Il procuratore generale perugino Sottani spiega perché l'assoluzione dell'ex procuratore generale presso la Corte di Cassazione non convince
Rivelazioni a Luca Palamara, la Procura Generale di Perugia comunica di aver impugnato la sentenza con cui il gup del Tribunale di Perugia lo scorso 23 luglio ha assolto Riccardo Fuzio, già procuratore generale presso la Corte di Cassazione, dalle accuse di rivelazione di segreto d’ufficio.
La sentenza
Secondo la sentenza del Tribunale perugino, la rivelazione delle notizie apprese da Fuzio il 3 aprile 2019 quale componente del Comitato di Presidenza del CSM non erano coperte da segreto d’ufficio, in quanto ancora non secretate dal CSM stesso. Per cui si è ritenuto che il fatto non sussiste. Per quanto riguarda invece le altre notizie, rivelate in un incontro serale tra i due magistrati il 9 maggio 2019, il fatto doveva ritenersi di particolare tenuità, in quanto Fuzio era stato avvicinato da Palamara con uno stratagemma e che comunque i fatti rivelati da Fuzio non assumevano un particolare rilievo, in quanto in gran parte già conosciuti, per altra via, da Palamara.
Le argomentazioni della Procura generale di Perugia
“La Procura Generale di Perugia contesta entrambi i presupposti appena menzionati – scrive il procuratore generale Sergio Sottani (nella foto) – e per l’effetto ha impugnato la decisione assolutoria innanzi alla Corte d’Appello di Perugia. Per un verso, con riferimento agli atti conosciuti dall’allora procuratore generale della Cassazione dott. Fuzio, quale membro di diritto del Comitato di Presidenza del CSM, l’aver comunicato a Palamara per telefono le notizie, intorno alle ore 10.30 della mattina del 3 aprile 2019, ha costituito violazione del segreto a cui il magistrato era comunque tenuto, considerata anche la successiva secretazione di quegli atti”.
“Dall’altra – prosegue Sottani – con riguardo al colloquio serale intorno alle ore 22 del 9 maggio 2019, lo stesso non è avvenuto, ad avviso della Procura Generale, all’insaputa dell’allora alto magistrato Riccardo Fuzio, ma è stato preceduto da particolari accortezze per la fissazione dell’orario dell’incontro, quali l’uso da parte di Palamara di cellulari non intestati né utilizzati dallo stesso, ma nella disponibilità di due altri magistrati. Ciò proprio per evitare la possibile tracciabilità del loro pregresso accordo. Che d’altronde Palamara fosse particolarmente interessato ad incontrarsi con Fuzio, all’epoca dirigente dell’ufficio giudiziario titolare dell’azione disciplinare nei confronti dei magistrati italiani, e che Fuzio non sia stato colto di sorpresa dalla presenza di Palamara, ma abbia accondisceso a tale sollecitazione, sembra dimostrato anche dalla ulteriore circostanza che il sabato immediatamente precedente quell’incontro, Fuzio e Palamara si erano già visti di persona, in presenza di un terzo magistrato. Peraltro, considerata la tarda ora dell’incontro del 9 maggio, ben difficilmente Fuzio avrebbe accettato di vedersi con un collega, se non per motivi di particolare urgenza, che aveva unicamente Palamara e non invece gli altri magistrati coinvolti nell’episodio”.
Inoltre, per la Procura generale di Perugia l’interesse di Palamara ad apprendere notizie proprio da Fuzio, al di là di quanto già a sua conoscenza per altra via, deriva dalla circostanza che solo Fuzio, quale procuratore generale della Cassazione, e non gli altri magistrati con i quali Palamara aveva avuto pregressi contatti, era a conoscenza degli atti con rilevanza disciplinare, trasmessi dalla Procura perugina.
“In definitiva, l’aver ritenuto, da parte del giudice perugino, che il fatto fosse di particolare tenuità – conclude Sottani argomentando la scelta del ricorso – non sembra aver colto l’oggettiva gravità della vicenda”.