Rivedere il Piano faunistico approvato dalla precedente amministrazione regionale umbra e rivedere il sistema dei ripopolamenti e della gestione degli animali selvatici nei territori delle tre Atc. E’ quanto chiede un gruppo di cacciatori e rappresentanti di associazioni di base (Mario Bartoccini, ricercatore faunistico; Danilo Mattaioli Club Cacciatori le Torri; Andrea Verzellini Umbria caccia e natura; Evandro Caiello; Claudio Tortoioli Associazione venatoria ambientale Nata Libera Perugia) che lamenta anche l’atteggiamento assunto da alcune associazioni venatorie.
“Ci permettiamo di ricordare agli amministratori pubblici ed alla politica tutta – scrivono – che noi cacciatori umbri, da più di venti anni, mettiamo a disposizione dei 3 Ambiti Territoriale di Caccia (Atc), consistenti risorse finanziarie e, paghiamo pure tasse e balzelli come nessun altro sport volontaristico in Europa. Eppure la gestione faunistica risulta scadente, fallimentare, antistorica e, inquinata da interessi diversi, ben lungi dalla ricchezza biodiversa ereditata delle Unità di Gestione Faunistica (U.G.F.), operative fino gli anni ’90”.
“Dopo anni di sotterfugi e promesse prive di riscontro – accusano – l’indice di presenza della fauna selvatica stanziale sui territori a caccia programmata è davvero inesistente, nonostante i 3 Atc regionali abbiano avuto a disposizione oltre 70 milioni di euro negli ultimi venti anni. E’ evidente così, che lo sperpero di danaro pubblico in direzione di infelici ‘allevatici’, è stato inopportuno e tecnicamente fallimentare”.
Non convince pertanto il progetto delle 16 Art (Area di Rispetto Temporaneo), con la conseguente immissione periodica di allevatici di voliera, che “deprime il gran valore della selvaticità faunistica e la stessa dignità dell’esercizio venatorio”.
Per questo i sottoscrittori dell’ennesimo appello ricordano la la sentenza della Corte Costituzionale – n. 448 del 1997 – che recita: “La disciplina faunistico venatoria ha il suo tratto caratterizzante nella pianificazione di tutto il territorio agro-silvo-pastorale; pianificazione che, secondo le indicazioni dell’art. 10 della Legge 157/92, è finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, alle effettive capacità riproduttive e al contenimento delle altre specie, al conseguimento della densità ottimale e alla sua conservazione, mediate la riqualificazione delle risorse ambientali, il coinvolgimento dei cacciatori, la regolamentazione del prelievo venatorio”.
Nel mirino gli Atc, “centri di potere fine a stessi”, accusano, che “stanno distruggendo alla radice l’esistenza della biodiversità più eclatante d’Europa e la ricchezza economico/biologica che si manifesta in selvaggina”.
Da qui la necessità di rivedere il Piano faunistico regionale, “realizzato da noti personaggi della solita associazione, approvato dalla ex Giunta regionale, che accoglieva le pressioni del latifondo, programmava le distruttive Art abolendo i ripopolamenti invernali”. Si chiede quindi all’attuale amministrazione regionale di modificare ed aggiornare il vecchio piano faunistico, azzerare tutti gli organi dei tre Atc e bloccare ulteriori concessioni di ambiti privati.
“Art e Ambiti privati di ultima ed eclatante autorizzazione – proseguono – hanno sottratto alla caccia e raccolta frutti spontanei più di mille ettari, nella parte nord dell’Atc3 T3 e nel territorio Atc 1, con effetto devastante per la moltiplicazione di cinghiali, grossi mammiferi e predatori”.
Dopo tutte le vicissitudini del Calendario venatorio, l’app per la tortora, i tesserini, se le loro richieste non verranno accolte, i gruppi spontanei si dicono pronti alla protesta eclatante.