Istituzioni

Reddito di cittadinanza, incubo burocratico per una donna sola con tre figli

Il Reddito di cittadinanza costituisce una misura innovativa per contrastare la povertà, ma tra conti fatti male, lungaggini burocratiche e impicci di vario tipo, rischia di lasciare molti richiedenti con l’amaro in bocca.

In Umbria arriveranno a circa 10mila le domande per il sostegno ai bassi redditi, un quinto dei poveri stimati. Ma tra questi c’è anche chi rischia di avere una brutta sorpresa. E’ il caso i una donna di Foligno, separata con tre figli, che decide di scriverci per tentare di risolvere il suo problema. La signora è sono ormai mesi che, dopo aver presentato la domanda, segue continui rimbalzi da un ufficio all’altro senza ottenere alcun risultato: all’istanza manca un documento e il Reddito, con la famosa card da spendere, non arriva.

La storia inizia il 14 marzo, con la signora che si reca all’Ufficio postale a fare domanda per il sussidio, il 21 dello stesso mese il primo riscontro: un messaggio con il numero di protocollo assegnato. La card però non arriva e Laura (nome di fantasia) si mette in moto per capire quale sia il problema.

Lo scopre quasi subito: alla sua domanda manca un allegato, le “Comunicazioni dei benefici di reddito e pensione di cittadinanza attiva di lavoro e altre variazioni”, nonostante l’operatore delle poste alla quale la signora di era rivolta per la prima domanda avesse messo, in un appunto, tutto nero su bianco.

La signora si rivolge quindi a un patronato della città per sistemare la domanda, ma la Card continua a non arrivare. Seguono dunque continui rimbalzi tra l’Inps che sostiene ad oggi di non aver ricevuto nulla e il CAF che dice che tutto è stato inviato regolarmente. Così continua la spola finché non arriva la sorpresa: la domanda risulta inesistente e bisogna farla daccapo.

La donna che attualmente guadagna poco più di 400 euro al mese, con un contratto part time, si trova davvero in difficoltà, nonostante le spetterebbe una sovvenzione pubblica e la possibilità di essere chiamata per un lavoro più remunerativo, così come prevede la legge dello Stato.

Chi si occupa di queste situazioni in maniera specifica, come i patronati, ammette che di casi limite ne esistono molti. Casistiche di realtà soffocate dalla burocrazia e dalle lungaggini, a scapito della persona e delle famiglie. “L’unica possibilità – fanno sapere dalla Uil – è quella di inviare una comunicazione certificata all’Inps, spiegando nel dettaglio la questione. Oppure, ahimè, ripetere le pratiche”.