(Adnkronos) - Cinque udienze, circa due mesi di processo e la prima sentenza che arriva a poco più di un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin, la vittima diventata simbolo della lotta al patriarcato. Oggi, martedì 3 dicembre, l'imputato Filippo Turetta, giudicato dalla corte d'Assise di Venezia, conoscerà la sua condanna per l'omicidio dell'ex fidanzata uccisa con 75 coltellate la sera dell'11 novembre 2023.
Salvo sorprese sarà presente in aula e siederà tra i suoi difensori, gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, a pochi passi da lui ci sarà papà Gino Cecchettin che ha creato una fondazione dopo la morte della figlia. "Non mi auguro nessuno tipo di vendetta, sono sicuro che i giudici decideranno al meglio - ha detto Gino Cecchettin - Ho piena fiducia nelle istituzioni, la pena che decideranno i giudici sarà quella giusta".
Dopo le eventuali repliche, il giovane di Torreglia (Padova) potrebbe decidere di fare brevi dichiarazioni spontanee, l'ultimo atto prima che i giudici si ritirino in camera di consiglio per uscirne con il verdetto. L'ergastolo è la richiesta pronunciata in aula dal pm Andrea Petroni, è la pena che si aspettano tutti, anche l'imputato che a testa bassa, come si mostra in aula, sta provando a ricostruirsi. Un percorso che, in carcere, richiederà lavoro e anni.
Ai giudici togati e popolari non spetterà stabilire la responsabilità del reo confesso, ma decidere se sussistono le aggravanti contestate (la premeditazione, la crudeltà e lo stalking) e se un ventiduenne merita -data la giovane età e l'incensuratezza - una condanna a 30 anni e non il fine pena mai. Se per la difesa l'ergastolo è "inumano", per l'accusa è l'unica condanna possibile per chi ha premeditato di uccidere. Per il pm Andrea Petroni, il delitto "è l'ultimo atto del controllo" esercitato sull'ex fidanzata, laureanda in Ingegneria biomedica. L'azione dell'imputato è "manipolatoria": incalza la compagna di studi, la tormenta, gioca sui sensi di colpa, invia decine e decine di messaggi al giorno, minaccia il suicidio come forma di "ricatto".
In quel rapporto altalenante iniziato nel gennaio 2022 e interrotto definitivamente a fine luglio 2023, le richieste sono "ossessive e ci sono dei principi di violenza fisica".
Giulia Cecchettin "già ad ottobre del 2022 dichiara di avere paura, lo ribadisce a ottobre 2023 in un messaggio: 'mi spaventi, tu ti comporti come uno psicopatico, inizi a farmi paura'". Ossessionato, asfissiante con chat di minacce e insulti, manipolatore, capace di usare il ricatto del suicidio per tenerla legata a sé, Filippo Turetta che "aveva tutte le possibilità e gli strumenti culturali per scegliere" premedita di uccidere. Almeno quattro giorni prima si appunta ciò di cui ha bisogno: coltelli, nastro per legarla e impedirle di urlare, cartine stradali per la fuga, contanti per evitare di essere rintracciato, sacchi neri, sono solo alcuni degli oggetti elencati.
Di fronte all'ennesimo rifiuto di tornare insieme, Turetta entra in azione. A Vigonovo, in un parcheggio a 150 metri da casa Cecchettin, impugna un coltello e inizia a colpire.
Sono i primi sei minuti di un'aggressione in tre fasi che ne dura in tutto venti. La costringe a salire in auto dove infierisce ancora, e quando nella zona industriale di Fossò (Venezia) scappa, la raggiunge, la spinge a terra e la finisce con una seconda lama.
La carica in auto e la abbandona a cento chilometri da casa, in un anfratto vicino al lago di Barcis. La copre con i sacchi neri per celare l'orrore delle 75 coltellate, ben 25 da difesa a testimoniare che la vittima ha lottato a lungo.
La fuga in auto finisce una settimana dopo in Germania. "Non si costituisce, la sua è una resa. Ha finito i soldi e si prepara all'arresto cancellando le prove sul cellulare" ed è anche per questo che merita l’ergastolo, sancisce il pubblico ministero. Nella confessione in carcere, in lunghe memorie scritte in carcere e nell'interrogatorio in aula, l'imputato confessa l'incapacità di accettare un no.
"Ho ucciso Giulia perché non voleva tornare con me, avevo rabbia, soffrivo di questa cosa. Io volevo tornare insieme a lei e di questo soffrivo molto e provavo risentimento, molto, verso di lei". Un anno dopo, Turetta giudica male se stesso. "E' giusto espiare la colpa e provare a pagare per quello che ho fatto. Vorrei non aver fatto a lei questa cosa terribile. In certi momenti vorrei chiedere scusa, ma credo sia ridicolo visto l'ingiustizia che ho commesso. Mi dispiace tantissimo". La sentenza per quello che ha fatto a Giulia Cecchettin oggi, martedì 3 dicembre, spetta ai giudici.
