Domenica 4 dicembre si vota: gli italiani sono chiamati a scegliere tra il “sì” e il “no” al referendum costituzionale proposto dal governo Renzi. Il dibattito politico è stato, nelle ultime settimane, del tutto assorbito dalla campagna referendaria, con talk show e approfondimenti dedicati che hanno quasi monopolizzato la comunicazione su vari canali, spesso alla conquista di chi si colloca nella fetta, ancora abbastanza ampia a detta dei sondaggi, degli indecisi. Nel rispetto della libertà di voto, proviamo a fare chiarezza su cosa andremo a votare domenica prossima, rispondendo ad alcuni dei dubbi più comuni.
Per cosa votiamo? – Gli italiani sono chiamati alle urne per scegliere se riformare o meno la Costituzione Italiana. Dopo un lungo processo di discussione della proposta di riforma affrontato da Camera e Senato, saranno 47 gli articoli, in caso di vittoria del sì, ad essere riformati.
Quali sono i quesiti referendari principali? – Come troveremo anche scritto sulla scheda consegnata ai seggi elettorali, i principali punti proposti dalla riforma Boschi-Renzi riguardano: l’abolizione del bicameralismo paritario. Il Parlamento italiano è infatti composto da due camere eguali, con gli stessi poteri e di simile composizione. In caso di vittoria del no, tutto resterà come adesso, mentre nel caso passi la riforma la legislazione ordinaria spetterà solo alla Camera. Nella riforma, a riguardo sono indicate le materie per competenza (riforme costituzionali, tutela delle minoranze, disciplina dei referendum popolari, approvazione delle normative e dei trattati comunitari, elezione del presidente della Repubblica, ad esempio). Altro punto della testo che potrebbe essere approvato il 4 dicembre è la riforma del titolo V: il riparto delle funzioni legislative tra Stato e Regioni con il sì verrà infatti ridefinito. Altro punto fondamentale riguarda la composizione del Senato, che avrà tra i suoi scranni 100 rappresentanti (e non 315 come adesso): a Palazzo Madama ci saranno 95 persone dai Consigli regionali, 5 nominate dal presidente della Repubblica (tra sindaci e consiglieri regionali). Gli unici senatori a vita saranno inoltre gli ex presidenti della Repubblica. In caso di vittoria del sì, scompariranno le Province (già in corso)e il Cnel, Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. La riforma introdurrà anche i referendum abrogativi e le proposte di legge popolari, per le quali saranno però necessarie almeno 150mila firme, e non più solo 50 mila come accade adesso.
E’ previsto un quorum? – Non è previsto nessun quorum. Al momento dell’apertura delle urne, ad aggiudicarsi il risultato referendario sarà la maggioranza dei sì o dei no.
Nel referendum non è prevista la riforma elettorale. Ciò vuol dire che l’Italicum non fa parte dei quesiti per i quali gli italiani voteranno il 4 dicembre. Tuttavia, tra i dubbi più comuni nei confronti del sì al referendum c’è il cosiddetto “combinato disposto”. Ci sarebbe infatti il rischio che, a fronte di nuove elezioni con un sistema tripartitico come il nostro (Pd, centro-destra e M5S) chi raggiunge il 15-20% delle preferenze potrebbe affermarsi alla Camera, controllando non solo il Governo, ma anche l’elezione degli organi di garanzia. Chi è per il sì al referendum del 4 dicembre, risponde affermando che la riforma prevede un quorum più alto, proprio per evitare tale rischio.
Immunità e poteri dell’esecutivo – Se vince il sì inoltre, resta l’immunità parlamentare e scompare anche il limite di età per essere eletti al Senato: si può dunque avere anche meno di 40 anni. Sempre in caso passi la riforma, verrà inserita, nella Costituzione, una “via preferenziale”, definito “voto a data certa”: tale strumento consentirà al governo di accelerare l’iter di approvazione di leggi ritenute importanti per il suo programma politico.
Scenari politici, alleanze, futuro – In questi ultimi mesi, il referendum costituzionale è stato spesso utilizzato, dai vari partiti del Paese, come strumento di campagna politica alla ricerca del consenso. Gli scenari, sia in caso di vittoria del sì o del no, sono molto incerti, nonostante lo stesso premier Renzi abbia affermato di non essere disposto “a galleggiare” in caso di vittoria del no. Fatti salvi gli endorsement di politici europei, o di testate internazionali come The Economist, a favore della riforma ci sono la maggioranza del Partito democratico e i centristi di Alfano. Per il no ci sono invece il Movimento Cinque Stelle, la Lega, Forza Italia, Monti e la minoranza Pd.
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