Dalla coltivazione al “boccale”: la filiera del luppolo “made in Italy” per una birra di “bandiera” a km 0. In Altotevere ed in tutta la regione, entro breve tempo, potrebbe prendere il via un innovativo progetto, il primo a livello nazionale, che punta sulla coltura del luppolo a 360 gradi attraverso sinergie istituzionali (Ministero politiche agricole, Regione Umbria, enti locali, Università, Cnr, Parco Tecnologico 3A) e di privati, Aboca spa (azienda leader a livello mondiale nella produzione di piante medicinali), Agricooper (una delle più importanti cooperative agricole della regione), Penna tartufi, associazioni di categoria, ricerca e innovazione tecnologica nel comparto agro-alimentare, fino al settore delle macchine e utensili per l’agricoltura.
Le ragioni di questa sfida di innovazione nascono dalla significativa crescita del settore di produzione della birra, trainato dal movimento entusiasmante dei birrifici artigianali. Di tutte le materie prime che compongono il prodotto finito una sola è, ad oggi, di totale provenienza straniera, il luppolo, con oltre 3100 tonnellate di prodotto trasformato importato per lo più dalla Germania. Le caratteristiche pedoclimatiche di produzione del luppolo lo collocano tra il 35° e il 55° parallelo, l’Italia è quindi una terra di elezione per la sua produzione. Ma per ragioni storiche e di chiusura del mercato, fino ad oggi è assente una gamma di luppoli di origine italiana
Nei prossimi mesi saranno disponibili i primi 200 ettari di produzione sperimentale da distribuire tra le Regioni italiane: le realtà territoriali più concretamente organizzate potranno richiedere una quota significativa di questa superficie
Il progetto prevede di sperimentare la produzione del Luppolo convenzionale, biologico e indoor e si candiderà ad essere selezionato nel percorso della Misura 16 del PSR della Regione Umbria che sostiene la cooperazione per innovare l’agricoltura umbra. “Un progetto importante che fa dell’Altotevere e dell’Umbria – ha precisato il vicesindaco Bettarelli – un laboratorio nazionale per la ricerca e sperimentazione di una nuova coltura che prevede tra l’altro il coinvolgimento delle scuole, come l’Istituto Agrario Patrizi di Città di Castello”.
Sulla base di un’analisi comparativa puntuale delle tecniche colturali e della complessiva operatività delle aziende del territorio con le filiere estere di produzione del Luppolo è emersa una fisionomia molto simile della di questa coltivazione con quella del tabacco. “Appare possibile e molto vantaggioso in termini competitivi affiancare ed integrare le due colture – hanno concluso Stefano Fancelli e Luca Stalteri – il luppolo ha una potenzialità di alta resa economica ad ettaro e di politiche di sostegno che sono pari o superiori a quelle del Tabacco, mentre una progettazione innovativa della filiera di produzione del Luppolo potrebbe assicurare una riduzione dei costi utile a garantire un’alta redditività alle aziende e una decisiva competitività del prodotto sul mercato globale”.