Era il 24 agosto del 2016, tre anni fa. Le prime scosse di terremoto devastano Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto e San Pellegrino di Norcia, provocando quasi 300 morti. Poi la scossa più forte, di 6.5 gradi di magnitudo, il 30 ottobre, precedute da quelle del 26 ottobre, minori come intensità ma quasi pari in quanto a devastazione. Ed infine i terremoti di gennaio 2017.
Da allora sono passati tre anni, tre governi, tre commissari. Quello a cui tocca in sorte di tirare le somme della ricostruzione in occasione del terzo anniversario della prima grande scossa è Piero Farabollini, geologo ed ex presidente dell’ordine, professore universitario a Camerino, bellissimo borgo medievale, regno dei duchi Da Varano che è diventata ora un’immensa zona rossa sorvegliata dai militari.
Farabollini, che si occupa di dissesti e terremoti dal 1997, è stato nominato dal governo Conte il 5 ottobre 2018 per dare un approccio tecnico alla ricostruzione dopo che quello politico, teorizzando un modello di ricostruzione “com’era/dov’era”, non stava dando i frutti sperati. Quando lo hanno contattato era sul Monte Vettore a studiare la faglia che, come e più di altre, è una ferita aperta e pulsante di cui cogliere ogni segnale per evitare, per quanto umanamente possibile, altre tragedie.
“C’è un solo modo di ricostruire ed è dove la sicurezza dei cittadini è garantita il più possibile e con un rapporto virtuoso costi- benefici, quelli immateriali compresi che non sono secondari per i singoli e le comunità – spiega Farabollini – Abbiamo investito in approfondimenti di indagini le economie della microzonazione sismica ed emanato un’ordinanza per i dissesti ed una per lo studio delle faglie attive e capaci. Se è necessario sacrificare qualcosa a favore della sicurezza in chiave di salvaguardia della vita umana da eventi catastrofici come il terremoto, bisogna avere il coraggio di assumersi la responsabilità anche di scelte impopolari”.
Una responsabilità che Farabollini si è assunto di buon grado e senza sforzo, sentendola affine al suo modo di essere e di vivere il ruolo. Lo hanno accusato di non essere presente, la realtà è che, conosce a menadito il territorio ed ha preferito analisi e sintesi alle passerelle conscio che solo adeguando gli strumenti e le azioni si possono dare le risposte attese.
“Il DL 189/2016 è il primo ostacolo ad una visione organica della ricostruzione in senso strategico ed operativo – spiega –. Sarebbe stata necessaria una legge speciale ed invece abbiamo un insieme di norme ordinarie che, dal sisma 2012 dell’Emilia Romagna, è stato applicato in un contesto urbanistico e paesaggistico completamente diverso. A questo si aggiunga la frammentazione della governance ed il fatto che non si è tenuto conto che la ricostruzione non prescinde dalla ri-costituzione delle comunità e non c’è comunità senza lavoro.
Il sisma ha interessato un’area il cui spopolamento era già in atto per il progressivo cambiamento degli stili di vita. Vanno ripensate le basi stesse dell’economia di queste zone che non sono appetibili in termini prima di tutto di logistica. Il DL 189 ha strutturato un percorso di ricostruzione che parte dalle scuole cui seguono le case e solo successivamente le aziende. Sarebbe stato opportuno invece avviare in primo luogo azioni e misure per la ripresa e il potenziamento dell’economia locale. Le scuole sono un servizio importante che può anche favorire nuovo insediamento, ma quando il lavoro scarseggia, i servizi non sono una discriminante sufficiente per scegliere di restare. Ora le scuole moderne ed efficienti che abbiamo ricostruito si ritrovano in troppi casi con un pugno di alunni. Il Governo ed il Parlamento che mi hanno accordato la loro fiducia hanno già fatto moltissimo per rimediare a questi impasse, ma i miracoli potrebbero non bastare senza una legge speciale”.
Tra un’accusa e una polemica che attraversa con serafica pazienza incassando anche le più pesanti come parte del gioco, il Commissario Farabollini ha introdotto diverse novità in termini di sicurezza (tra cui l’aver ammesso anche le aziende non direttamente danneggiate al finanziamento INAIL per il miglioramento della sicurezza dei luoghi di lavoro in caso di sisma) e tagliato altrettanti nodi gordiani.
È il primo commissario ad aver voluto incontrare tutti i comitati dei cittadini terremotati e ad aver fatto sedere ai tavoli operativi i rappresentanti della Rete Professioni Tecniche. Tendono la mano ai professionisti l’ordinanza sull’applicazione del Durc di congruità e quella che regolarmenta le parcelle degli amministratori di condominio. Entrambe sono a sanatoria di contenziosi sulle interpretazioni: sul ruolo del Direttore dei Lavori per il quale Rete Professioni Tecniche e Consiglio nazionale degli ingegneri erano ricorsi al TAR.
