Categorie: Cultura & Spettacolo Evidenza Umbria | Italia | Mondo Umbria Jazz

Prince è morto, ma il “Segno dei Tempi” non si cancellerà mai

Quando nel brillante mondo dello spettacolo americano muore una delle star più luminose, e questo accade all’improvviso senza motivi apparenti o premonitori, si sente spesso dire che si è trattato di malori “banali” che poi  invece all’improvviso si trasformano in drammatici epiloghi.

Anche stavolta una “banale” influenza, secondo quanto detto dal suo manager, aveva costretto Roger Nelson, in arte Prince, ad annullare due concerti  lo scorso 15 aprile, prima che la cosa si trasformasse nel corso della giornata di oggi, intorno alle 16,40 in Italia, le 9,40 in America, nel dramma che conosciamo. Le autorità locali di Minneapolis hanno risposto a un’emergenza medica presso la struttura di Paisley Park, dove ha sede anche lo studio di registrazione del cantante e quando sono giunte sul posto non hanno potuto far altro che constatare il decesso. Ora cosa sia veramente successo lo vedremo scritto nei prossimi giorni distillato con il contagocce per le solite ragioni di opportunità che potremmo leggere anche come, motivi ereditari, di diritti e chissà che altro. Soldi insomma. La polizia intanto ha aperto una inchiesta formale.

La memoria- Quello che invece non se ne andrà mai più è la memoria, l’impronta, le immagini e sopratutto tutta la musica che questo incredibile piccoletto dai tacchi alti è riuscito a scrivere e creare nei suoi 57 anni di vita. Molti artisti famosi, uno per tutti Miles Davis, ne avevano intuito il genio compositivo tanto da sentenziare che Prince poteva tranquillamente paragonarsi a Duke Ellington. Ma si sa, Miles era un provocatore nato e cresciuto ed anche in questa occasione si attirò le ire dei jazzisti puri come Wynton Marsalis.

Ma sfidiamo chiunque abbia avuto 20anni negli anni ’80 a non trovare del maledetto “genio” in dischi come Sign o’ the Times dove rock, pop, soul e funk si mescolano in soluzioni ardite e totalmente innovative. Il tutto in un periodo dove le militanze musicali (o sei punk o sei rock, o sei jazz o sei classico etc. ) si stavano dissolvendo in nuove esperienze.

Chitarra, sesso e contenuto- Prince era un chitarrista divino, così tanto che ormai molti addetti ai lavori lo considerano la seconda chitarra nera della storia dopo Jimi Hendrix. Ma dove Roger Nelson colpiva duro era nell’arte comunicativa. Della sua smodata passione per donne e sesso e chissà che altro, aveva fatto una base inscalfibile per attraversare tutti gli anni ’80 e buona parte di quelli ’90, propagandando di se una immagine a metà tra un satiro ed un feticista incallito, circondandosi sul palcoscenico di musiciste che dire belle e brave è quasi una battuta comica.  Ancora una volta geniale. E come i grandi (vedi David Bowie) amava cambiarsi nome in base alla sostanza musicale del momento. Così ricorderemo nella sua storia l’apparire di Tafkap (The Artist Formerly Known As Prince), The Artist  e Symbol. Anche in questo caso stupendo il pubblico per l’impersonalità del gesto che reclamava attenzione per il contenuto e non il contenitore.

Prince a Umbria Jazz– L’Umbria lo ricorda protagonista di un memorabile concerto nell’edizione 2011 di Umbria Jazz, all’arena Santa Giuliana.

PRINCE A UMBRIA JAZZ, IERI SERA IL VERO EVENTO DELL’EDIZIONE 2011 DELLA KERMESSE MUSICALE

Quella notte sarà difficile da dimenticare perchè il folletto di Minneapolis, era notorio, se si divertiva in concerto prolungava la performance a tempo indefinito. E così quell’estate di 5 anni fa Prince suonò per circa 3 ore per 7mila spettatori osannanti. Fu un evento straordinario, pieno di contenuti tecnici, musicali e scenografici. Anche se di quella performance, a causa di un divieto draconiano per le riprese video e fotografiche, non rimane molta traccia. Si trova qualcosa in rete, ovviamente non autorizzata.

Ma ciò che conta in questo momento è il “segno dei tempi”, quel Sign o’ the Times che lascia incisa in profondità la storia di un grande musicista e che nessuna barbarie successiva cancellerà mai. Per nostra fortuna e di chi verrà dopo.

Riproduzione riservata