"Ridefinire aree vocate e non, ruotare settori di caccia": le richieste per raggiungere l'obiettivo 44mila cinghiali da abbattere

“Ridefinire aree vocate e non, ruotare settori di caccia”: le richieste per raggiungere l’obiettivo 44mila cinghiali da abbattere

Redazione

“Ridefinire aree vocate e non, ruotare settori di caccia”: le richieste per raggiungere l’obiettivo 44mila cinghiali da abbattere

Mar, 16/07/2024 - 14:30

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Le criticità e le modifiche chieste da Confagricoltura dopo alla luce del nuovo Piano straordinario

Ridefinire il regime gestionale delle aree vocate e non vocate. Ruotare l’assegnazione dei settori di caccia. Prolungare l’orario della caccia di selezione. Normare e avviare la caccia in girata. Costruire un percorso certificato delle carni di selvaggina. Sono le richieste che Confagricoltura Umbria rivolge alla Regione affinché si possa realmente centrare l’obiettivo dei 44mila cinghiali da abbattere in un anno, secondo quanto previsto dall’adeguamento del piano straordinario contro la Psa in Umbria.

Per l’Umbria infatti, il Piano straordinario del commissario Caputo prevede un prelievo annuale di 24mila capi da abbattere in caccia collettiva e caccia in forma singola; 10mila capi con caccia di selezione; 10mila in attività di controllo.

Un incremento significativo di capi da abbattere, soprattutto in caccia di selezione e controllo. Per i quali sono state espresse perplessità, viste le criticità di natura gestionale, organizzativa e normativa legate alle diverse forme di prelievo che limitano le capacità operative e il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal Piano.

Confagricoltura Umbria richiede quindi alla Regione Umbria, che con delibera ha disposto l’attuazione della normativa prevista, di considerare alcune proposte.

Caccia al cinghiale, le modifiche proposte da Confagricoltura

Prima di tutto ridefinire il regime gestionale delle aree vocate e non vocate che dovrebbero trasformarsi in aree a gestione conservativa (aree boscate in cui è permessa la presenza di cinghiale a determinate densità) e aree di rimozione (aree agricole in cui la presenza del cinghiale è indesiderata). In quest’ultime, dove il fine del prelievo è l’eradicazione, dopo opportuna revisione del loro perimetro (con lo scorporo delle aree agricole dai settori di caccia), la gestione – secondo Confagricoltura – andrebbe svincolata dai cacciatori appartenenti alle squadre ed affidata a operatori altamente specializzati e dotati di idonea attrezzatura, oltreché in caso di problematiche irrisolte, affidata a ditte specializzate, così come previsto dalla recente introduzione dell’art. 3-ter della Legge 157/92.

Inoltre, l’associazione agricola chiede di ruotare l’assegnazione dei settori di caccia contigui alle aree con incidenza di danni superiore alla media del distretto e/o in cui si verificano episodi di incidentalità stradale.

Chiesto poi di prolungare l’orario della caccia di selezione da due ore prima dell’alba e fino alla mezzanotte, consentendo l’utilizzo di ottiche notturne come già avviene in altre regioni (per esempio Emilia-Romagna, Lazio).

Infine, Confagricoltura propone normare e avviare la caccia in girata, tecnica altamente selettiva e compatibile con la conservazione dell’altra fauna, che risulta particolarmente adeguata ad essere utilizzata nel territorio umbro caratterizzato dal tipico mosaico di aree agricole e aree boscate.

Oltre ciò Confagricoltura Umbria, come sottolinea il presidente Fabio Rossi, crede di fondamentale importanza quantificare in maniera definitiva la popolazione di cinghiale presente nel territorio regionale tramite utilizzo di tecniche moderne e ditte esterne: “Se è vero che i 44.000 capi previsti dal Piano siano di fatto doppi rispetto agli abbattimenti dichiarati degli ultimi anni, è altrettanto vero che i capi realmente abbattuti negli anni passati sono molto superiori rispetto a quelli dichiarati, per cui l’obiettivo dei 44.000 capi rischia di essere di nuovo inadeguato alla riduzione della popolazione esistente”.

Iniziare la caccia al cinghiale il primo ottobre

“È apprezzabile, poi, il prolungamento del periodo della caccia collettiva, ma – prosegue Rossi – è opportuno che l’inizio vada fissato al 1° ottobre con termine al 31 gennaio, sia per limitare i danni alle colture presenti in campo ancora in ottobre come vite, mais, tabacco, nocciolo, sia per limitare al massimo la sovrapposizione con la caccia di selezione”.

Una richiesta in tal senso è stata formalizzata da Federcaccia e vede sulle stesse posizioni anche altre associazioni venatorie.

La selezione

Il Piano ha fissato un obiettivo molto ambizioso per la caccia di selezione, 10mila capi. Al momento la caccia di selezione sta portando, però, risultati del tutto deficitari anche a causa del boicottaggio da parte di alcune squadre di cinghialisti, circostanza che potrebbe essere risolta o quantomeno migliorata con l’entrata in vigore dell’app prevista da Regione per la prenotazione dei punti sparo e con il contestuale controllo dell’effettiva presenza sul territorio.

“A causa dei diffusi conflitti che vedono coinvolti cacciatori operanti diverse forme di prelievo – scrive Confagricoltura – si rende necessaria una maggiore vigilanza da parte delle istituzioni preposte e una maggiore incisività nel sanzionare e reprimere atti intimidatori e di disturbo, per i quali si può configurare anche una interruzione di “attività di pubblico servizio” (es. art. 19 della L. 157/92 – attività di controllo)”.

La filiera delle carni

Infine, per Confagricoltura non è più procrastinabile la costruzione di un adeguato quadro normativo ed organizzativo, oltre a percorso certificato delle carni di selvaggina che possa permettere sia l’utilizzo corretto, salubre e consapevole da parte del consumatore finale, sia la crescita delle imprese del territorio umbro.

Per una “convivenza accettabile” con i cinghiali

Confagricoltura Umbria, secondo quanto afferma ancora il presidente Rossi, ritiene che queste proposte nel loro complesso possano contribuire a raggiungere l’obiettivo di una “convivenza accettabile” con i cinghiali, tale da permettere la conservazione della biodiversità, la diminuzione dei danni all’agricoltura e degli incidenti stradali, oltre ad una valorizzazione delle altre forme di prelievo venatorio oggi “schiacciate” da una gestione faunistica completamente ripiegata sul cinghiale.

La riduzione numerica del suide, per l’associazione, è di fondamentale importanza anche per prevenire l’insorgenza e la conseguente diffusione di focolai di peste suina africana che, oltre a causare ingenti danni economici al comparto zootecnico e alla filiera suinicola, provocherebbe una limitazione della fruizione del territorio, come parzialmente avviene in alcune aree dell’Italia settentrionale, in cui la circolazione del virus è elevata, provocando gravi ripercussioni anche per il comparto turistico e agrituristico.

L’incontro con i cacciatori

Il 30 luglio i rappresentanti delle associazioni venatorie sono stati invitati dall’assessore Morroni ad un incontro in Regione per un confronto sulle attività per centrare i nuovi obiettivi del Piano di contenimento dei cinghiali.

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