Il 9 marzo è stato ricordato il primo anniversario del terremoto che ha colpito la zona dell’alta valle perugina del Tevere, in particolare i centri abitati di Pierantonio (Umbertide) e Sant’Orfeto (Perugia), causando numerosi danni ad immobili di civile abitazione e di realtà produttive, con diverse centinaia di senzatetto.
Nel pomeriggio del 9 marzo, nella piazza principale di Pierantonio, l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Ivan Maffeis ha presieduto la celebrazione eucaristica insieme al parroco don Raffaele Zampella a cui hanno partecipato numerosi fedeli e rappresentanti delle Istituzioni civili. Monsignor Maffeis, nell’omelia, ha contestualizzato la Parola di Dio alla situazione odierna vissuta dalle popolazioni terremotate.
«Uno spunto per leggere la situazione che stiamo vivendo ce lo offre la pagina appena ascoltata dal Secondo Libro delle Cronache – ha esordito l’arcivescovo -. Il testo si apre con un affresco drammatico: la tragedia della guerra e della distruzione del tempio e, quindi, della città di Gerusalemme e la deportazione dei sopravvissuti in Babilonia. Nel nostro caso, la causa è stata un evento naturale, un terremoto; l’esito però è stato analogo: abitazioni e chiese non più agili, tante famiglie costrette ad andarsene altrove, la comunità dislocata, smembrata, privata dei punti di riferimento di ieri. Il brano delle Cronache si chiude però con la prospettiva assicurata dall’editto di Ciro, che consente il ritorno dall’esilio e la ricostruzione: “Chiunque di voi appartiene al suo popolo, il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”, ovvero torni a casa».
Prendendo lo spunto da «un sondaggio pubblicato oggi da un quotidiano nazionale», monsignor Maffeis si è soffermato sull’importanza del territorio, «il primo punto di riferimento per gli italiani inteso come il luogo che permette di conoscersi e riconoscersi. Lo stesso sondaggio fa però notare che il legame con il territorio non va di pari passo con la fiducia negli altri e, in generale, con la “fede”, che è all’origine della “fiducia”, e che è diventata più instabile. Si vive schiacciati sul presente, con il rischio di perdere il futuro».
«A distanza di un anno – ha proseguito l’arcivescovo -, ringraziamo quanti, spesso nel silenzio, si sono spesi per alleviare le sofferenze e i disagi di chi è stato colpito dal sisma, curando anche il rapporto con le Istituzioni per non essere dimenticati. Non smettiamo di fare – e di farla insieme – la nostra parte per sostenere un processo di futuro: stando vicino alle persone, innanzitutto, perché nessuno si senta abbandonato; portando avanti le iniziative che ci aiutano a riconoscerci comunità – e la giornata odierna è senz’altro tra queste – e lavorando per la ricostruzione. Come Chiesa nei prossimi mesi cercheremo di riaprire un paio di chiese».
Avviandosi alla conclusione, monsignor Maffeis ha avuto parole di speranza per tutti: « Ci sostiene la fiducia nelle parole che nel Vangelo odierno Gesù rivolge a Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo”. Davanti a quello che accade, a noi spesso viene più facile fermarci a denigrare e a scuotere sconsolati la testa. Dio, invece, ama questo mondo, con la fame e la sete di vita che ci portiamo dentro; lo ama nonostante gli errori, i ritardi, le crisi, le cadute e le ansie che ci accompagnano. Non ascoltare, allora, le voci che ti incutono paura e scoraggiamento, perché queste voci non vengono da Dio. Se torniamo a fidarci, ogni giorno possiamo rinascere alla speranza, alla voglia di custodire e coltivare la nostra preziosità e quella delle persone che la vita ci ha messo accanto».
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