Umbria Jazz riempirà, si spera, di nuovo le piazze, le vie, i palchi di Perugia il prossimo luglio (dall’11 al 20, queste le date per la quarantunesima edizione): le riempirà se non altro perchè la manifestazione resta un punto di riferimento per il mondo della musica e dei festival musicali, un Brand solido. Un messaggio ribadito con forza anche dagli organizzatori, che oggi, insieme alle istituzioni (in prima fila Boccali, Marini, Bracco e Porzi), hanno presentato ufficialmente il programma in una conferenza stampa, tenutasi nel salone della Fondazione Cassa di Risparmio. E’ vero che dal 1973 molto è cambiato: lo si nota da quelle stesse piazze e vie meno “occupate” da fan e giovani amanti della musica. Nelle parole di Renzo Arbore, in un filmato inedito della Regione presentato stamani, si sente: “arrivammo da Roma a Perugia, sapendo che si faceva del jazz ma senza fidarci troppo. Poi ci accorgemmo che c’erano addirittura i neri”.
Il programma – Un cartellone ugualmente ricco, per quanto ripetitivo nello schema rispetto alle passate edizioni, che accoglie due leggende della scena jazz come Herbie Hancock e Wayne Shorter, del funk come Dr. John, le grandi voci di Al Jarreau, Mario Biondi, Natalie Cole, Fiorella Mannoia, ed i grandi jazzisti italiani come Stefano Bollani, Paolo Fresu, Danilo Rea. E poi i funambolici pianisti del calibro di Michel Camilo e Hiromi. Allo stesso tempo strizza l’occhio a nuove sperimentazioni musicali. E ancora il concerto in esclusiva italiana dei Roots, gruppo icona della musica rap e hip hop, di cui tanto si è già parlato ed anche straparlato. Giornata conclusiva dedicata al jazz italiano con il convegno che analizzerà la situazione del jazz nazionale e che precederà lo speciale tributo ad un musicista indimenticabile come Armando Trovajoli, ad un anno dalla sua scomparsa. Nell’occasione l’orchestra di Dino e Franco Piana sarà protagonista insieme ad alcuni specialissimi ospiti come Enrico Rava, Roberto Gatto, Enrico Pieranunzi e Danilo Rea per un’ideale festa del Jazz italiano, questo si un appuntamento indovinato. “Un Festival che conferma il trend intrapreso da alcuni anni – affermano gli organizzatori – musica a trecentosessanta gradi per tutti ma con un’anima legata indissolubilmente al jazz e alla storia di questa musica straordinaria. Location principale rimane l’Arena Santa Giuliana, dove avranno spazio i grandi nomi e che in occasione dei campionati mondiali di calcio darà la possibilità al pubblico di assistere alle finali del 12 e 13 luglio”, perchè pare non se ne possa fare proprio a meno.
Il Techno-logical dance music Festival e la fifa: così si chiama la vera novità (?) dell’anno, che si terrà nella giornata del 12 luglio. Una serata dedicata alla musica dance dopo due anni di successo in Piazza IV Novembre, che concede l’intero main stage, dalle 16 alle 4 del mattino, a “dodici ore di musica da ballo moderna”, almeno nelle parole dell’ideatore Dj Ralf. Che siano “bussi”, techno, dance o sperimentazioni musicali, con influenze jazz e soul afro-americane, passando per ossessive atmosfere tribali, ci sfugge il senso di destinare alla faccenda l’intero Main Stage, luogo d’elezione per i grandi artisti internazionali del jazz. A meno che non abbia prevalso la “fifa”, intesa proprio come paura e non come federazione internazionale del calcio, visto che il 12 si gioca appunto una delle finali del Campionato del Mondo. Considerato il magro andazzo dei botteghini degli eventi culturali in genere, ogni pericolo va debitamente scansato e così meglio inzeppare di festaioli e festanti giovanotti il praticabile del Santa Giuliana.
Così fuori dai pentagrammi, ecco arrivare per UJ14 artisti del calibro di Azimute, DeWalta+Shannon, Juan Atkins, Octave One, Ellen Allien, Giovanni Guidi, Gianluca Petrella e Leonardo Ramadori. Esclusi gli ultimi 3, jazzisti di spessore, siamo di fronte ad una musica che stride con quanto detto dallo stesso direttore Pagnotta: “non abbiamo Stevie Wonder, ma abbiamo il jazz”. Sulla forma di questo jazz si può discutere, ma non in conferenza stampa, dato che non è stato lasciato spazio alle domande dei giornalisti, sostituite da un lauto buffet per i partecipanti. Tartine in bocca e in fila ad ascoltare. Per i tappi alle orecchie c’è tempo anche perchè prima forse arriveranno le bende agli occhi.
Location – Il Teatro Morlacchi e la Sala Podiani della Galleria Nazionale dell’Umbria, che torna dopo alcuni anni a essere prestigiosa location del Festival, saranno i luoghi di riferimento per il jazz più classico e d’autore italiano e internazionale dove si intrecceranno le note di musicisti affermati con quelle di stelle emergenti e giovani dal futuro più che promettente. Dopo il successo della scorsa edizione tornano i concerti dedicati alla sperimentazione e alla ricerca a Palazzo della Penna, in collaborazione con Young Jazz. Torna l’abbinamento tra musica e cibo negli stessi locali di sempre che ospiteranno gli aperitivi, i pranzi e le cene. E ci saranno infine gli spazi all’aperto, gratuiti: Piazza IV Novembre e i giardini Carducci. “È l’Umbria Jazz che rappresenta la continuità con il passato” – dicono gli organizzatori – “un omaggio doveroso a una formula che ha creato il caso Umbria Jazz nel mondo dello spettacolo e nel costume”. Da non dimenticare infine l’ormai tradizionale Street Parade dei Funk Off che riporta tra le vie del centro la storia e le radici del jazz.
Il docufilm – L’altra novità saranno le puntate che appariranno su Rai5, una ventina in tutto, che ritrarranno la manifestazione nella sua interezza, con interviste e riprese delle vecchie edizioni. Per la Presidente Marini, “la qualità della manifestazione è stata mantenuta nel tempo”. Per Boccali invece, si è “in un periodo in cui esiste una complessità dal punto di vista economico. Eppure Mingus suonò su un palco di tubi innocenti…”. Oggi di quei palchi, probabilmente, resta davvero solo qualche tubo in magazzino.
Le domande che volevamo fare – Visto che la tartina traditrice ha tappato le ugole dei giornalisti, per la gioia degli organizzatori che se la potevano anche vedere brutta, ecco qui per i nostri lettori le 2 o 3 domande che avremmo voluto rivolgere al Patron Pagnotta o a Renzo Arbore:
Ha mai avuto l’impressione in queste ultime edizioni, specialmente dopo UJ12 e UJ13, che la formula del jazz mescolato ai super-eventi Pop stesse per arrivare alla fine mettendo in grave crisi tutta la manifestazione? E come interpreta il mancato arrivo di Stevie Wonder? Paura del Mondiale di Calcio, o platea “non sufficiente” ?
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Ha collaborato Carlo Vantaggioli