Sabato 28 giugno nella piazza del Duomo di Spoleto è andato in scena il concerto di Rufus Wainwright, uno dei più grandi songwriter, compositori e interpreti della sua generazione. Si tratta di un ritorno nella città dei due mondi perché il cantautore americano già 15 anni fa si presentò a Spoleto quando scrisse la musica dei Sonetti di Shakepeare per una produzione di Robert Wilson. Sabato sera una scenografia semplice: lui, un pianoforte e l’accompagnamento del pianista Jacob Mann per alcune canzoni. Il resto fa tutto la voce, quel suo timbro inconfondibile, potente, capace di tenerti sospeso lì con le note, un po’ malinconico, un po’ folk ma anche romantico e nostalgico. Sullo sfondo il Duomo di Spoleto.
Rufus Wainwright
Cresciuto in una famiglia di musicisti, tre volte candidato ai Grammy Awards, compagno di palcoscenico di artisti come Burt Bacharach, Miley Cyrus, David Byrne, Robbie Williams, Jessye Norman, Billy Joel, Paul Simon e Sting, figlio di un artista folk e di una cantante, Rufus Wainwright ha uno stile tutto suo fatto di canzoni pop, con un debole per l’opera e l’enfasi melodrammatica. Ha intrecciato pop, rock, folk e musica classica. Con un suono chiaro e inconfondibile su melodie lente ma sorrette da una voce magnetica a volte disperata.
Aperture e ponti
Molti sono stati gli omaggi a Judy Garland con canzoni all’apparenza leggere. Ha alternato il suo repertorio più pop con “Cigarettes and Chocolate Milk” a quello più serio e impegnato di Bob Dylan con il brano “Not Dark Yet” del 1997 rivisto in chiave moderna e calato nell’America di oggi. Non è mancato da parte dell’artista l’appello a un vero Make America Great Again in cui arte, musica, la bellezza, l’apertura e non la chiusura, l’accoglienza verso i migranti e non la costruzione di ponti ci salveranno.
Ha presentato una versione cantata in italiano di “E poi” di Mina. “Siete gentili a dire che sono bravo!” l’anima della canzone, anche con qualche consonante sbagliata, arriva tutta, il ricordo alla mamma morta anni fa di cancro e infine l’Hallelujah che chiude il concerto con standing ovation.