Quasi 20 anni dopo una delle vicende che sconvolsero letteralmente tutta la vallata e l’Italia intera, si torna a parlare di Giorgio Giorni, imprenditore originario di Sansepolcro condannato nel 2005 all’ergastolo per l’omicidio e la violenza sessuale commessi a Città di Castello sulla piccola Maria Geusa, di nemmeno 3 anni, figlia della donna con cui allora aveva una relazione, condannata a sua volta a 15 anni per concorso.
Oggi Giorgio Giorni, 51 enne (all’epoca dei fatti ne aveva 33) è recluso nel carcere di Pesaro, dove sta scontando la condanna a vita ma, da un anno, ha ottenuto un permesso premio per poter uscire dal carcere una volta al mese, per 4 ore, e passeggiare per la città marchigiana, ovviamente sempre accompagnato e con divieti strettissimi, come quello di non avvicinarsi a strutture frequentate da minori, navigare su internet e comunicare solo ed esclusivamente con i familiari.
Da quanto emerge, però, la nuova inchiesta a suo carico è stata aperta dalla procura di Pesaro proprio per la violazione di alcuni di questi divieti: il 51enne di Sansepolcro, infatti, secondo quanto relazionato dalla squadra mobile del capoluogo, avrebbe usato indebitamente il telefonino – comprato dal fratello e a lui consegnato da un dirigente dell’associazione Isaia (“accompagnatore” durante le uscite premio) – per contattare un altro uomo che, nel 2016, fu condannato per pedofilia e arrestato anch’esso per violenza sessuale su un minore.
Sempre secondo le indagini della Polizia l’ergastolano sarebbe riuscito anche ad usare internet (ma gli accertamenti sul traffico web del telefono sarebbero stati negativi) oltre ad essere visto gravitare nei pressi di un parco dove si stava tenendo un centro estivo per bambini, ma anche di un’associazione frequentata da minori e di uno scuolabus. Oltre a Giorni l’inchiesta vede indagati il fratello e il presidente dell’associazione.