Categorie: Perugia Web & Media

Questa notizia è vera? Il fake, i social media e il ciclo virtuoso dell'informazione

Sara Cipriani

Qual'è il confine che divide una notizia vera da una notizia falsa? E' una delle domande che in questi ultimi tempi spesso rimbalzano tra gli addetti ai lavori, giornalisti, giornalai e opinionisti. Poco, a dir la verità, tra i “fruitori delle informazioni” – riduttivo di questi tempi definirci semplicemente lettori.

La questione è seria. Le notizie in Italia, ma anche oltre confine, sono frequentemente deformate, addomesticate, spesso manipolate. D'altra parte sembra esserci da parte dei fruitori una tacita accettazione, una rassegnazione, un “ma tanto le cose vanno così, che ci vuoi fare”. Un atteggiamento che di certo agevola l'immissione in circolo di qualsiasi “verità”.

Il contesto – E su questo importante nodo si è dibattuto, raccontato e lavorato lo scorso 4 Ottobre a Perugia, nel primo degli appuntamenti del Festival delle Idee Euromediterranee, organizzato da Manuela Vena e Silvio Nocera, all'interno del più ampio contenitore di Sottosuolo Festival. Tra gli attori della giornata: giornalisti e addetti ai lavori di diversa estrazione insieme ad un gruppo di studenti dell'Università di Perugia.

I collegamenti – Fil rouge, anche se con varie declinazioni, è stato l'impatto che i nuovi media, in particolare quelli con accezione di social, hanno avuto nello sviluppo della Primavera Araba. Il racconto si è subito mostrato stimolante, con il primo intervento via Skype di Chiara Cruciati, giovane freelance dell'Agenzia Nena, Palestina. Chiara ha raccontato di come la Primavera Araba non sia partita dai social network, piuttosto da un reale disagio vissuto dal popolo. Non a caso gli scontri, tragicamente veri, sono avvenuti e continuano ad accadere lungo le strade e nelle piazze di tutto il Medio Oriente. I social network hanno semmai amplificato la voce dei racconti e delle denunce di quanto stava accadendo, sovrastando il silenzio dei media addomesticati dai regimi. Le notizie, hanno trovato nuove strade per arrivare ai propri lettori, agevolando il diffondersi di verità nascoste o manipolate. Proprio questo aspetto è stato confermato da Anis Bedda, blogger tunisino attualmente espatriato in Belgio. Anis ha raccontato di aver preso coscienza di quanto stesse accadendo nel suo paese solo dopo essere uscito dalla Tunisia. Questo a confermare che la diffusione non corretta delle notizie può modificare la percezione della realtà. Anis ha poi vissuto un'esperienza del tutto opposta, che l'ha visto diventare inconsapevole leader di un presunto “movimento” solo per aver pubblicato in rete alcuni post sulla rivoluzione; considerazioni che hanno iniziato a rimbalzare sul web con grandissimo riscontro, fino ad indurre in errore anche la redazione di un canale tv europeo che ha contattato Anis per un'intervista in esclusiva.

A questo punto si inserisce la questione della verifica della notizia. Chi e come garantisce che le notizie nelle quali, con tanta facilità, ci imbattiamo sono vere veramente? A questo proposito è stata molto interessante la testimonianza della giornalista Salam Khoder di Skynews Arabia. La sua è una storia di fronti di rivoluzione e campi profughi, dove molte sono le voci che si rincorrono e difficile trovare dei riscontri. L'esempio portato da Salam è quello di un video che gira in rete e denuncia la presenza di alcuni container nel porto di Tripoli, stipati di profughi. Il video mostra il momento in cui questi container vengono gettati nelle acque del porto. Ad oggi, nonostante la ricerca continua di conferme e il fatto che il governo libico sembri non smentire l'accaduto, non si può certo dire che quel video testimoni un fatto realmente accaduto.

A seguire le esperienze di altri relatori, tra cui Andrea Billau conduttore di Radio Migrante su Radio Radicale che ha parlato di contro informazione e necessità di imparare a discernere le false informazioni e l'intervento sull'editoria locale online e rapporto tra news iperlocali e lettori curato da TuttOggi.info.

Il laboratorio – Questi ultimi esempi hanno traghettato la parte teorica degli interventi a quella operativa del workshop: la creazione e la divulgazione di un fake, ossia di una notizia falsa ma plausibile, attraverso i social network. Il lavoro con gli studenti, coordinati dalla Prof.ssa Flavia Baldassarri, si è svolto il 3 fasi:
– il brain storming per individuare una notizia che, seppur falsa, fosse credibile, legata agli argomenti trattati la mattina ed al contesto sociale vissuto dai ragazzi;
– la realizzazione di un video che potesse dare spessore e avvalorare il lancio del post in rete;
– il lancio della notizia sui social network, dove precedentemente era stato preparato il terreno e un po' di aspettativa con domande e commenti.

Ecco il risultato dell'operazione: La Finta Notizia e Il Video realizzato grazie alla dinamica professionalità di Nicola Palumbo. La prima pbblicazione del video non aveva ovviamente la ficitura di notizia falsa. La reazione è stata, ahimè, soddisfacente. Molti i like, le condivisione e molti anche i commenti di partecipazione. Nessun segnale di perplessità, nessuna richiesta di conferma ufficiale.

Se è pur vero che il lavoro del giornalista dovrebbe essere quello di raccontare fatti in modo obiettivo e distaccato, senza abusare della propria professione e senza rendersi corriere di voci altrui, è altrettanto forte la sensazione che i lettori, i telespettatori, i fruitori delle informazioni sono distratti e continuano a subire l'informazione, prendendo per buono molto di quanto viene pubblicato e divulgato.

Il ciclo virtuoso della notizia, oggi che i mezzi ce lo consentono, dovrebbe invece essere frutto di una sinergia, l'anello ininterrotto tra produttore e fruitore di news. Il ciclo in cui il giornalista è garante, con la sua professionalità e il fruitore la diretta conferma, testimonianza, interazione e arricchimento. Parte attiva dell'informazione.

Video Nicola Palumbo