto”.
Il commissario ha anche assicurato che Orvieto diverrà presidio Covid solo se l’emergenza ne richiederà l’utilizzo”. “Ma non è dato sapere come – rimarcano i sindacati – con quale personale, con quale riorganizzazione dei servizi. Sarà fatto tutto all’ultimo momento e come al solito senza una comunicazione e un’informazione realmente condivisa con i professionisti sanitari coinvolti?”
La sanità territoriale Sul fronte del territorio la situazione è ugualmente critica: “Nel distretto afferiscono l’assistenza domiciliare, le cure palliative, i prelievi ematici, il servizio dei tamponi Covid (domiciliare e in modalità drive trough), le attività ambulatoriali specialistiche ambulatoriali e domiciliari, il servizio di prelievi ambulatoriali e lo screening sierologico, la riabilitazione domiciliare.
E tutto questo senza aver investito niente per l’assunzione di personale. Sono stati sostituiti solo dei pensionamenti, anche perché altrimenti si sarebbe chiuso il distretto”, sottolineano Cgil, Cisl e Uil. Ora, si sta togliendo ulteriore personale infermieristico dal servizio dell’assistenza domiciliare per potenziare il servizio dei tamponi Covid, “riducendo fortemente – rimarcano i sindacati – l’assistenza a quei pazienti fragili, con patologie croniche ed oncologiche per i quali in questo momento è difficilissimo essere seguiti e curati, perché non si muore di solo Covid e la pandemia non ha cancellato tutte le altre patologie, ma le ha rese drammaticamente invisibili”.
Altro problema segnalato dai sindacati è relativo al gazebo allestito come drive through presso la sede della protezione civile, dove gli infermieri dell’assistenza domiciliare eseguono i tamponi: già due volte – denunciano Cgil, Cisl e Uil – è stato divelto dal maltempo. Inoltre, gli utenti che devono recarsi al distretto di via Postierla devono attendere fuori dallo stabile e quelli che afferiscono al Centro di salute di Orvieto Scalo, sostano su un pianerottolo condominiale.
“Andiamo incontro ormai a temperature invernali – ricordano ancora i sindacati – e non si è trovata una soluzione alternativa”. Insomma, nessuno si è preoccupato di pianificare, programmare, organizzare un piano di azione da condividere con tutti i professionisti sanitari e gli operatori ai vari livelli.
“Pensare che questo sia stato fatto solo per superficialità è francamente difficile – concludono Fp Cgil, Fp Cisl e Uil Fpl – perché testimonierebbe una incompetenza generalizzata a tutti i livelli dirigenziali della Regione e della Usl. Viene da chiedersi allora chi potrebbe trarre vantaggio dal collasso della sanità pubblica del territorio, ma questa domanda conduce ad ipotesi ancora più preoccupanti”.