Un termovalorizzatore dal costo di circa 100 milioni di euro in funzione – si stima – dal 2030 per chiudere il ciclo dei rifiuti in Umbria, portando la raccolta differenziata al 74,8% (l’attuale media umbra è del 66,2, ma con comuni con percentuali di molto inferiori) e l’indice di riciclo ad almeno il 65% (adesso è al 58%). E’ questa la strada tracciata dalla Giunta Tesei con le linee strategiche del nuovo Piano regionale dei rifiuti, approvate oggi dall’esecutivo regionale.
Per superare le criticità attuali ed arrivare all’accensione del termovalorizzatore prevista all’incirca tra 8 anni (tra fasi burocratiche e realizzazione vera e propria dell’impianto) la Regione Umbria ha stabilito di chiudere sin da subito 3 discariche e ampliare le altre 3. Scartando altre ipotesi come quella di chiudere il ciclo dei rifiuti umbri bruciando il Css nei cementifici (quello destinato a Gubbio proviene da fuori regione).
Il tutto è contenuto in due atti approvati oggi (5 gennaio) dalla Giunta regionale e poi presentati in conferenza stampa dall’assessore Roberto Morroni, affiancato dalla governatrice Donatella Tesei e dai tecnici. All’incontro con i giornalisti hanno preso parte, tra gli altri, il direttore regionale a Governo del territorio, Ambiente e Protezione civile, Stefano Nodessi Proietti; il coordinatore del Comitato Tecnico scientifico istituito dalla Regione in materia e professore del Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie dell’Università degli Studi di Perugia, Gabriele Cruciani e il componente dello stesso Comitato Tecnico Scientifico, rappresentante del Parco 3A-Parco Tecnologico agroalimentare dell’Umbria (società regionale cui è stato affidato il coordinamento per la redazione del nuovo Piano per la gestione dei rifiuti), Luciano Concezzi, il dirigente del Servizio regionale Ambiente, Energia, Rifiuti, Andrea Rafanelli.
Il primo atto definisce l’indirizzo della nuova pianificazione, con una forte spinta al recupero di materia attraverso l’incremento della raccolta differenziata e il riciclo e l’introduzione della valorizzazione energetica. Il secondo, per assicurare la tenuta e la stabilità del sistema di gestione nella fase transitoria, prende in esame il fabbisogno di smaltimento in discarica acconsentendo alla riprofilatura di tre delle sei ancora attive sul territorio regionale, con l’obiettivo di scongiurare situazioni emergenziali.
“I rifiuti rappresentano un dossier urgente e importante per l’Umbria, di cui la Giunta regionale si è fatta fin da subito carico, per sanare una situazione che poteva diventare insostenibile” ha spiegato Tesei.
“Le linee di indirizzo adottate oggi dalla Giunta regionale – ha rilevato la presidente – poggiano le loro basi sui risultati dell’enorme e proficuo lavoro svolto dal Comitato Tecnico Scientifico, dall’Assessorato e dalle strutture tecniche regionali e ci consentiranno di realizzare in Umbria un modello virtuoso di economia circolare, di sostenibilità ambientale, economica e sanitaria che è il fine che ci siamo posti e vogliamo perseguire”.
Come la Regione intenda chiudere il ciclo dei rifiuti lo ha illustrato il vicepresidente della Giunta regionale Morroni. L’obiettivo è anche quello di raggiungere gli obiettivi europei previsti per il 2035 con 5 anni di anticipo, dunque nel 2030. In particolare portare in discarica soltanto il 10% dei rifiuti (attualmente in Umbria ce ne finisce il 35%).
Morroni ha spiegato che il Comitato tecnico scientifico aveva ipotizzato 3 scenari per la chiusura del ciclo dei rifiuti in Umbria. Il primo prevedeva di innalzare intanto la percentuale raccolta differenziata al 74,8% e di assegnare la restante parte ad un termovalorizzatore, attraverso la realizzazione di un nuovo impianto. Il secondo, invece, a pari percentuale di differenziata, di realizzare degli impianti Remat per intensificare il recupero del materiale dall’indifferenziata, creando poi Css “povero” da destinare alla termovalorizzazione in impianti autorizzati. Il terzo scenario, invece, prevedeva la differenziata all’80% e la produzione di Css-q combustibile (che non ha più la connotazione di rifiuto) da bruciare nei cementifici. La Regione ha scelto quindi la prima ipotesi, che prevede costi sostanzialmente invariati.
