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San Gemini, restauro Porta Burgi – Il monumento restituito alla città – Foto e Video

Luca Biribanti

Porta Burgi è stata restituita, dopo il restauro diretto dal prof. Nikos Vakalis, al borgo di San Gemini con la cerimonia che ha avuto luogo nella piazza del paese alle 18.00 di oggi. L'intervento, finanziato dalla fondazione Carit del presidente Mario Fornaci, promosso dall'associazione per la valorizzazione del patrimonio storico e dall'istituto internazionale per il restauro diretto dal Prof. Max Cardillo, è un esempio eccellente di come soggetti privati, in collaborazione con enti pubblici, possano contribuire alla promozione e alla salvaguardia del territorio.
La presidentessa dell'associazione, Leda Violati, ha presentato il tavolo dei lavori: “Sono particolarmente emozionata, perchè l'associazione compie 20 anni. Nel 1993 eravamo 3 persone dal notaio per partire con questo sogno e, ad oggi, abbiamo realizzato 12 restauri conservativi, 10 schede tecniche, abbiamo organizzato eventi e condiviso progetti per la promozione del territorio. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza Don Andrea Morelli – ha detto la Violati – che ha insistito per la costituzione dell'associazione”. La presidentessa ha poi ringraziato l'equipe di tecnici che hanno reso possibile il restauro: “Voglio ringraziare la sovrintendenza dei beni archeologici dell'Umbria, Nikos Vakalis e il prof. Max Cardillo per aver fatto diventare San Gemini un campus di studi e corsi estivi”.
Il sindaco del borgo, Leonardo Grimani, ha insistito sull'importanza di questo aspetto internazionale del progetto che ha coinvolto studenti di più parti del mondo: “Sono emozionato per aver restituito porta Burgi a San Gemini. Questi cantieri didattici ci rendono fieri, vediamo i ragazzi che lavorano e fanno vivere il restauro all'intera città. Colgo l'occasione – ha detto il sindaco – per porgere il ringraziamento dell'amministrazione all'associazione della dottoressa Violati, grazie alla quale possiamo lasciare in eredità alle generazioni future un patrimonio storico-culturale che è importante per l'intera comunità”.
Grande soddisfazione è stata espressa anche da Anna Di Bene, della soprintendenza regione Umbria: “Il momento è di grande gioia e voglio esprimere felicità alla collettività sangeminese. In un momento come questo, in cui i beni culturali sono vittima di tagli senza precedenti, le fondazioni e le associazioni hanno un ruolo di primo piano. La collaborazione tra pubblico e privato ha dato un risultato di grande prestigio. La cultura può sviluppare l'economia di un territorio”.
E infatti il presidente della fondazione Carit, Mario Fornaci, ha sottolineato come la presenza dell'ente sia sempre proficua nei progetti che riguardano l'arte e la cultura: “La fondazione è sempre stata molto attenta agli investimenti sulla cultura, che attualmente riguardano il secondo aspetto della nostra attività. Siamo orgogliosi di questo, soprattutto perchè in mancanza di fondi europei la nostra attività diventa indispensabile al territorio”.
La parte più tecnica dei lavori di restauro è stata affidata alle parole dell'architetto del soprintendenza, Virgilio Lispi e a quelle del direttore dei lavori, Nikos Vakalis.
“Come funzionario della soprintendenza avevo il compito di controllare le operazioni di restauro, ma dopo aver conosciuto il professor Vakalis e la sua professionalità, il mio ruolo è stato molto facile. Grazie alla competenza dell'equipe posso dire che si sono raggiunti i 3 obiettivi che si volevano: formare nelle scuole di restauro i professionisti del futuro; recupero del monumento; facilitare la circolazione di idee ed esperienze di ragazzi provenienti da più parti del mondo”.
Gli aspetti del recupero hanno interessato sia la struttura statica che quella muraria della porta: “I lavori hanno interessato inizialmente la facciata esterna, nell'area superiore dove si trova la struttura muraria con più variazioni. Nella parte bassa ci sono blocchi di pietra più grandi che sicuramente sono il risultato del fenomeno del reimpiego. Dall'apice dell'arco in su la muratura è più varia rispetto a quella calcarea del centro. Nella parte superiore troviamo sponga e breccia, probabilmente una struttura aggiunta in fase successiva. Lo stemma, l'unica parte in marmo, della famiglia Santacroce è quello che più ha risentito dello smog, insieme alla parte interna dell'arco. Se per la facciata esterna il problema è stato quello di eliminare i microrganismi, per quella interna abbiamo dovuto utilizzare strumenti sofisticati per la rimozione del cemento. Abbiamo poi proceduto a rifare le stuccature con materiali compatibili con la pietra. Voglio dedicare questo successo e questa giornata a tutti gli studenti che hanno reso possibile il restauro.
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