In merito al dibattito in Umbria sulla sospensiva di parte del Calendario venatorio che il Consiglio di Stato aveva accordato alle associazioni ambientaliste dopo il ricorso sulla chiusura dei prelievi per beccaccia, turdidi e uccelli acquatici e sul superamento sulla base dell’emendamento alla 157/92 inserito nella legge Finanziaria, riceviamo e pubblichiamo questa riflessione di Sergio Gunnella (ACR/CONFAVI Umbria).
Comodo per il cavaliere pavoneggiarsi su un cavallo in ghingheri, dopo che a strigliarlo è stato lo stalliere! Ma il mondo è anche questo, propenso com’ è a credere più all’ intelligenza artificiale che alla propria! Perché si può guardare senza vedere…ma non si può vedere senza guardare! E’ quanto si deduce in queste ore dalla stampa locale che esalta il compiacimento del palinsesto venatorio della regione Umbria, dove i neo-vincitori della politica del “campolargo” brindano con la prima associazione venatoria piglia/tutto e il suo presidente, come se il merito fosse tutto loro! Da scompisciarsi dalle risate!
Parliamoci chiaro: per il sottoscritto, l’emendamento approvato dalla Camera altro non è che una vittoria di Pirro ottenuta in fretta e furia dell’ emendamento posto fra le maglie della Commissione Bilancio (sich!) da una volonterosa deputata di Fratelli d’ Italia, che con la compagine rosso/antico dell’ Umbria, politicamente parlando, non ha da condividere neppure le stringhe delle proprie scarpe. Inoltre, per uno come me che ha fatto le scuole serali e la politica la mastica come una minestra riscaldata, la “modifica” sembra più l’ appagamento di uno stato di voglia che una conclusione legittima e/o legittimante. Ricordo ai meno attenti che in base al “Principio della irretroattività della legge, le normative non hanno mai effetto retroattivo, perché il cittadino è tenuto ad assolvere ai disposti di legge solo dopo la sua entrata in vigore”. –nda-. E sempre perché sono abituato a dire ciò che mi suggerisce la “gulliver” che porto fra le spalle da troppi lustri, vedo in questa risoluzione, non solamente una forzatura spolverata d’ incostituzionalità, ma addirittura delle incrinature contrastanti con le normative europee ormai consolidate nel tempo. Avrà seguito una modifica di legge approvata dalla sola Camera dei deputati e, se così non fosse, priva di un atto regionale? E ancora: cosa c’incastra l’emendamento sui calendari della venaria con la Legge n° 207 recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’ anno finanziario 2025”? Mah! Speriamo bene…
Beh, adesso giù la maschera, Uomini dei Boschi! La verità è tutt’ altra! Pur se soprannominata “Riforma”, la L. 157/92 è vecchia! 33 anni sono un vero e proprio macigno per una legge tanto complessa come la nostra! Essa, non solo è vocata a “conservare la fauna selvatica omeoterma”, ma deve ancorché attivarsi per la “pianificazione” del territorio agro/silvo/pastorale e “programmarne” il prelievo venatorio… Siamo d’ accordo su questo? Ma chi è in grado di giurare sul fatto che tutti e 37 i postulati della riforma del 1992 siano stati applicati a tutto tondo? E perché se veramente la vogliamo cambiare ringiovanendola dei 33 anni trascorsi dalla sua genesi, dobbiamo incominciare proprio dall’art. 18? Guardate che i ricorsi diventano legittimi solo perché le regioni, in violazione ai disposti di legge, non pubblicano il Calendario venatorio “entro e non oltre il 15 giugno”, mica per altri motivi.
Ergo, è del tutto inutile sottolineare nel testo della modifica di queste ore che dopo la pubblicazione del Calendario venatorio ci sono 30 giorni utili per fare ricorso, se la Regione, poi, lo pubblica seguendo i propri comodi. Se tanto mi dà tanto e viste le tempistiche sciorinateci fino a oggi dai chiacchieratoi regionali che si occupano di Venaria, in assenza di tempistiche inderogabili dettate da uno specifico postulato di legge, difficilmente riuscirò a immaginare un Calendario pubblicato sul BUR prima della fine di luglio/agosto. E’ avvenuto fino a oggi e avverrà ancora. E’ fatale. E noi, a caccia, quando ci andiamo? A ottobre? No, grazie. Allora, dico io: perché non rifondare radicalmente una normativa obsoleta cha ha già 33 anni, salvando, tuttavia, ciò che essa offre ancora di buono, e smettere di pastrocchiare un impianto ormai obsoleto rappezzandolo qua e là senza arte né parte? Abbiamo dimenticato che le province non ci sono più? Che il TITOLO V della Costituzione ha proposto, da oltre dieci anni, cambiamenti adeguati nei confronti della modernizzazione degli Enti locali, assegnando ai Comuni, in nome della sussidiarietà, compiti irrinunciabili per una vera rifondazione della venaria umbra? Per quanto tempo ancora continueremo a non sfruttare ciò che la norma ci regala di buono e per quanto ancora vogliamo far finta di sopportare incongruenze ormai inaccettabili? E’ arrivato il tempo di rinnovare l’intero impianto. E poi passare ai regolamenti, alle convenzioni, alle disposizioni dirigenziali, ecc., ecc.. Ce n’è per tutti. Amen.
Sergio Gunnella
ACR/CONFAVI Umbria