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Posterna, sentenza choc Cassazione | Ora comincia dramma, ipotesi salvataggio

Carlo Ceraso e Sara Fratepietro

La Cassazione ha dichiarato inammissibile l’ultimo ricorso sul “Mostro delle Mura”, il complesso di due palazzi della Posterna al centro da anni di polemiche e vicende giudiziarie, confermando la sentenza della Corte di appello di Firenze che condannava 6 persone (pena prescritta) e ordinava la demolizione del complesso edilizio. La decisione choc degli ermellini è arrivata ieri sera e si conferma appunto clamorosa per le possibili conseguenze.

Ricorso inammissibile – La Corte di appello di Firenze, a luglio 2014, aveva rivoluzionato la sentenza di secondo grado emessa dai colleghi di Perugia, non solo confermando la condanna di primo grado degli imputati, ma addirittura stabilendo la demolizione di tutto il complesso edilizio e non più soltanto delle volumetrie considerate eccedenti. Ai sei imputati (appaltatori, tecnici e funzionari comunali) che erano stati condannati in primo grado per abuso edilizio e deturpamento delle bellezze naturali, la Corte d’appello fiorentina aveva confermato la pena di quattro mesi (comunque sospesa, resta una ammenda passata da 25mila a 22mila euro) per abuso edilizio, assolvendoli per il reato di deturpamento. La decisione dell’appello bis era stata impugnata davanti alla Cassazione, che però ieri non è entrata nel merito, dichiarando il ricorso inammissibile. In questo caso non è stata nemmeno affrontata la questione dell’intervenuta prescrizione dei reati (che comunque non avrebbe riguardato l’ordinanza di demolizione). Il “Mostro delle mura”, quindi, va abbattuto, anche se gli stessi giudici fiorentini avevano lasciato qualche spiraglio per lo meno su una parte di esso.

Le possibili soluzioni – Dal Comune si attende il deposito della sentenza per leggerla in tutta la sua portata. Il sindaco Fabrizio Cardarelli per il momento non parla e rimanda ad un secondo momento un comunicato ufficiale, in attesa di valutare le carte. Ma amministratori comunali, tecnici e legali starebbero già valutando un paio di soluzioni, comunque tutte da approfondire. Ovvero  in primis la possibilità di pagare una multa per svariate decine di migliaia di euro che consentirebbe alla società costruttrice di sanare almeno parte della struttura (ipotesi che sarebbe contemplata nella sentenza della Corte d’appello di Firenze). Unica alternativa al momento è che il Comune potrebbe, ironia della sorte, acquisire l’immobile a patrimonio per soli fini di natura sociale. Eventualità quest’ultima che salverebbe la struttura ma non tutelerebbe le decine di famiglie che hanno investito i propri risparmi per acquistare una abitazione e che vivono nei palazzi ormai da qualche anno. Inoltre ogni eventuale soluzione dovrà anche tener conto di evitare ripercussioni sul parcheggio della Posterna, inserito nel Piano di Mobilità alternativa.

Ricorso alla Corte di giustizia europea – Intanto alcuni degli attori finiti al centro della vicenda (condannati solo per abuso edilizio, reato che si estingue con il pagamento di una sanzione amministrativa) stanno valutando la presentazione di un ricorso alla Corte di giustizia europea. Cosa che però, va detto, non interrompe comunque i termini per l’eventuale abbattimento. Sulla carta, parlando in teoria, potrebbe anche accadere che il “Mostro” venga demolito e successivamente scoprire dalla Corte di giustizia europea la sua “legittimità”.

Il dramma sociale – È molto probabile che adesso si innescherà – neanche a dirlo per la gioia degli avvocati del foro – tutta una serie di cause di natura civile tra quanti hanno acquistato gli immobili (e sono decine), il costruttore che aveva ottenuto il permesso di costruire (anche se finito lui stesso condannato per abuso edilizio) e forse lo stesso Comune qualora tirato in ballo.

La vicenda – Come si ricorderà, tutto era partito dall’approvazione del consiglio comunale nel 1998 (Giunta Laureti) del piano particolareggiato che prevedeva la realizzazione dell’immobile. Seguirono varie autorizzazioni (fino al permesso di costruire del 2006 – Giunta Brunini bis) concesse dal Comune di Spoleto e sempre avallate dagli organi tecnici di Provincia, Regione e Soprintendenza, rimasti estranei alla vicenda giudiziaria. Autorizzazioni che, secondo un calcolo fatto da alcuni legali, avrebbero visto il placet in totale di quasi una ottantina di figure tecnico-amministrative. L’edificio però fu contestato sin da subito da parte dell’opinione pubblica, sorretta dai movimenti ambientalisti, mentre la magistratura apri un’inchiesta poco dopo l’avvio dei lavori, con il sequestro iniziale del cantiere. Il processo penale di primo grado davanti al tribunale di Spoleto aveva visto la condanna di 6 degli imputati, con l’assoluzione dei 4 subappaltatori (qui le motivazioni della sentenza di primo grado). Una vicenda giudiziaria che fu ribaltata in secondo grado, davanti alla Corte d’appello di Perugia, con l’assoluzione degli imputati, sancendo la legittimità dell’opera. La Procura generale di Perugia presentò ricorso in Cassazione che di fatto accolse le ‘rimostranze’ dei togati del capoluogo umbro rinviando gli atti alla Corte di appello di Firenze (la prima pronuncia della Cassazione). Clamoroso l’esito, un anno e mezzo fa, del processo di appello bis, che non solo aveva riconobbe valido il primo grado, ma annullò il permesso di costruire, stabilendo, di fatto, la demolizione di tutto il complesso edilizio e non di una sola parte come aveva invece ordinato il Tribunale di Spoleto. A mettere la parola fine alla vicenda giudiziaria è stata la lettura della sentenza di ieri emessa dagli ermellini del Palazzaccio. Ora comincia il vero dramma per decine di famiglie.