Questa volta monsignor Vincenzo Paglia è chiaro e schietto: “Il ricambio generazionale va messo a tema con maggiore coraggio, con maggiore audacia. Ovviamente, non stiamo parlando semplicemente di un problema di età anagrafica, bensì di un processo, che è peraltro fisiologico: ogni generazione ha la sua sfida da affrontare e da vincere. E quando cambia la sfida, se vogliamo vincerla a beneficio del bene comune della città, inesorabilmente debbono cambiare anche le generazioni chiamate ad affrontarla. Se questo non avviene si rischia una sorta di vischioso avvitamento della realtà sociale della città. Sì, se non c'è ricambio generazionale è difficile reinventare la città, è più difficile mettere la cultura al primo posto, investire sulla scuola e sull'università, dare impulso al lavoro locale di costruzione delle competenze, scommettere sulla creatività, fare tesoro del ruolo pubblico dell'esperienza di fede cristiana. Dobbiamo chiederci – e la domanda non è retorica – se non sia venuto il tempo di una generazione nuova, non cresciuta tra i muri delle ideologie, che non ha paura del ruolo pubblico dell'esperienza religiosa, che vive la globalizzazione come risorsa e non come minaccia, che ama l'apertura e non la chiusura, che si trova più a suo agio con la speranza piuttosto che con la paura”.
Un tema questo non isolato nell'omelia per il solenne pontificale di San Valentino.
(omelia integrale di Mons. Paglia)