Categorie: Economia & Lavoro Spoleto

SAGRE, EVENTI PER VALORIZZARE TIPICITA’ O BUSINESS SENZA REGOLE? COMITATI, ORGANIZZATORI E ASSOCIAZIONI, DIVISI

Jacopo Brugalossi

La vocazione delle sagre è quella di promuovere un intrattenimento basato sulle antiche tradizioni contadine, sulla cultura popolare e sulla valorizzazione di alcune specialità enogastronomiche locali. Proprio per la genuinità di questi tratti distintivi, le manifestazioni che si susseguono per tutta l’estate nel territorio spoletino riscontrano un elevata partecipazione di pubblico che, nel corso degli anni, ha dimostrato una crescente predilezione per l’aspetto “mangereccio”. Tale predilezione ha progressivamente messo in allarme i ristoratori e le associazioni di categoria, che, pur non dichiarandosi contrari alla somministrazione di cibo e bevande nelle sagre, invocano dei controlli più rigidi, di cui loro stessi vorrebbero essere protagonisti, insieme alle istituzioni.
Il presidente della Confcommercio di Spoleto Andrea Tattini, interpellato da Tuttoggi.info sulla vicenda, ha spiegato molto chiaramente la posizione dell’associazione di categoria da lui rappresentata. “Quello che abbiamo fatto è molto semplice. Abbiamo chiesto al Comune di poter prendere parte al tavolo tecnico per il rilascio delle autorizzazioni alle sagre. Non sappiamo per quale motivo, ma la nostra richiesta non è stata accolta. Tutto quello che ci è stato concesso è un elenco delle sagre autorizzate, consultando il quale faremo dei controlli per conto nostro con particolare attenzione ai menu, per verificare che siano rispettati i parametri stabiliti dal regolamento comunale. La nostra intenzione è quella di rendere pubblici i risultati di questi controlli, perché è giusto che i cittadini sappiano quali sagre si comportano bene e quali no”.
E’ principalmente sulla varietà dei menu proposti che sembra incentrarsi lo scontro. Il regolamento, adottato dal Consiglio Comunale nel 2001 con deliberazione n. 189, secondo quanto previsto dalla legge regionale dell’Umbria n.46 del 1998, e al quale le sagre devono conformare le proprie attività, impone, all’articolo 11, “un menu con pochi piatti, di norma caratterizzati dall’uso di prodotti tipici locali. (3 tipi di antipasto, 2 primi, 2 secondi, dolce, frutta)”.
Ecco perché, su questo punto, Alberto Massarini, delegato Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) per Spoleto, è ancora più categorico di Tattini. “Non è accettabile che una sagra proponga, per esempio, una lunga lista di antipasti, la maggior parte dei quali non ha nulla a che vedere col prodotto tipico che si dovrebbe valorizzare”, ha detto. “Con questo non voglio dichiararmi contrario alle sagre in generale – ha poi puntualizzato il noto ristoratore–. Anzi, ben vengano le manifestazioni che si concentrano sulla valorizzazione di singole tipicità locali, poiché questo è un bene per l’economia del territorio. Quello che va evitato è che le sagre diventino un business senza regole, ecco perché c’è bisogno di controlli più adeguati da parte delle istituzioni”.
Tra gli organizzatori di sagre e manifestazioni “mangerecce”, però, c’è chi ha confidato a TO® di ritenere che il Comune applichi il regolamento interpretando la legge regionale in una direzione favorevole ai ristoratori. Risulta quindi difficile capire da che parte sta la ragione. Quello che sembra evidente, è che le Pro Loco non possano prescindere dagli introiti economici che l’aspetto della ristorazione garantisce, più o meno, ad ogni edizione, e che sono preponderanti nel bilancio finale di una manifestazione. E’ pertanto possibile che a volte si tenti di “gonfiare” i menu con qualche piatto in più, in affiancamento a quelli maggiormente tipici che caratterizzano la sagra stessa. Allo stesso tempo, però, viene da domandarsi se effettivamente i ristoratori abbiano motivo di temere così evidentemente la concorrenza delle sagre che, per quanto disseminate lungo tutto il periodo estivo, hanno una durata massima di 15 giorni l’una e non possono essere paragonate ad un ristorante dal punto di vista dell’arredo dei locali e del servizio. Inoltre, che le si voglia dare credito o meno, una indagine sociologica di qualche anno fa dimostra come siano state proprio le sagre e le feste popolari ad inculcare in determinate categorie di persone la cultura del mangiare fuori casa.