“Mi ha messo una mano sulla testa, spingendomi ad un rapporto orale. Poi ha detto che voleva di più. Mi ha girato, e mi ha penetrato senza indossare un preservativo. L’altro è rimasto in macchina e ha spento i fari. Quando ha finito se ne sono andati. Io ho iniziato a camminare, ho telefonato a degli amici. Mi sono diretta verso la questura poi mi hanno raggiunto in macchina e mi hanno accompagnato”. E’ questa la dichiarazione choc con cui una giovane prostituta dell’Est Europa aveva denunciato, con dovizia di particolari, nella notte tra il 12 e il 13 marzo del 2013, due carabinieri della compagnia di Perugia. Ieri il Gip Giangamboni ha deciso che venga rinviata a giudizio.
Perugia, stuprata a 21 anni “Erano 2 carabinieri, uno mi ha violentata, l’altro è rimasto in auto”
La donna che all’epoca dei fatti aveva appena 21 anni, ora è stata rinviata a giudizio con l’accusa di calunnia. C’era voluto qualche mese da quella che oggi secondo il pm Massimo Casucci non è altro che un’infamia rivolta a due pubblici ufficiali, per dimostrare attraverso gli esami scientifici che i due militari con quella brutta storia non c’entravano proprio niente. E archiviata l’accusa, pesante come un macigno, si è innescato il procedimento nei confronti della donna. I due carabinieri, che dagli albori della vicenda sono stati assistiti dall’avvocato Alessandro Vesi si sono ora costituiti parte civile.
Le analisi genetiche. La donna la notte stessa era stata accompagnata in ospedale ed era stata sottoposta al protocollo clinico previsto per i casi di violenza sessuale: analisi del sangue, tamponi vaginali e sequestro degli indumenti intimi. Dentro gli slip la giovane indossava un assorbente intimo, che si pensava potesse trattenuto tracce dello sperma del presunto stupratore. Le analisi del Dna poi confrontato con quello dei militari ha raccontato una verità del tutto diversa da quella della prostituta.
“Mi stavo prostituendo lungo la strada Trasimeno Ovest quando una macchina dei carabinieri ha rallentato e mi ha guardato, poi ha proseguito. Nel frattempo si è fermato un cliente e mi sono appartata con lui nel posto dove vado sempre. Quando è terminato il rapporto con il cliente è arrivata la macchina dei carabinieri. Uno è sceso, l’altro è rimasto in macchina. Ha chiesto i documenti sia a me che all’uomo che era con me. Poi ha mandato via il cliente.” Così era iniziato il racconto, ora dimostratosi falso, della presunta violenza: “Ha iniziato a toccarmi, nelle parti intime, io gli ho detto di non farlo, ma lui mi ha detto che mi avrebbe portato in caserma”.
Una bugia che adesso le è valsa il passaggio al banco degli imputati.