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Rifiuti, appalti truccati: in manette il rappresentante della RaDi. Perquisita la sede di Gubbio

Una vera e propria spartizione del territorio, quella messa in piedi nel campo dei rifiuti solidi urbani: un'indagine, quella dei carabinieri del Noe di Reggio Calabria, che parte nel sud Italia, appunto nella provincia calabrese, e finisce a Gubbio. I militari del Noe hanno arrestato Carmelo Ciccone, 52enne, rappresentante legale della società RaDi, che ha una sede anche nella città dei Ceri, e vice presidente del Consorzio nazionale per il recupero degli imballaggi in plastica (Conip). L'accusa è di turbata libertà degli incanti ed estorsione aggravati dalle modalità mafiose. L'arresto è stato effettuato grazie alla collaborazione con le compagnie dei carabinieri di Palmi e Gioia Tauro. I militari hanno inoltre sequestrato la società RaDi, il cui valore ammonta a 20 milioni di euro, la cui attività continuerà ma sotto la guida di un amministratore giudiziario. Perquisita anche la sede a Gubbio.

Le indagini – Da quanto emerso dalla ricostruzione dei carabinieri, Ciccone avrebbe minacciato una società concorrente affinchè si ritirasse dalla gara per l'appalto per la raccolta dei rifiuti solidi urbani nel comune di San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria. Ecco appunto il tentativo di dividersi il territorio della provincia calabrese, impedendo ai concorrenti di “mettere le mani” su affari di “casa propria”. Un caso analogo si era verificato per la gestione dei rifiuti del Comune di Palmi, nella stessa provincia. L'arresto di Ciccone è stato disposto dal gip di Reggio Calabria Antonino Laganà, su richiesta del pm della Dda Sara Ombra. L'inchiesta nasce dalle indagini “Black Garden” partite nel novembre del 2011: all'epoca fu spiccato il mandato d'arresto per l'allora sindaco di Casignana, mentre alcune indagini riguardarono Giuseppe Saverio Zoccali, ossia il responsabile della Zetaemme, ora vittima del procedimento. In alcune intercettazioni telefoniche emergerebbero dei dialoghi tra Ciccone e Zoccali, nei quali il primo, che seguiva la gara d'appalto per la raccolta dei rifiuti con Piana Ambiente, cercava di convincere il secondo a ritirarsi per l'appalto a San Ferdinando.

Lo zampino della mafia – “Cosa nostra” sembra inoltre essere implicata in questi appalti truccati: alcune ditte siciliane, infatti, avrebbero partecipato alle gare indette dalla provincia, grazie a personaggi legati all'associazione di stampo mafioso che avrebbero sondato il terreno per raccogliere informazioni necessarie sulle ditte che avevano presentato un'offerta per aggiudicarsi la gara.

Alessia Chiriatti

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