“E’ una scelta importante – ha spiegato Morroni – che permette all’Umbria di allinearsi alle dinamiche presenti da tempo nei Paesi più avanzati”. Il confronto fatto è quello tra nord Europa ed est Europa, con l’Umbria che attualmente somiglia più a quest’ultimo scenario ma mira a diventare come il primo. Il modello indicato dall’assessore regionale è quello di Copenaghen, il cui termovalorizzatore ha un livello emissivo pressoché nullo e sul suo tetto c’è una pista da sci. “La realizzazione di questo impianto – ha osservato Morroni – dovrà far sì che quel luogo dovrà essere di eccellenza per la qualità dell’aria e per la sviluppo di quell’area”.
“Lo scenario 1 – ha sottolineato il direttore regionale Nodessi Proietti – è uno scenario concreto e sicuro, a differenza degli altri. Ogni volta che si parla di termovalorizzazione ci saranno critiche, sono impianti molto delicati, vanno eseguiti correttamente, ma sono gli unici che danno garanzia e non danno dipendenza da situazioni di mercato”. Il dirigente ha ricordato anche come il Css “costa moltissimo e si è dipendenti dal mercato”. Inoltre gli altri scenari prevedono un aumento dei costi importante, tra il 10 e il 20%. Per quanto riguarda il termovalorizzatore, “non è una ipotesi futuristica, ma uno scenario sperimentato, di cui sappiamo i costi”. L’investimento stimato è di circa 100 milioni di euro, che ha un rientro economico dai 20 ai 30 anni. La stima è di bruciare 130mila tonnellate all’anno: “portare oggi in discarica 1 tonnellata di rifiuti costa dagli 80 ai 130 euro, un investimento di questo genere spalmato in 25 anni potrebbe costare 40 o 50 euro a tonnellata se il piano è opportunamente calibrato”.
Ma quale sarà il luogo? È ancora presto per dirlo. L’area sarà indicata insieme all’Auri in base a caratteristiche tecniche specifiche e poi ci sarà ovviamente un confronto con il territorio. Si è parlato negli ultimi giorni dell’area ex Merloni, ma l’assessore ha spiegato che “non è stata fatta nessuna localizzazione da parte della Giunta per ora”.
Entro i prossimi tre mesi, adottando lo Scenario stabilito oggi dalla Giunta regionale, gli uffici regionali provvederanno alla redazione del documento del nuovo Piano su cui poi si avvierà l’iter legislativo fino alla definitiva approvazione. Nella fase di transizione, proseguirà l’azione di stimolo e supporto nei confronti di gestori e Comuni per potenziare la raccolta differenziata, “a macchia di leopardo sul territorio regionale – ha rilevato l’assessore Morroni – quale misura atta a ridurre il ricorso allo smaltimento in discarica”.
“Siamo in una situazione di pre-emergenza a cui negli anni passati non è stata prestata attenzione” ha detto Morroni, che ha evidenziato gli aspetti salienti della delibera approvata oggi dalla Giunta regionale per assicurare la tenuta del sistema regionale mediante l’estensione della capacità residua delle volumetrie delle discariche strategiche regionali per ulteriori 1.000.000 di metri cubi, oltre un 20% complessivo, da ripartire in tempi celeri intanto sugli impianti di Belladanza nel comune di Città di Castello, e Borgogiglione nel comune di Magione, e successivamente – se sarà necessario – sull’impianto Le Crete nel territorio di Orvieto. Per le discariche regionali di Pietramelina (Perugia), Sant’Orsola (Spoleto) e Colognola (Gubbio) non sono previsti interventi di riprofilatura: i gestori – ha rilevato l’assessore – sono tenuti alla cessazione dell’utilizzo, mettendo in atto tutte le misure necessarie alla chiusura in sicurezza e all’attivazione della successiva fase di post-gestione. Il Servizio regionale Energia, Ambiente e Rifiuti, Auri e Arpa Umbria hanno già avuto mandato di costruire un tavolo permanente di monitoraggio e intervento al preciso scopo di tutelare quanto più possibile il ricorso alla discarica anche nel periodo transitorio che precederà l’entrata in vigore del nuovo Piano.
“Le discariche – ha concluso l’assessore Morroni – sono delle mine vaganti, c’è bisogno di massima attenzione sulla loro gestione post morten per salvaguardare il futuro”.