“Per un danno così esteso da far stimare in 79.320 le richieste di contributo potenziali per abitazioni private, l’approccio corale alla ricostruzione è essenziale – dice Farabollini – Così come è importante l’introduzione della rappresentanza dei sindaci in cabina di coordinamento, altrettanto necessario interfacciarsi con chi si trova alle prese con problemi tecnici e burocratici dalla mattina alla sera. Un lavoro lungo e non sempre facile, ma che dà frutti. Prendiamo l’ordinanza 78: ha risolto il nodo del Durc di Congruità su cui pendeva un ricorso al TAR ed una difficoltà applicativa che sono stati superati con il dialogo e la condivisione tra Commissario, Rete Professioni Tecniche, sigle sindacali e associazioni di categoria e datoriali”.
Tra norme rivedute e corrette e nuove emanazioni, Farabollini ha propiziato e colto ogni opportunità di riduzione dei colli di bottiglia. La sanatoria sulle piccole difformità e il decreto sblocca cantieri segnano gli estremi di una intensa attività di governo e parlamentare condivisa inserita nel report commissariale a meno di un anno di mandato in cui si ritrovano anche l’approvazione del secondo Piano Beni Culturali e l’emanazione dell’ordinanza per la realizzazione di aree camper per favorire il cosiddetto turismo di ritorno ovvero le presenze di proprietari di seconde case distrutte o lesionate.
Uno sforzo immenso e supportato da grandi stanziamenti (la stima fatta è di 22 miliardi) che, per la ricostruzione privata, ha dato finora frutti marginali: sono state presentate pochissime domande.
“Abbiamo preso atto che sono arrivate meno del 10% delle pratiche attese e, in accordo con le Regioni, abbiamo giocato il jolly della proroga per la presentazione delle richieste di contributo danni lievi in modo che, di pari passo con la semplificazione delle norme, fosse rimosso anche ogni eventuale alibi sulla possibilità di portare avanti i progetti e favorire il rientro dei terremotati nelle loro case – chiosa Farabollini – Mi aspetto ora che si lavori con rinnovata lena e in stretta collaborazione tra USR e tecnici in modo che proceda a marce forzate. È l’unico modo per dare un sensibile impulso al ritorno progressivo alla normalità con il ripristino delle tante abitazioni che, fortunatamente, hanno bisogno solo di pochi lavori per rientrare nella piena disponibilità dei proprietari. È arrivato però anche il momento di dire una volta per tutte se si vuole ricostruire, a partire dalle seconde case che sono oltre un terzo di quelle danneggiate e sono state per la prima volta ammesse a finanziamento. Nei borghi dove le abitazioni sono come incollate l’una nell’altra, ogni azione, smaltimento delle macerie compreso, rallenta per la mancanza di decisione. Ora che le norme sono state adeguate ci concentreremo, per così dire sulle firme”.
Firme ovvero assunzione di responsabilità, sulle decisioni, sui progetti e pure sulle autorizzazioni. Ad esempio quelle che certificano le lievi difformità edilizie su edifici distrutti e danneggiati dentro i comuni del cratere. Progettisti ed uffici comunali procedono con estrema cautela nonostante il DL 55/2018 consenta di presentare una richiesta di contributo insieme a una “segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria”. Il computo delle sanzioni, variabile tra i 516 e i 5.164 euro, esclude il 20% di difformità sui volumi realizzati rispetto al progetto originario come prevede il cosiddetto “piano casa”. Cosa non trascurabile in un cratere che interessa varie zone Parco, in alcuni casi si può chiedere l’autorizzazione paesaggistica con una tolleranza fino al 2%. Sono state semplificate anche le modalità per la certificazione di idoneità sismica necessaria per la chiusura delle pratiche di condono edilizio ancora in corso.
“Da qui in avanti sarà ancora più importante fare squadra con il ruolo fondamentale dei sindaci che potrebbero smetterla con le critiche strumentali che sono funzionali alla visibilità mediatica ma non nascondono a lungo i problemi di fondo – conclude Farabollini – Nonostante ogni sforzo attuato dallo Stato attraverso la struttura Commissariale nell’ultimo anno, compresi la concessione del contributo per la ricostruzione anche alle seconde case e lo snellimento progressivo delle procedure, non c’è norma che possa sostituirsi alla volontà”.
La superficie progressivamente definita dalle scosse del 2016 (24 agosto, 26 e 30 ottobre) e del 2017 (18 gennaio) è di 7.929 km2 e comprende 351 comuni delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Il cosiddetto “cratere” è costituito da 138 comuni. Sono 213 i comuni da cui è pervenuta almeno una segnalazione di danno.
