“Ho lavorato dalla mattina alla sera per piu’ di un mese, dopo la realizzazione del fondale per il concerto dei Kin Kon Kan, producendo un quadro dopo l’altro. E ora sono 20 in totale, e ancora devo digerirli, assimilarli, rifletterci.”
Comincia così la chiacchierata con Roberto Pibiri proprio mentre l’artista spoletino, ormai residente in Giappone da più di due anni, sta esponendo la sua ultima produzione artistica alla Gallery Nakano di Yamaguchi, in attesa poi di trasferire la mostra “Koi” a Tokyo dove verra’ esposta nel famoso quartiere di Ginza in una galleria privata dal 24 al 30 di aprile. “Il Giappone ogni fine aprile fino al 5 maggio– ci spiega Roberto- festeggia i Koi esponendo i koinobori, i festoni manica a vento a forma di Carpa-Koi.”
Pibiri inizia il suo percorso formativo in arte passando come molti altri attraverso l’Istituto d’Arte Leoncillo Leonardi di Spoleto, nel tempo una vera fucina di talentuosi artisti che si sono poi impegnati nelle varie branche proposte dalla scuola. Dalla fotografia alla scenografia per poi passare a scultura e pittura etc.
Una passione la sua, quella per la pittura, per lunghi anni praticata con discontinuità e con una produzione rarefatta. Nel 2005 invece inizia “l’epifania” dell’artista Pibiri che attraverso una ricerca approfondita sugli stili, ed il suo in particolare, lo spinge a pensare seriamente ad una produzione artistica costante. Un percorso che lo porta a conoscere il mentore, Afranio Metelli, lo straordinario artista umbro nato a Campello sul Clitunno e allievo di Gerardo Dottori.
“Afranio mi incoraggio’ tantissimo – ricorda Roberto – esprimendo un giudizio di lettura analitico che mi servì tantissimo per capirmi. Con Afranio ho fatto tante cose, mi invito’ ad una mostra a Pissignano nella Torre della fortezza dove esponemmo insieme con il titolo Tre Pittori tra i Falchi (CLICCA QUI).”
“La prima è stata una personale a Osaka in gennaio, dove fui recensito addirittura dall’Asahi shimbun nella pagina culturale, che mi porto’ ad essere invitato in luglio alla IV^ edizione dell’Himeji Modern Art Biennale dove fui il primo italiano ad esporre (CLICCA QUI).
A novembre dello stesso anno fui invitato dalla Hankyu (colosso delle ferrovie private ) all’Italian Fair 2014 dove partecipai con una personale.
Da quell’anno le vicende si sono susseguite fino al mio trasferimento definitivo qui a Yamaguchi nell’ottobre 2016. Qui ho gia’ in attivo 11 mostre, tra le quali un concorso a livello nazionale tra 400 artisti dove sono arrivato e premiato come finalista, un concorso della Prefettura, ed anche qui sono arrivato in finale e una mostra in Sardegna a S. Teresa Gallura per il Festival Internazionale “Jazz Musica sulle bocche “.
Tra poco parto per Tokyo, a Ginza, con Koi, l’attuale mostra. A luglio invece partecipero’ come artista ma anche come organizzatore alla mia terza esperienza alla VI^ Biennale Internazionale d’Arte contemporanea di Himeji dove oltre a me partecipano altri 7 artisti tra spoletini e umbri. Nell’ultima edizione del 2016 eravamo 20. Quest’anno ci sarà qualche problema di coordinamento perchè la Biennale coincidera’ con una mostra fotografica a Yamaguchi, alla seconda edizione dal titolo ” Paesi 2018 “, della quale sono organizzatore, presidente ecc, dove parteciperanno 7 fotografi spoletini con altrettanti fotografi del luogo.”
Se qualcuno aveva il dubbio che Roberto Pibiri fosse un artista di quelli tranquilli, da bottega tradizionale, dovrà ricredersi a questo punto. Quasi come una profezia del dinanismo “pibiriano”, Roberto ricorda “Il critico professor Francesco Gallo Mazzeo scrisse che la mia e’ una pittura irrequieta, legata al sogno, sogno dal quale non ho paura di svegliarmi. Non lo so, io i critici non li capisco, pero’ mi adeguo”, chiude con una punta di humor alla Maurizio Ferrini.
Ma non basta perchè anche Davide Silvioli, storico e critico d’Arte contemporanea, per altro anche lui spoletino a tutto tondo, ha scritto, “Liberando l’architettura da ogni obbligo assiomatico, i lavori di Pibiri emergono da ambientazioni oniriche… tali da uniformare il tutto in una visione metafisica…”.
Oltre il Pibiri metafisico però rimane il suo grande e costante successo in terra d’Oriente. Solo qualche giorno fa , in occasione dell’anteprima della mostra a Yamaguchi, Roberto era assediato dalle televisioni locali e nazionali per una dichiarazione o una intervista.
“Non è stato facile– spiga un Pibiri tra il divertito e l’affascinato- affrontare le interviste di due reti televisive, la KRY e la NHK ( la TV di stato del Giappone ) e quella dello Yamaguchi shimbun, che sembravano a tratti interrogatori piu’ che interviste. Mi hanno rigirato come un calzino! Pero’ qualcosa, attraverso i loro occhi, la loro sensibilità orientale diversa dalla nostra e attraverso la loro cultura, l’ho capita. Molte cose dette da loro e dal pubblico coincidono infatti con le interpretazioni dei critici italiani di rilievo che hanno scritto sul mio lavoro.”
L’arte dunque come dialogo costante con qualsiasi popolo, tradizione o nazione. A differenza però della consolidata e a tratti abusata passione orientale per il Made in Italy, nel caso di Pibiri c’è un autentico riconoscimento dell’artista considerato, a nostro parere, senza etichette di provenienza e, nel caso specifico, come artefice e costruttore apolide del “bello”.
Solo a noi spoletini, ci sia consentito, rimane la voglia ed anche una punta di orgoglio nel sentire Roberto Pibiri come parte di una comunità locale che gioisce del suo successo internazionale. In attesa di diventare osservatori apolidi, come l’artista. La bellezza è ovunque, non occorrono confini o recinti.