Una vera e propria raffica di richieste di scarcerazione sono state presentate al tribunale del riesame nell’ambito dell’inchiesta “Quarto Passo”. Le posizioni di circa 15 indagati nell’inchiesta sulla ’ndrangheta umbra dei carabinieri del Ros sono state valutate dal collegio presieduto da Giuseppe Narducci. Dopo gli interrogatori di garanzia della settimana scorsa diverse sono le persone (naturalmente con posizioni secondarie) uscite definitivamente dall’inchiesta.
Il tribunale del riesame ha annullato anche il sequestro della copisteria “Il Copione” e restituito l’attività ed una somma di denaro anch’essa sequestrata, nella sua abitazione, al proprietario. Le copisterie sequestrate nell’ambito dell’inchiesta erano due. Per due ragioni diverse. La copisteria “Da Luiss” intestata a Luigi Orlando (uno degli arrestati) e considerata riconducibile al clan di ‘ndrangheta è stata colpita in esecuzione del sequestro preventivo propedeutico alla confisca – disciplinato dall’art. 321 cpp e 12 sexies l. 356/92.
Mentre la copisteria “Il Copione” (Aggiornamento: http://goo.gl/jSzPtE), poi “Copy One” e poi Unycopy, era stata sequestrata all’esito della perquisizione locale disposta dal pubblico ministero Antonella Duchini perché all’interno è stato rinvenuto materiale ed elementi che attestavano violazioni dell’articolo 171 ter Legge 633/1941 (norme a tutela dei diritti d’autore).
Di fatto in entrambe le copisterie, ubicate nel centro storico di Perugia, nella zona universitaria, secondo gli investigatori, venivano fotocopiati, duplicati, distribuiti, ceduti e /o venduti libri in violazione di tali norme ad un prezzo molto più conveniente rispetto al costo di vendita del libro nelle librerie. Del resto anche Tuttoggi aveva documentato come fosse semplice entrare nei negozi ed uscire con un libro fotocopiato e pagato “sottocosto”.
Dissequestrato anche il pub “Merlin” situato in pieno centro storico e finito nel ciclone Con tanto di sigilli “per aver ospitato incontri segreti tra i vari boss e i rappresentanti dei clan calabresi”. Ma dopo ben dodici giorni di arresti domiciliari, ecco il ritorno alla libertà dei due fratelli titolari del locale. Con la revoca della misura da parte del gip Avenoso che suona come una rivincita. Nel provvedimento di revoca emerge che il coinvolgimento era stato frutto di un “ipotetico fallimento”. E che i soggetti che frequentavano il pub (i capi clan) erano “clienti occasionali, che pagavano regolarmente i pranzi consumati. E avevano a che fare con i fratelli solo per il fatto che i due gestivano la sala e il servizio ai tavoli”.
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