(Adnkronos) – Cinque udienze, circa due mesi di processo e la prima sentenza che arriva a poco più di un anno dal femminicidio di Giulia Cecchettin, la vittima diventata simbolo della lotta al patriarcato. Oggi, martedì 3 dicembre, l’imputato Filippo Turetta, giudicato dalla corte d’Assise di Venezia, conoscerà la sua condanna per l’omicidio dell’ex fidanzata uccisa con 75 coltellate la sera dell’11 novembre 2023.
Salvo sorprese sarà presente in aula e siederà tra i suoi difensori, gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, a pochi passi da lui ci sarà papà Gino Cecchettin che ha creato una fondazione dopo la morte della figlia. “Non mi auguro nessuno tipo di vendetta, sono sicuro che i giudici decideranno al meglio – ha detto Gino Cecchettin – Ho piena fiducia nelle istituzioni, la pena che decideranno i giudici sarà quella giusta”.
Dopo le eventuali repliche, il giovane di Torreglia (Padova) potrebbe decidere di fare brevi dichiarazioni spontanee, l’ultimo atto prima che i giudici si ritirino in camera di consiglio per uscirne con il verdetto. L’ergastolo è la richiesta pronunciata in aula dal pm Andrea Petroni, è la pena che si aspettano tutti, anche l’imputato che a testa bassa, come si mostra in aula, sta provando a ricostruirsi. Un percorso che, in carcere, richiederà lavoro e anni.
Ai giudici togati e popolari non spetterà stabilire la responsabilità del reo confesso, ma decidere se sussistono le aggravanti contestate (la premeditazione, la crudeltà e lo stalking) e se un ventiduenne merita -data la giovane età e l’incensuratezza – una condanna a 30 anni e non il fine pena mai. Se per la difesa l’ergastolo è “inumano”, per l’accusa è l’unica condanna possibile per chi ha premeditato di uccidere. Per il pm Andrea Petroni, il delitto “è l’ultimo atto del controllo” esercitato sull’ex fidanzata, laureanda in Ingegneria biomedica. L’azione dell’imputato è “manipolatoria”: incalza la compagna di studi, la tormenta, gioca sui sensi di colpa, invia decine e decine di messaggi al giorno, minaccia il suicidio come forma di “ricatto”.
In quel rapporto altalenante iniziato nel gennaio 2022 e interrotto definitivamente a fine luglio 2023, le richieste sono “ossessive e ci sono dei principi di violenza fisica”.
Giulia Cecchettin “già ad ottobre del 2022 dichiara di avere paura, lo ribadisce a ottobre 2023 in un messaggio: ‘mi spaventi, tu ti comporti come uno psicopatico, inizi a farmi paura’”. Ossessionato, asfissiante con chat di minacce e insulti, manipolatore, capace di usare il ricatto del suicidio per tenerla legata a sé, Filippo Turetta che “aveva tutte le possibilità e gli strumenti culturali per scegliere” premedita di uccidere. Almeno quattro giorni prima si appunta ciò di cui ha bisogno: coltelli, nastro per legarla e impedirle di urlare, cartine stradali per la fuga, contanti per evitare di essere rintracciato, sacchi neri, sono solo alcuni degli oggetti elencati.
Di fronte all’ennesimo rifiuto di tornare insieme, Turetta entra in azione. A Vigonovo, in un parcheggio a 150 metri da casa Cecchettin, impugna un coltello e inizia a colpire.
Sono i primi sei minuti di un’aggressione in tre fasi che ne dura in tutto venti. La costringe a salire in auto dove infierisce ancora, e quando nella zona industriale di Fossò (Venezia) scappa, la raggiunge, la spinge a terra e la finisce con una seconda lama.
La carica in auto e la abbandona a cento chilometri da casa, in un anfratto vicino al lago di Barcis. La copre con i sacchi neri per celare l’orrore delle 75 coltellate, ben 25 da difesa a testimoniare che la vittima ha lottato a lungo.
La fuga in auto finisce una settimana dopo in Germania. “Non si costituisce, la sua è una resa. Ha finito i soldi e si prepara all’arresto cancellando le prove sul cellulare” ed è anche per questo che merita l’ergastolo, sancisce il pubblico ministero. Nella confessione in carcere, in lunghe memorie scritte in carcere e nell’interrogatorio in aula, l’imputato confessa l’incapacità di accettare un no.
“Ho ucciso Giulia perché non voleva tornare con me, avevo rabbia, soffrivo di questa cosa. Io volevo tornare insieme a lei e di questo soffrivo molto e provavo risentimento, molto, verso di lei”. Un anno dopo, Turetta giudica male se stesso. “E’ giusto espiare la colpa e provare a pagare per quello che ho fatto. Vorrei non aver fatto a lei questa cosa terribile. In certi momenti vorrei chiedere scusa, ma credo sia ridicolo visto l’ingiustizia che ho commesso. Mi dispiace tantissimo”. La sentenza per quello che ha fatto a Giulia Cecchettin oggi, martedì 3 dicembre, spetta ai giudici.