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Regione: caso vitalizi e altri 6 dirigenti

Mentre Giunta e Consiglio regionale attendono sabato di conoscere il loro destino, nei palazzi della politica umbra si discute di vitalizi e assunzioni. Questa mattina la Prima commissione dell’Assemblea legislativa dell’Umbria si è riunita a Palazzo Cesaroni per esaminare la proposta di legge dei consiglieri Donatella Porzi e Marco Vinicio Guasticchi (Pd) per la  rideterminazione dei vitalizi, come previsto dalla legge ‘145/2018’ (Bilancio dello Stato 2019).

I commissari torneranno a vedersi la settimana prossima per le audizioni con le associazioni degli ex consiglieri regionali dell’Umbria e per una seduta nella quale tornare ad esaminare la proposta di legge ed approvarla. L’obiettivo è quello di potare l’atto in Aula entro il 30 maggio, limite entro il quale approvare il provvedimento sui vitalizi per non incorrere in sanzioni, con un taglio dei trasferimenti statali.

L’obiettivo della legge è un contenimento della spesa pubblica attraverso la rideterminazione dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi già in essere secondo il metodo di calcolo contributivo. Il testo prevede cinque scaglioni per il riconteggio, ma contiene anche delle clausole di salvaguardia per evitare eventuali riduzioni eccessive degli assegni, come il
fatto che l’assegno non possa essere inferiore a due volte il trattamento minimo Inps, a meno che l’assegno non fosse già inferiore a questa soglia.Inoltre viene previsto che l’assegno vitalizio a seguito della rideterminazione non possa comunque superare l’importo dell’assegno attualmente percepito.


Altri 6 dirigenti in Regione

Ma intanto gli atti dell’esecutivo di Palazzo Donini continuano ad essere inviati dalle opposizioni alla Corte dei conti. Nel mirino del consigliere Sergio De Vincenzi sono finiti i bandi per l’assunzione a tempo indeterminato presso la Regione di 6 dirigenti. Un bando pubblicato lo scorso 19 febbraio. “Un iter – lamenta De Vincenzi – che già si preannunciava inopportuno alla luce delle tante segnalazioni della Corte dei Conti sugli assetti amministrativi dell’Ente ma che ora, alla luce delle dimissioni della presidente Marini, è assolutamente da annullare“.

Stando all’ultima riorganizzazione degli uffici regionali dello scorso mese di aprile, su 60 uffici dirigenziali regionali istituiti, circa la metà (29 per la precisione) hanno alle loro dipendenze 3 o meno posizioni organizzative (sezioni o professionali). “Siamo in presenza di una moltitudine di generali senza esercito – denuncia l’esponente di Umbria Next – ma pur sempre molto costosa: nel 2018, oltre agli stipendi, sono stati elargiti a 48 dirigenti premi di risultato per circa 3,2 milioni di euro. È la strada giusta per un nuovo richiamo della Corte dei conti“.

Una procedura da bocciare dunque, secondo De Vincenzi. Che argomenta questa sua posizione con considerazioni politiche, gestionali ed economiche. “Per quanto attiene alle prime – spiega – la questione è palese: la presidente Marini è dimissionaria e, ancorché la sua permanenza a Palazzo Donini sia congelata dai consiglieri della maggioranza Pd-Socialisti-MdP, la legislatura è di fatto conclusa. Ciò significa che il progetto politico ed amministrativo della Marini, semmai sia mai esistito, non ha più ragion di dar luogo a scelte amministrative che invece dovranno essere tutte ad appannaggio della successiva compagine di governo regionale, qualunque essa sia“.

Ma De Vincenzi eccepisce anche nel merito del bando. Si tratta infatti di 6 dirigenti con profilo giuridico amministrativo con diverse mansioni così individuate: esperto in normative e politiche per la semplificazione amministrativa; esperto in normative e politiche di gestione e valorizzazione del patrimonio della pubblica amministrazione; esperto in normative e politiche in materia di organizzazione regionale ed endoregionale; esperto in normative e politiche di governo e controllo di società partecipate; esperto in normative e politiche del lavoro; esperto in normative e politiche socio-sanitarie.

La prima criticità – afferma De Vincenzi – si riscontra nei titoli di studio universitari richiesti per l’accesso ai concorsi. Uno penserà che trattandosi di dirigenti amministrativi la laurea in giurisprudenza sia quella più indicata. La risposta è solo parzialmente affermativa, perché la laurea in giurisprudenza è requisito di accesso per il dirigente esperto di semplificazione amministrativa, per quello esperto di gestione del patrimonio, per quello esperto di organizzazione e per quello esperto di società partecipate. Per il dirigente esperto di politiche del lavoro, oltre alla laurea in giurisprudenza, vanno bene anche le lauree in scienze politiche ed economia e commercio. Per l’esperto di politiche socio-sanitarie, invece, va bene qualsiasi laurea: insomma il dirigente amministrativo che si occupa di politiche socio-sanitarie può anche essere laureato in ingegneria aerospaziale, matematica, lettere, filosofia e via dicendo, va bene tutto“.

Ma la criticità ancora più significativa è quella relativa all’ulteriore criterio di accesso richiesto, che prevede di aver già svolto come funzionario da almeno 3 anni le attività oggetto dei concorsi (5 anni nel caso dell’esperto di politiche socio-sanitarie, stranezza tra le stranezze). “Questo – evidenzia l’esponente di Umbria Next – è un criterio di accesso fortemente escludente per i candidati che legittimamente vorrebbero partecipare ai concorsi. Invece di favorire la partecipazione e scegliere i migliori tra i molti si preferisce, in qualche modo, scegliere tra i pochi, anche rischiando di assumere i meno bravi e preparati. È un controsenso che potrebbe portare all’impugnazione delle procedure concorsuali davanti al giudice amministrativo, mentre la Direttiva approvata in tutta fretta dalla Giunta regionale sulla trasparenza delle procedure concorsuali nulla può rispetto a concorsi così congegnati“.

E poi, per De Vincenzi tutte queste assunzioni di dirigenti potrebbero semplicemente non avvenire se la Giunta regionale razionalizzasse le strutture dirigenziali esistenti, accorpando quelle con poche strutture e pochi dipendenti e, cosa non da poco, senza spendere un euro in più.