Spaesati. Come un viaggiatore forestiero che arriva e cerca di stabilirsi in labirintico e burocratico villaggio, così si sono sentiti ieri sera molti spettatori de “Il Castello”, lo spettacolo di prosa presentato negli spazi “reinventati” della chiesa di San Simone.
Cosa fare adesso? Dobbiamo seguire il protagonista dietro quelle colonne o aspettare che torni? Quale sarà la prossima tappa di questo viaggio? Le domande che vengono bisbigliate tra il pubblico sembrano a volte ricalcare quelli che potrebbero essere i pensieri del protagonista dello spettacolo, scritto e diretto da Giorgio Barberio Corsetti sulla falsa riga del romanzo “Il Castello” di Kafka.
La storia racconta di K, enigmatico straniero che giunge di notte in un villaggio dominato da un castello, che ne detta ogni minimo respiro attraverso una fittissima burocrazia e una serie di bislacchi e ambigui emissari che irrompono di continuo nella scena. Il tentativo -piuttosto riuscito- del progetto è quello di far immedesimare lo spettatore nello spaseamento e nelle difficoltà del protagonista, che non esce mai di scena per tutte le oltre due ore e mezza di narrazione. K -interpretato da uno stoico Ivan Franek, con perfetto accento straniero- tenta di stabilire un'esistenza all'interno del villaggio, ma per riuscire dovrà capire e confrontarsi con i rigidi e oscuri schemi di questa comunità. Allo stesso modo, lo spettatore…
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Francesco de Augustinis
Foto: Ivano Trabalza
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