“Questa mattina, l’assemblea dei sindaci dell’ATI3 Umbria, riunita a Spoleto, ha discusso le linee di indirizzo licenziate dalla Giunta Regionale per la riforma del sistema sanitario. I sindaci hanno unanimemente accolto la proposta del presidente, il sindaco di Spoleto Daniele Benedetti, circa la necessità di stilare un documento con il quale promuovere il confronto nelle sedi deputate, a cominciare dall’ANCI, che nei prossimi giorni avvierà la discussione su tutto il pacchetto della riforma endoregionale, e dall’Assessore Regionale alla Sanità Franco Tomassoni”. E quanto si legge nella nota diramata dal Municipio.
I sindaci ritengono che in questa fase caratterizzata dalla grave crisi socio economica in atto, dalle manovre del Governo che hanno ridotto all’osso i trasferimenti per la sanità e per i servizi territoriali e dalla discussione sui costi della politica, la decisione della Giunta regionale di riformare il sistema sanitario umbro, non solo va nella direzione giusta, ma deve essere una priorità per tutti. Tuttavia, prima ancora di mettere mano alla riforma che comprende anche gli ATI e le Comunità Montane, questioni importanti, ma sicuramente con meno impatto sui cittadini, è indispensabile ragionare sul modello umbro.
“A quale Umbria pensiamo – si sono chiesti i sindaci – vogliamo mantenere in piedi una regione policentrica o intendiamo ricentrarla su due poli?”. Una volta definito questo si tratterà di entrare nel merito di una riorganizzazione, che i sindaci ritengono indispensabile, facendo ricorso ai numeri e ai dati disponibili sulla sanità umbra che fotografano in maniera oggettiva l’attività e i bilanci delle due aziende ospedaliere e della quattro Aziende sanitarie attuali.
Dalla lettura di questi dati, illustrati dal Direttore Generale della ASL3 Umbria Dott. Sandro Fratini, emerge che prima di tutto occorre mettere mano alle inappropriatezze che saltano agli occhi: la nostra realtà regionale, ad esempio, deve fare i conti con i 118, i punti nascita e le duplicazioni dei servizi di alta specializzazione come due cardiochirurgie e due neurochirurgie. Inoltre occorre riflettere sulla funzione dei presidi ospedalieri perché l’attività di quelli di alta specializzazione troppo spesso coincide con gli interventi di media-bassa specialità fatti dai nosocomi di territorio. Servizi che non dispongono di un bacino di utenza tale da giustificare la loro esistenza mentre cresce il numero dei pazienti che si recano nelle regioni limitrofe e diminuisce l’import, cioè il numero degli utenti che l’Umbria riesce ad attrarre.
Altro tema discusso riguarda il metodo della riforma che ripropone la riflessione sul modello umbro. In sintesi si deve ripartire dai territori o dai due poli ospedalieri per poi sacrificare i servizi territoriali? In merito a questa questione i numeri della ASL3 dimostrano che in controtendenza con l’Umbria, dal 2008 al 2010 i numeri relativi alla mobilità sanitaria passiva sono diminuiti mentre si registra una importante percentuale di ricoveri che provengono dai territori contigui (Assisi, Bastia, Cannara); la spesa pro capite per i pazienti dei medici di base si attesta su 162,63 euro/anno contro la media regionale di 179 euro/anno; la spesa farmaceutica pro capite è inferiore alla media regionale e infine il bilancio della ASL3 risulta in pareggio.
Il documento che l’assemblea dei sindaci ha approvato vuole essere una base per il confronto sulle linee di indirizzo della Giunta regionale, confronto che la stessa presidente Marini ha inteso promuovere e che i sindaci dell’ATI3 sono pronti ad avviare con la loro proposta che riparte dai territori perché, come è stato detto “non è più il tempo di chiudersi in difesa quando ormai il mondo ci è crollato addosso”.
Gli interventi di razionalizzazione, hanno concluso i sindaci, sono indiscutibili e inevitabili, ma prima di tutto occorre un progetto condiviso in grado di centrare l’obiettivo che resta quello di far fronte in due–tre anni al taglio di 120 milioni operato dal Governo sulla sanità umbra, senza però rinunciare alla qualità dei servizi.