Sono almeno 10 (12 secondo uno dei sindacati di polizia penitenziaria) gli agenti in forze al carcere di Terni rimasti feriti dopo la rivolta avvenuta nel fine settimana, con danneggiamenti in un intero reparto.
Una vicenda grave che ha provocato la presa di posizione dei vari sindacati di categoria, che da tempo lamentano situazioni critiche all’interno del carcere di Sabbione.
“Siamo preoccupati il sistema è fuori controllo”. A parlare è Moreno Loretoni, coordinatore FP CGIL Umbria per la Polizia Penitenziaria, che esprime solidarietà e forti perplessità sulla sicurezza dell’Istituto Ternano. “Manca personale – dice – e spesso i detenuti facinorosi non vengono spostati per l’inerzia di qualche dirigente dell’Ufficio detenuti regionale, minando così la sicurezza del personale di Polizia Penitenziaria”.
“Poca attenzione ai diritti dei lavori della sicurezza” continua Giorgio Lucci Segretario Generale di Terni FP CGIL. “Sono fatti di una gravità inaudita, sono circa 10 i Poliziotti Penitenziari refertati di questi, due sono andati al pronto soccorso del locale nosocomio, uno ha riportato una frattura all’arto superiore DX, mentre l’altro è tuttora ricoverato sotto osservazione, altri intossicati dall’incendio che i detenuti hanno appiccato nel reparto detentivo – aggiunge Mirko Manna FP CGIL Nazionale – Solo grazie all’intervento del personale richiamato in servizio si è riusciti a sedare la rivolta, è il terzo comunicato per fatti di cronaca nera nella stessa giornata, auspichiamo che i colleghi si possano rimettere in breve tempo ed è a loro che va la nostra vicinanza. Al Presidente Renoldi chiederemo l’immediato trasferimento dei detenuti rivoltosi, la chiusura del reparto devastato dall’incendio e l’invio degli uomini del GOM per poter supportare i colleghi di Terni. Auspichiamo che il Governo individui presto il nuovo Ministro della Giustizia, servono misure urgenti per contrastare la fallimentare gestione degli ultimi 10 anni, poco personale e carenza di progettualità, un‘Amministrazione destinata al fallimento se non si attivano provvedimento come assunzioni straordinaria di personale e modernizzazione degli istituti di pena”.
Ed un appello al nuovo governo arriva anche dal S.pp., il sindacato di polizia penitenziaria guidato da Aldo Di Giacomo: “La rivolta nel carcere di Terni con dodici colleghi che hanno dovuto ricorrere a cure sanitarie, ai quali va tutta la nostra solidarietà, è un pesante segnale per il Parlamento appena insediato e per il Governo che sarà presto formato. Cancellare anni di irresponsabilità politico-istituzionale e di lassismo sulle emergenze del nostro sistema penitenziario non sarà facile ma bisogna cominciare a farlo”.
Per Di Giacomo, “dopo l’estate “bollente e non certo per le temperature che abbiamo vissuto in tutte le carceri del Paese sino a questi giorni con il record di suicidi tra i detenuti (70) a cui si aggiungono quattro suicidi tra il personale penitenziario, le attese e le aspettative per quello che accadrà nei prossimi mesi sono grandi. Le aggressioni quasi quotidiane agli agenti e le numerose mini-rivolte avvenute sempre la
scorsa estate sono la riprova che c’è più di un disegno della criminalità organizzata e dei detenuti più violenti, che contano sull’impunità per i reati commessi in carcere e che non hanno più nulla da perdere. Si punta – dice Di Giacomo – alla prova di forza contro il nuovo Parlamento e il nuovo Governo per imporre amnistia, indulto e comunque provvedimenti di alleggerimento della pena da scontare, oltre che del regime duro (41 bis).
È per questo che, almeno noi, ci aspettiamo una risposta altrettanto forte che ristabilisca legalità e soprattutto il controllo dello Stato nelle carceri mettendo fine, una volta per tutte, al “comando” dalle celle di boss e capo clan. Il Governo deve porre nell’agenda dei sui primi 100 giorni l’emergenza carceraria con misure sempre più urgenti. Non c’è più tempo da perdere come prova la rivolta di Terni. Non è più tollerabile uno Stato che oltre a non garantire la legalità nelle carceri non riesce a garantire la sicurezza dei detenuti e dei suoi dipendenti (il personale penitenziario) testimoniando di aver rinunciato ai suoi doveri civici sino a far passare inosservata la “strage” di questa estate con detenuti di età sempre più giovane. Le prime dichiarazioni della Premier in pectore Meloni – sostiene Di Giacomo –, ricordando il
tour che ha effettuato, nei mesi estivi, in una sessantina di carceri, le numerose azioni di protesta svolte e l’interlocuzione avviata con l’on. Meloni, lasciano ben sperare sulla effettiva volontà di voltare pagina. Noi la mettiamo in guardia: non basta “stracciare” la cosiddetta riforma Cartabia e le circolari contradditorie ed inutili del DAP. Ci sono azioni, misure, provvedimenti che si possono e si devono attuare subito, perché più passa tempo e più l’illegalità si diffonde con il rischio di ripetere quanto accaduto con le rivolte nella
primavera del 2020. Da servitori dello Stato l’impegno del personale penitenziario è rivolto a far rispettare la legalità e al contrasto a mafia e criminalità che, a nostro parere, deve svolgersi a partire dalle carceri. Ma chiediamo di essere messi nelle condizioni di poterlo fare”.