Nell’area del cratere, al 31 luglio 2016 risiedevano 581.885 persone, per una superficie di 7.929 km quadrati ed una densità abitativa pari a 73 abitanti per km2. Le abitazioni occupate da almeno una persona erano 235.762, quelle vuote o seconde case 104.466 (la stima è del 31%).
Significativa la situazione delle macerie ancora presenti nei luoghi del sisma, al centro anche di un botta e risposta tra commissario e Regioni nei mesi scorsi. Secondo i piani di smaltimento redatti dalle Regioni, al 31 marzo 2019 erano stati rimossi oltre 1 milione e 700mila tonnellate di macerie in totale, rimanendo da rimuoverne quasi 800mila tonnellate. Nel dettaglio, in Umbria ne sono state rimosse 100mila (la pratica è stata bloccata giusto la settimana scorsa, dopo 8 mesi di stop) e ne mancano 53mila tonnellate. Più critica la situazione nelle altre regioni. In Abruzzo sono state rimosse oltre 45mila tonnellate, ne mancano 60mila. Nel Lazio rimosse ben 950mila, ne mancano 220mila. Nelle Marche sono state portate via 615mila tonnellate di macerie, da rimuovere ce ne sono ancora 464mila.
Il commissario straordinario nella sua relazione non ne fa menzione, ma per lo meno in Umbria rimane il grosso problema dello smaltimento delle macerie private, a carico dei cittadini se la discarica idonea si trova oltre 11 km dal proprio Comune. E’ il caso praticamente di tutti i cittadini della Valnerina, che non possono utilizzare la discarica di Misciano di Norcia riservata esclusivamente alle macerie pubbliche e che quindi devono pagare per trasportarle in altri territori.
Sulla base della stima del danno effettuata dal Dipartimento Protezione Civile sono stati previsti per la ricostruzione 22 miliardi di euro. Tra ricostruzione pubblica e privata, però, finora ne sono stati erogati circa 241 milioni.
Per quanto riguarda la ricostruzione pubblica, le ordinanze 14, 33, 23, 32, 64, 27, 48, 37, 56, 38, 84 (che prevedono circa 2.300 interventi escluse stalle ed aree camper) sono finanziate con circa 2,160 miliardi di euro dal MEF a mezzo legge di bilancio. Ad oggi sono stati erogati 41 milioni di euro a quei beneficiari che hanno avviato la fase di progettazione.
La ricostruzione privata (le cui domande scadono il 31 dicembre 2019) è invece finanziata con credito d’imposta. Man mano che vengono accolte le RCR (Richieste di Contributo Ricostruzione) presentate agli Uffici Speciali Ricostruzione regionali, si attinge dal plafond di liquidità che Cassa Depositi e Prestiti mette a disposizione delle banche che hanno aderito alla convenzione tra Commissario ed ABI. Lo stato garantisce il rimborso delle rate attraverso il credito d’imposta ceduto alle banche: queste, a fronte di pagamenti tempestivi, recuperano gli importi di conguaglio IRPEF. Dal 10 agosto 2017 al 25 giugno 2019 il tiraggio (cioè i fondi messi in circolo dalla CdP sulla privata complessivamente per le 4 regioni) è di circa 200 milioni di euro.
Dalla protezione civile nazionale sono stati effettuati 175.103 sopralluoghi (con relative schede, di cui 70.692 Aedes e 104.411 Fast). L’esito è stato di danno lieve per il 15,27%, danno grave 24,16% e 6% di schede da Fast da sottoporre a perizia privata; agibili il 54,57% degli edifici.
Secondo le stime, si attendono in totale 114.136 schede Aedes (di cui 95.176 nei comuni del cratere, 18.959 fuori dal cratere), di cui 34.816 con esito di agibilità, mentre le restanti per quasi due terzi relative a danni gravi e le altre lievi. In Umbria, ad esempio, si stimano 13.558 Aedes nei 15 Comuni del cratere e 6.459 fuori, con 8.055 richieste di contributo all’interno del cratere e 3.852 fuori: 5.361 per danni lievi, 6.546 per danni gravi.
Su 79.320 richieste di contributo per la ricostruzione attese nelle 4 regioni per la ricostruzione privata, dal report fornito dal commissario straordinario ne risultano presentate 7.268 per i danni lievi e 2.289 per quelli gravi, di cui meno di 3.000 accolte. In Umbria sono state presentate 1.113 richieste di contributo per la ricostruzione leggera ed appena 221 per quella pesante; finora ne sono state accolte in totale 535 e 44 respinte. Ne risultano in lavorazione 274 presso i Comuni, 150 presso professionisti e 357 presso l’ufficio speciale per la ricostruzione. Praticamente sono state presentate l’11% delle richieste stimate.