Nell’attuale scenario industriale occidentale, caratterizzato da una crescente complessità e globalizzazione, le competenze e l’atteggiamento delle persone sono cruciali per competere. Le imprese devono adattarsi rapidamente alle nuove tecnologie e alle mutevoli esigenze del mercato, richiedendo individui con competenze specializzate, capacità di apprendimento continuo e una mentalità orientata al cambiamento e alla collaborazione.
Negli ultimi 30 anni, nel settore manifatturiero, si è diffusa l’immagine iconica dell’operaio giapponese della Toyota: abile, creativo e proattivo nel cambiamento. Questo modello, emerso dal sistema di produzione Toyota, ha influenzato la cultura industriale globale, evidenziando l’importanza dell’abilità manuale abbinata alla innovazione continua. Ma qui in Italia, possiamo ottenere tali risultati?
Nella vasta e ricca bibliografia dedicata al Sistema Toyota, una particolare luce non è stata ancora gettata sulla selezione e la qualità delle persone che vi lavorano, se confrontate con coloro che operano in altre realtà aziendali. Toyota, indubbiamente, eccelle nel reclutare individui di valore dotati di una solida etica lavorativa, perfettamente in sintonia con il Toyota Way, il modo di operare caratteristico dell’azienda. Tuttavia, in termini puramente professionali, alcuni manager provenienti da altre prestigiose case automobilistiche occidentali e che successivamente sono passati in Toyota, hanno notato che le aspettative in fase di selezione del personale erano spesso più elevate presso le loro precedenti aziende.
Il successo straordinario di Toyota risiede nella capacità di ottenere prestazioni eccezionali da individui comuni. Questo mantra, che ho appreso personalmente dagli insegnamenti giapponesi, è stato confermato in pratica anche nelle realtà aziendali italiane dove i principi lean hanno trovato terreno fertile. In tali contesti, è emerso che il metodo stesso ha prevalso, e non il talento estemporaneo di risorse specifiche, dando spazio a eccellenze insperate persino tra coloro che non sembravano destinati a brillare.
Va sottolineato chiaramente: si parla qui di individui precedentemente considerati mediocri, ostili o irrecuperabili.
A dimostrazione dell’attenzione costante verso la crescita e lo sviluppo dei propri dipendenti, Toyota è nota per la pratica di far ruotare periodicamente i suoi dirigenti, assegnando loro incarichi nella gestione dei centri di formazione del personale. E quindi investendo sistematicamente il tempo dei suoi manager in attività che altrove potrebbero apparire secondarie.
La crescita e responsabilizzazione delle persone è simboleggiata dalla oramai leggendaria delega che tutti gli operatori sulla catena di montaggio hanno di interrompere la produzione se individuano un problema di qualità, utilizzando una fune giallo/nera visibile lungo tutta la linea. Questa pratica, che sicuramente provoca perdite economiche sul breve termine (ma non se vista in un’ottica generale del Sistema Toyota) è considerata quanto meno stravagante dalla mentalità tradizionale, ed è pressoché impossibile nella maggior parte delle nostre fabbriche.
Le aziende occidentali possono emulare questo approccio? Sono certo di sì, ma occorre fare della formazione una vera priorità. I metodi per lo sviluppo delle persone sono relativamente noti, ma ciò che è raro è l’impegno costante e sincero del top management.
Così come avviene nello sport professionistico, le aziende dovrebbero spingere per lo sviluppo di talenti eccezionali, e quindi spetta a loro attribuire allo sviluppo delle persone la massima priorità.
Cosa, mi sembra, abbastanza rara.
Antonio Di Tommaso
Consulente, Direttore Generale,
CEO per trasformazione lean,
riposizionamento, e riorganizzazione aziendale
infoumbria@theleanpremium.it