Un’economia umbra che cresce a ritmo moderato, frenata da alcune debolezze strutturali del sistema produttivo (la produttività e la scarsa managerialità delle imprese), con gli imprenditori che, di fronte alle incertezze internazionali e della situazione politico-economica nazionale, assumono per lo più un atteggiamento prudente. E questo, rilevano gli analisti della Banca d’Italia di Perugia nel consueto aggiornamento di novembre, nonostante gli ordini industriali ed i fatturati dell’industria siano aumentati ancora, estendendosi finalmente alle piccole imprese. Dati che si riscontrano in tutti i principali settori, con la meccanica e l’abbigliamento a fare da locomotive, visto l’andamento dell’export (rispettivamente +11% e +8,8% le vendite all’estero nei primi sei mesi dell’anno). Ma è un po’ tutta la produzione made in Umbria a piacere all’estero: qui le esportazioni (+5,6%) sono cresciute più che nel resto d’Italia (3,7%).
Quella umbra, però, mostra tutti i limiti di un’economia che, tranne alcuni campioni capaci di affermarsi da soli nei mercati nazionali e soprattutto internazionali, dipende da fattori esterni. Da qui l’incertezza degli imprenditori, con gli investimenti previsti in calo ed i piani per il 2019 orientati alla stazionarietà della spesa. La migliore redditività porta dunque le imprese ad avere maggiore liquidità. E la prudenza delle famiglie umbre (che preferiscono ancora depositare i propri risparmi nei conti correnti piuttosto che tentare investimenti finanziari) fa aumentare la raccolta.
Bassa produttività e scarsa managerialità sono le criticità che la Banca d’Italia evidenzia nel settore produttivo umbro, soprattutto tra le piccole imprese, che non hanno la forza di investire nello sviluppo e per assicurarsi determinate figure professionali. “Occorre offrire a queste imprese servizi in modo aggregato – è l’indicazione del direttore Nicola Barbera – attraverso interventi pubblici, il sostegno delle associazioni di categoria o tramite la costruzione di reti tra le stesse imprese“.
Si riduce, invece, l’espansione del credito. Per la maggiore selettività delle banche, ma anche perché le imprese, appunto, investono meno ed il mercato immobiliare è tornano in stagnazione; meno mutui per le famiglie, dunque, che semmai continuano ad acquistare ricorrendo al prestito al consumo, che continua a crescere a livelli elevati (+9,1%). I prestiti alle aziende di maggiori dimensioni sono aumentati a un ritmo meno intenso rispetto allo scorso anno, quelli alle piccole imprese hanno continuato a diminuire. E soprattutto, vengono erogati a condizioni molto più sfavorevoli (4 punti percentuali in più, in media, negli affidamenti a breve termine, raggiungendo a giugno un tasso medio del 7,9%).
La qualità dei prestiti è ulteriormente migliorata: solo per il 2,9% dei soldi prestati le banche hanno poi difficoltà a rientrare dell’affidamento fatto, con le famiglie che si dimostrano più affidabili ad onorare i loro debiti (1,3% il livello delle sofferenze).
Qualche buona notizia arriva dal mercato del lavoro. L’occupazione nella prima metà dell’anno è rimasta stabile, confermando un andamento peggiore rispetto al resto del Paese. ma sono tornate ad aumentare le assunzioni a tempo indeterminato (1.545 quelle nette nel primo semestre dell’anno, su un totale di 10.437 contratti di assunzione al netto di cessazioni e stabilizzazioni). Non vede invece entusiasmare il fatto che il tasso di disoccupazione sia sceso al 9,9% (11,1 in Italia): il dato risente del minor numero di umbri in cerca di lavoro.